Commercio abusivo, strade, rifiuti. Solo alcune delle criticità che attendono la nuova amministrazione
(Numero 7 – Bimestre mag-giu 2016 – Pagina 1,5)
Paradossale. Solo così si può definire la condizione in cui versa l’Esquilino da anni. Pur essendo parte della città storica, gioiello urbanistico, ricco di monumenti di ogni epoca, biglietto da visita per il turista che scende alla stazione Termini, l’Esquilino è perennemente dimenticato dalle amministrazioni comunali. Anzi, è stato violato nel tempo, sfregiato da provvedimenti senza senso o interventi fasulli. Anche la Curia, con il Giubileo della Misericordia, l’ha risparmiato. I percorsi dei pellegrini non l’attraversano nonostante due basiliche papali. Eppure dietro a tanta irrazionalità, una ragione, almeno politica, c’è: di elettori l’Esquilino ne conta pochi. Gli stranieri residenti non votano e come tali possono anche vivere arrangiandosi. Ma oltre ad aver buttato alle ortiche il senso del decoro e del rispetto di tutti i cittadini, la politica di ogni colore ha dimostrato di essere miope: i figli di coloro che oggi non votano, un giorno lo faranno e non è detto che non abbiano buona memoria.
Una lista parziale. Sul piano delle criticità da cui ripartire con un nuovo corso non mancano gli spunti. Chi sarà sindaco dovrà decidere quali sono le priorità, sempre che interessi affrontarle. Il piano di rivalutazione di piazza Vittorio, ad esempio, grida vendetta. Annunciato dal centrodestra, con il centrosinistra era stato avviato e portato a termine un percorso di partecipazione con gli abitanti, intervallato da riunioni pubbliche e valutazioni. Venuto fuori il progetto, i soldi inizialmente promessi per realizzarlo sono stati distratti, come si dice in questo caso, in sede di assestamento di bilancio e i lavori semplicemente rimandati. Non si tratta di puntigli. Significa restituire dignità al cuore del rione. Ripulire le strade limitrofe, sarebbe un’operazione di decoro per l’intera città, oltre che per i cittadini che ogni mattina si affacciano su nidiate di topi. Intraprendere il piano di pulizia per la futura amministrazione può sembrare un’opera immane ma parte da azioni semplici senza spendere milioni. La soluzione è rappresentata dall’installazione di vespasiani pubblici, diffusi nelle aree più popolate, come il mercato.
Zona franca dell’abusivismo. Non c’è bancarella o negozio che rispetti le regole dell’occupazione del suolo pubblico. Come se l’abusivismo commerciale fosse la regola e non l’eccezione. Si dirà: “Non solo all’Esquilino!”, Roma è un porto franco per l’abusivismo. Glielo permettono il caos normativo, gli scarsi controlli e le competenze divise fra forze dell’ordine. La nuova amministrazione dimostrerebbe serietà se eliminasse la regola della rotazione, secondo cui un ambulante deve cambiare zona ogni tot giorni. Rimanere fissi invece significherebbe permettere controlli costanti sul rispetto dei parametri. Altra decisione da prendere sarebbe sbarrare la strada all’occupazione pubblica frenando le nuove licenze e ritirando quelle a chi sgarra. Ma ancor di più si dovrebbe spingere i negozianti di una stessa via a collaborare per il rispetto delle regole e la cura dell’arredo urbano. In alcune città addirittura fanno a gara fra “fazioni” a chi abbellisce di più la propria via o piazza. Possibile non ricreare la stessa sana competizione nella Capitale?
Arti e mestieri. C’è un patrimonio nel rione che rischia di essere perduto. Sono le botteghe storiche che ancora resistono. Tutelarle attraverso agevolazioni sulle diverse tasse comunali è sempre stata la promessa delle diverse amministrazioni. Sarebbe ora di mettere in pratica i buoni propositi. Chiunque poi si sarà reso conto che molti locali sono sfitti. Idea che era balenata all’ultima amministrazione era quella di incentivare l’apertura di botteghe artigiane attraverso bandi destinati ai giovani. Basterebbe la volontà.
Ascolto, progetto, eseguo. La storia dei processi partecipati è costellata da riunioni fiume e bellissimi progetti rimasti sulla carta. Qualche volta però gli sforzi si concretizzano. Un caso recente è il giardino di Colle Oppio, riqualificato pochi mesi fa. Gli abitanti di piazza Dante a quel punto aspettavano il proprio turno promesso a gennaio, ma sono rimasti a bocca asciutta.
In comune. Non fa rumore, non occupa le prime pagine e non solleva l’indignazione del grande pubblico. Eppure la perdita dell’uso degli spazi di aggregazione arreca danni al tessuto sociale. La chiusura delle sedi che ospitavano associazioni impegnate in tante attività, come quella de “Il Cielo sopra Esquilino”, ne è la prova. Forse il comune affitterà i locali a prezzo di mercato, riuscendo a guadagnare qualche migliaio di euro in più l’anno. Oppure non li affitterà, dimenticandoseli, così come già fatto in passato. Di sicuro mancherà un luogo dove imparare l’italiano, ballare il tango, conoscere gli altri e le loro idee. Ecco, questa sarebbe una vera sconfitta. Di tutti, perché l’incentivo alle relazioni sociali è il fondamento della civiltà. Non solo belle parole in campagna elettorale a chi combatte come un soldato da anni per salvare il rione.
M. Elisabetta Gramolini