Lo spirito dell’Esquilino lo si può trovare anche in un forno. Addentando una pizzetta al pomodoro
(Numero 7 – Bimestre mag-giu 2016 – Pagina 15)
Pensavo di ripartire per l’estero ma la mia permanenza nel territorio nostrano si protrae più del previsto. Ne approfitto per girovagare per il rione, alla scoperta di angoli che accidentalmente potrebbero essermi sfuggiti. Non ho una meta questa volta. Immagino di essere un cittadino straniero arrivato da lontano fino a Roma per conoscerne le meraviglie. Certo salta all’occhio la condizione disagiata in cui il territorio è sprofondato: la desolazione di molte vie sembra gridare la rabbia di un vuoto istituzionale esagerato, mentre la bellezza del rione sembra cedere al caos che se ne sta impossessando. Caos che ha frammentato l’identità del territorio. L’Esquilino è un’isola solitaria dalle tinte piu disparate le cui sfumature irregolari rendono l’opera compiuta controversa e disordinata: un’esplosione su tela.
Continuo a passeggiare cercando nei miei ricordi un’immagine di tanti anni fa da sovrapporre ai miei pensieri. Ma niente. Non funziona. Il passeggiare assorto mi porta alla soglia del forno Roscioli: il profumo di pane appena sfornato mi attira all’interno rubando spazio ad ogni attività celebrale. “Bello come stai? – mi dice qualcuno da dentro – Vieni che ti faccio assaggiare una squisitezza!”. Basta mettere un piede nel negozio che ad accogliermi gioiosa è un’anziana signora dietro al bancone. Mi porge una pizzetta rossa calda. E’ buonissima. In ogni attività penso ci sia un prodotto di punta e, per quanto mi riguarda, da Roscioli sono le pizzette piccole, tonde, calde e croccanti. Dopo il primo assaggio perdo il filo dei miei pensieri e butto l’attenzione al di la del bancone nelle mani della signora simpaticissima. “Che ti faccio bello?” mi chiede certa che la pizzetta appena assaggiata abbia aperto una voragine nel mio stomaco. I gusti sono vari, pomodoro, zucchine, aglio, peperoni e cipolla. Ha ragione penso, sento inaspettatamente una fame ancestrale! “Prendo un sacchetto misto”, rispondo alla fine all’invito.
Non so mai cosa scegliere, ma poi mangio in pochi secondi tutte le pizzette cipolla e peperoni. Imbattibili! Osservo alle spalle della signora un ragazzo uscire dal laboratorio con della pizza bianca appena sfornata. La getta con fare sicuro nell’espositore dietro al bancone unendola ad un vero e proprio muro di pane: pane di Lariano, pane alle olive, i cazzotti (sì, i cazzotti sono un tipo di pane), poi c’è quello integrale o con farine particolari. Un mondo di pane. Alla destra c’è della sottile pizza al taglio. Se tanto mi dà tanto immagino sia squisita. Ma la mia attenzione è sulle pizzette. Non riesco a concentrarmi su altro.
Ecco, penso, in quelle pizzette vive parte dello spirito primordiale dell’Esquilino. Esso al contempo si manifesta nel panino ‘da 1000 Euro’ di Vincenzo, nella nostra panna al Palazzo del Freddo, nella tortina alle fragoline di bosco di Regoli, nel caffè di Ciamei o nella parmigiana della Vecchia Roma. Lo spirito è frammentato, arricchito ed evoluto persino dall’attività cinese di Sonia, dai miei amici del fast food indiano o dal ristorante coreano Bi Won. Tuttavia se questa pizzetta al pomodoro che addento tra i miei pensieri fosse senza farina perderebbe la sua identità. Ecco, all’Esquilino è mancato e manca un’ingrediente che avrebbe legato realtà lontanissime giunte fin qui allo spirito ancestrale che gli appartiene da sempre, quel collante sociale che avrebbe garantito un’identità unica: un’istituzione forte, presente e capace. Pago le pizzette con aria un pò disillusa tuttavia mi torna il sorriso grazie al peperone dolcissimo che, come direbbero i più, ‘si scioglie in bocca’. Quest’isola che si pensa non ci sia c’è, eccome! Ed è viva più che mai. È necessario trovare a tutti i costi l’ingrediente mancante se non vogliamo perderla del tutto.
Andrea Fassi