Progettato dal Lambardi e affrescato dai pittori romantici tedeschi, il Casino nobile è sopravvissuto alle lottizzazioni di fine Ottocento
(Numero 8 – Bimestre lug-ago 2016 – Pagina 8)
Posto in via Matteo Boiardo, di proprietà dei Francescani di Terra Santa, il Casino nobile è quel che resta di Villa Giustiniani-Massimo. Originariamente del marchese Vincenzo Giustiniani (1564-1637), fratello del cardinale Benedetto, fu acquistato nel 1803 dalla famiglia Massimo che lo tiene sino al 1873 quando passa in eredità a Filippo Massimo, diventato nel frattempo principe Lancellotti. Progettato nel 1618 dall’architetto Carlo Lambardi (1554-1620), come residenza suburbana del marchese Giustiniani, è un palazzo di due piani, semplice e lineare nella sua concezione che si caratterizza però per un raffinato equilibrio delle proporzioni. Fu decorato successivamente dal principe Andrea Giustiniani con fregi marmorei, fronti di sarcofagi romani, bassorilievi inquadrati in decorazioni a stucco, rilievi con scene mitologiche (sulle finestre laterali) e medaglioni incorniciati da corone di fogliame (sulle aperture centrali). Tra gli ornamenti, presenta dei festoni con l’aquila Giustiniani e le colombe dello stemma Pamphilj (il principe Andrea Giustiniani era sposato con Maria Pamphilj, nipote di papa Innocenzo X).
Una villa lussureggiante. La tenuta al Laterano, “di 20 pezze, 2 quarte e 7 ordini compreso caseggiato e giardini”(circa 15.670 mq), era notevole soprattutto per la sistemazione degli spazi esterni, oggi scomparsi, vere e proprie architetture arboree inquadrate da quinte verdi e statue, secondo il gusto antiquario di quegli anni. Era organizzata su tre viali paralleli tra loro, a diverse quote: un primo viale, attraversato la pars rustica, diventava giardino con vialetti che, tra siepi di bosso, inquadravano fondali architettonici e fontane; un secondo viale di accesso dalla via Merulana giungeva al Casino nobile e al giardino retrostante con la colossale statua del Giustiniano; un terzo viale portava alla piazzetta ovale con fontana e giardino impreziosito dalla presenza di un castelletto. L’ingresso principale alla villa, sulla via Merulana, avveniva attraverso un monumentale portale realizzato nel Seicento da Carlo Lambardi. Alla fine dell’Ottocento, a causa della lottizzazione della villa, tale portale è stato “trasportato” al Celio e ricostruito come nuovo accesso alla villa Celimontana.
La produzione rurale. Nell’Ottocento, la pars rustica della villa venne data in affitto a mercanti di campagna che destinavano al mercato ortofrutticolo cittadino l’abbondante produzione. La tenuta era quasi tutta coltivata a vigneto – con viti dalle caratteristiche diverse, viti vigorose, piantate a filoni o tese a cordoni – e a carciofaie; vi erano poi gli orti e i pomari, con moltissimi alberi da frutta (prugni, albicocchi, fichi, melograni, peschi, giuggiole, ciliegi visciole, mandorli, peri e gelsi, di tutte le dimensioni) e piante di agrumi e salici ad albero e a ceppaia. Lungo la via Labicana, tra il muro di recinzione ed il viale interno si trovava un vigoroso canneto “col frutto pendente della canna”. Una perizia dell’aprile 1862 riporta i seguenti dati: viti 5.360, carciofi 4.735, alberi da frutta 615, agrumi 16, salici ad albero e a ceppaia 101.
I Nazareni pittori romantici tedeschi. Al pianoterra del Casino nobile, nelle tre sale prospicienti il giardino, è possibile ammirare ancora oggi le superbe decorazioni pittoriche che i Nazareni, tra il 1817 ed il 1827, dedicarono al medioevo cristiano e cavalleresco italiano secondo il programma pittorico voluto dal marchese Carlo Massimo (1766-1827). La prima sala, dedicata a Dante ed alla Divina Commedia, è affrescata con scene del Paradiso di Philipp Veit (1793-1877) nell’ovale del soffitto, e con scene del Purgatorio e dell’Inferno di Joseph Anton Koch (1768-1829) sulle pareti. Le cornici sono decorate con ghirlande di frutta e di fiori e sono opera di Franz Horny (1798-1824). La seconda sala, dedicata al Tasso, è affrescata sul soffitto e sulle pareti con scene liberamente tratte dalla Gerusalemme Liberata ad opera di Johann Friedrich Overbeck (1789-1869), completate poi da Joseph von Furich (1800-1876). La terza sala, dedicata all’Ariosto, è affrescata con scene ispirate agli episodi più lirici e fantastici dell’Orlando Furiosoad opera di Julius Schnorr van Carolsfeld (1794-1872). I Nazareni, attivi a Roma agli inizi dell’Ottocento, così chiamati per il loro modo di vivere monastico, per i mantelli che usavano indossare e per i lunghi capelli, fanno rivivere un suggestivo mondo poetico che recupera l’arte italiana e lo stile degli artisti quattrocenteschi – da Beato Angelico a Filippo Lippi, da Raffaello al Perugino. Ribellandosi al classicismo accademico, aspiravano ad un’arte rinnovata su basi religiose e patriottiche, che stilisticamente assunse un carattere arcaicizzante grazie ad un uso del colore “crudo, limpido e smaltante”, steso con pennellate piene ed uniformi.
Visita alle stanze dei Nazareni
Via Matteo Boiardo, 16
Visitabile senza prenotazione
Martedì e giovedì 9.00-12.00/16.00-18.00
Domenica 10.00-12.00.
Con prenotazione è visitabile anche in altri giorni della settimana Si consiglia di telefonare prima di effettuare la visita (tel. 06 70495651)
Carmelo G. Severino