Da viale alberato ad autorimessa, fino al progetto di recupero del ’99. I giardini di viale Carlo Felice sono un percorso di grande impatto non solo per i pellegrini
(Numero 6 – Bimestre mar-apr 2016 – Pagina 3)
I giardini di viale Carlo Felice, nell’assetto attuale, sono il risultato del progetto di recupero e trasformazione dell’area compresa tra piazza di Porta San Giovanni, viale Carlo Felice, piazza Santa Croce in Gerusalemme e il tratto delle Mura Aureliane tra l’Anfiteatro Castrense e Porta San Giovanni, realizzato nel 1999 in occasione dei lavori per il Giubileo del 2000.
Nell’ambito dei percorsi devozionali per acquisire il diritto all’indulgenza, i giardini realizzano la connessione tra la basilica di San Giovanni in Laterano e la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la prima appartenente alle quattro Basiliche Papali Maggiori, chiese Giubilari, primo e più importante nucleo del grande evento religioso creato nel 1300 da papa Bonifacio VIII, e la seconda alle sette chiese che completano il giro devozionale secondo la regola di San Filippo Neri.
Un percorso di grande impatto. I giardini stabiliscono, in tutte le fasi, una condizione percettiva di grande impatto emotivo: il percorso è rettilineo ma i due fondali si propongono diversamente. La basilica di San Giovanni, perpendicolare al giardino, fronteggia con maestosità e solennità lo sguardo idealizzando così ogni pensiero di devozione e di fede. La basilica di Santa Croce, con la posizione ruotata rispetto alla linea di percorrenza, con le sue linee barocche curve e movimentate che creano i tipici effetti di chiaroscuro e con il campanile che riporta una nota di austerità, realizza un pattern potente di dinamismo sospensivo, rendendo inquiete le attese di fede.
Quanto alle quinte laterali, le Mura Aureliane, uno dei più imponenti tratti dell’intera fortificazione, costituite da due gallerie ad arcate sovrapposte, su una quota inferiore a quella del giardino, si ergono leggere e altissime. Dall’altro lato, il flusso di innumerevoli e svariati mezzi di spostamento, automobili, tram, pullman, ciclomotori, sul viale Carlo Felice, riporta alla realtà urbana.
Una storia travagliata. La storia del giardino è antica e movimentata. La prima importante sistemazione fu quella del XVIII secolo sotto il pontificato di Benedetto XIV, con una piantumazione di 254 gelsi e 86 olmi, affidati per la manutenzione ai monaci cistercensi di Santa Croce. Abbattuti nel 1849, forse per fare le barricate durante i moti, il disegno del viale fu più volte modificato, con concezioni però sempre piuttosto semplici, fino a quando, nel 1912, venne edificato a ridosso delle Mura, dal Servizio Impianti del Comune di Roma, un deposito, prima tranviario, poi per autobus e infine adibito a rimessa di servizio, che deturpò per moltissimo tempo l’area.
Anche la sistemazione di Raffaele De Vico, il grande progettista di parchi e giardini del Comune di Roma, nel 1926, riuscì solo in parte a mitigare l’impatto dei capannoni: quattro grandi aiuole a prato, bordate da siepi di bosso e allietate da numerosi cespugli, in vaso e in terra, di melograni e di spirea, attorno al piazzale circondato da un filare di cipressi; più avanti il colossale gruppo statuario di San Francesco costruito nel 1925.
L’assetto attuale. La maggiore estensione è data da percorsi longitudinali e pianeggianti cui si alternano o si affiancano aree a quote differenti, soprattutto verso le Mura. Il percorso centrale è fiancheggiato da un doppio filare di lecci e pavimentato con lastre di basalto ed ha verso sud, prima del cambiamento di quota delle Mura, una fascia continua a prato su quasi tutta la lunghezza con i giochi dei bambini e aree di sosta con panchine e fontane e ulteriori lecci. Il salto di quota è superato con scarpate e scale, una delle quali doveva contenere un gioco d’acqua, proprio di fronte al varco chiuso da un cancello che conduce al viale Castrense. Dalla parte opposta c’è il marciapiede con un filare di platani che separa dalla vasta area carrabile del viale Carlo Felice, a sua volta fiancheggiato da altre coppie di alberi. I due spazi terminali del giardino si configurano come aree di invito: una più grande riprende il piazzale del progetto di De Vico con i grandi cipressi integrati da alcuni esemplari più piccoli, con le panchine lungo il perimetro e con i piani prospettici in successione: la statua di San Francesco, la grandissima piazza con il sagrato e la basilica, non trascurando la linea delle Mura che guida quasi lo sguardo. L’area più piccola, all’estremità est, che costeggia anche la zona recintata riservata ai cani, ha anch’essa dei cipressi, più piccoli, e guarda la vasta area di diversa concezione prospettica della piazza di Santa Croce in Gerusalemme.
La manutenzione scarseggia. Purtroppo il giardino non riceve una manutenzione e un controllo adeguati. La pulizia è insufficiente rispetto alla frequentazione, la cura delle piante è discontinua per cui il manto erboso è quasi scomparso e alcuni alberi (sia lecci sia cipressi) non hanno attecchito senza peraltro essere sostituiti. I cani vengono spesso lasciati liberi fuori della loro area. Il chiosco bar, punto di ristoro e di sosta nella parte centrale del percorso, con le sedie accatastate e una certa area di abbandono, potrebbe essere molto più invitante. E infine, da poco sono state collocate lungo il marciapiede delle bancarelle con mercanzie di incomprensibile utilità ma soprattutto oltremodo deturpanti. E tutto questo durante il Giubileo della Misericordia, che ne dovrebbe essere ancora il titolo generativo.
Rachele Nunziata