L’aiuola di Santa Bibiana e piazza Pepe i primi spazi curati dai “giardinieri” volontari. L’obiettivo è allargare il gruppo e diffondere una cultura del bene comune
(Numero 9 – Bimestre nov-dic 2016 – Pagina 12)
L’idea è venuta sul terrazzo di Nicola e suo fratello Luca. Davanti alle piantine nei vasi, i due hanno pensato: perché non coltivare anche il verde abbandonato sotto casa? Di aiuole inselvatichite l’Esquilino non è certo carente. Così dal 2010 i due fratelli, il cugino Jacopo, e altri “giardinieri” volontari hanno adottato l’area di fronte al tunnel che porta a San Lorenzo e da quest’anno l’aiuola rialzata di piazza Pepe, inizialmente curata insieme all’associazione Respiro Verde.
Come in natura. Il gruppo di volontari, ancora oggi senza un nome, segue i principi della permacoltura, un metodo di coltivazione sostenibile e a basso impatto ambientale che, fra l’altro, prevede l’utilizzo di materiale organico come paglia, corteccia d’albero o erba incolta per ricoprire il terreno. Sono una compagine eterogenea, dagli interessi e dai mestieri più disparati. C’è chi fa il medico in pronto soccorso, come Nicola Bollea. Chi è un ex docente universitario, chi una pensionata e chi un’archeologa. Come età si parte dai 30 anni ma si arriva anche sopra i 70.
Elogi e critiche. Quelle di Santa Bibiana e piazza Pepe vogliono essere le prime di una serie di aiuole recuperate. “Contiamo di allargare il nostro gruppo con il passaparola così come abbiamo fatto finora. La gente che ci vede lavorare oggi si ferma incuriosita e ci incoraggia. Ma non sono mancate le critiche”, ricorda Nicola. Una passante in particolare non aveva apprezzato l’erba alta nella prima aiuola. “Si trattava invece di una scelta studiata per permettere alle piante di mantenere l’ombra e un microclima adeguato – spiega Bollea -. Alla signora abbiamo illustrato le nostre ragioni che poi ha compreso, tanto da aderire per un periodo al nostro gruppo”. Questo episodio ha insegnato agli ideatori che se volevano mantenere curate le aree occorreva darsi dei turni, ora cadenzati in due interventi alla settimana.
Rapporti di vicinato. Anche con l’Ambra Jovinelli i rapporti non sono stati sereni da subito. “Un giorno abbiamo trovato tutte le piante falciate – afferma Nicola -. I responsabili del teatro non condividevano l’idea di lasciare l’erba rigogliosa perché temevano che tossicodipendenti e delinquenti della zona vi nascondessero siringhe e piccola refurtiva. Una paura fondata, purtroppo. Dopo quell’episodio, molti di noi volevano abbandonare. Poi ci siamo convinti che dovevamo parlare con i referenti del teatro e far loro capire che si poteva trovare insieme una soluzione. E così è stato. Da poco infatti abbiamo ripiantato i fiori e sparso della corteccia che assolve alla stessa funzione dell’erba alta mantenendo il terreno fresco per le piante”. A parte questo episodio, con gli altri vicini i rapporti invece sembrano amicali: le ferrovie permettono di usare il tubo dell’acqua per innaffiare lo spazio di Santa Bibiana, così come fa il titolare del ristorante di fianco allo Jovinelli.
Giochi a piazza Vittorio. L’obiettivo per questo gruppo di “giardinieri” è sì di curare un numero crescente di aiuole nel rione, ma anche di diffondere la cultura del bene comune attraverso un altro progetto: una sorta di baule dei giochi da lasciare stabile nel giardino di piazza Vittorio. Ad oggi qualche gioco già è depositato dietro lo spazio occupato dalle giostre ma in futuro, quello che sperano questi volontari, è che si possa contare su una rete di altri cittadini che garantiscano quel controllo sociale che ora manca. “Se gli anziani, per esempio – suggerisce Nicola -, prendessero l’abitudine a sedersi nel parco vicino ai bambini che giocano, iniziando a conoscerli, ci sarebbe quella sicurezza che si aveva un tempo, quando i ragazzi giocavano nei cortili o nelle piazze sotto gli occhi di tanti nonni”. Altro piccolo progetto a cui aspirano i volontari è di ottenere dal Comune il permesso di installare un tavolo da ping pong permanente e riprendere l’abitudine di indire dei tornei di calcio nei mesi estivi. “Non miriamo a ottenere i fondi dal Comune o dal Municipio per le nostre attività. Pensiamo infatti che quello che serva ora sia l’aiuto delle persone perché azioni come queste aiutano le famiglie a spendere meno in attività come la palestra o la scuola calcio”.
M. Elisabetta Gramolini