Con i suoi negozi e la sua posizione strategica, la strada non è solo da attraversare con i mezzi ma da vivere
(Numero 11 – Bimestre gen-feb 2017 – Pagina 3)
Poche settimane fa è stata introdotta una nuova corsia preferenziale all’Esquilino lungo via Emanuele Filiberto, scelta effettuata dalla Sindaca Raggi per favorire una mobilità alternativa a quella privata. Intenzioni lodevoli che, come spesso è accaduto nella nostra città, si annunciano più grandi e incisive di quanto poi effettivamente non siano. Ciò che peraltro risulta chiara è l’interpretazione che si dà allo “spazio strada”: ovvero di uno spazio quasi esclusivamente dedicato e dominato dalla percorrenza veicolare.
Una strada piena di potenzialità. Tempo fa un laboratorio urbano partecipato del rione – Esquilino2020 – elaborò uno studio proprio sulla situazione di via Emanuele Filiberto, raccogliendo questionari d’opinione fra cittadini e commercianti dell’area, elaborando una sintesi dell’analisi svolta e delle proposte per un nuovo allestimento della via in questione. Via Emanuele Filiberto, insieme a via Conte Verde e via Principe Eugenio, rappresenta uno degli assi principali del tridente dell’Esquilino che, partendo da piazza Vittorio, raggiunge rispettivamente piazza San Giovanni in Laterano, la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e Porta Maggiore. Questa via non è, dunque, solamente un’arteria densamente abitata, ampia e trafficata, ma incrocia la fermata “Manzoni” della metropolitana e la linea del tram 3, è inserita in uno dei percorsi turistici più frequentati che da Termini, attraverso piazza Vittorio, raggiunge le grandi basiliche del “triangolo della cristianità” e presenta una caratterizzazione commerciale con molte attività ricettive di alberghi, B&B e case-vacanze.
Lo stato reale delle cose. Nonostante queste potenzialità, ad oggi la strada versa in uno stato di parziale abbandono, con marciapiedi dissestati, come nel tratto verso piazza Vittorio, o sottodimensionati, come nel tratto verso San Giovanni, e attraversamenti pedonali scarsamente segnalati e pericolosi, molti alberi mancanti nelle aiuole o addirittura la totale assenza di verde fra viale Manzoni e Porta San Giovanni, l’illuminazione scadente, l’arredo urbano praticamente assente.
Ma allora quale potrebbe essere il futuro per via Emanuele Filiberto? Quali le possibilità di riqualificazione? Non esiste un’unica ricetta valida ovviamente, ma quel che risulta fondamentale – e che dovrebbe costituire la base di ogni possibile proposta – è l’accezione che oggi si vuol dare allo “spazio strada”, appunto non carreggiata ma spazio urbano a tutti gli effetti, vivo, colmo di funzioni e di connessioni, ma anche di conflitti da risolvere.
Una ipotesi di riqualificazione. Il risultato del questionario lanciato da Esquilino2020 nel 2014 – che proponeva 13 azioni di riqualificazione – ha subito individuato le priorità espresse dai cittadini: rifacimento dei marciapiedi, implementazione delle alberature e dell’arredo urbano, rifacimento e potenziamento della segnaletica orizzontale, specialmente quella a salvaguardia dei pedoni, e una “autogestione” di livello locale del decoro.
Un progetto ipotetico per via Emanuele Filiberto dovrebbe quindi riconoscere e valorizzare spazi ad oggi sottoutilizzati come ad esempio l’area antistante l’ingresso alla metro Manzoni, riequilibrare le viabilità alternative al traffico veicolare privato allargando i marciapiedi, introducendo, magari, possibili percorsi ciclabili nel tratto Manzoni-San Giovanni e prevedendo una vera corsia preferenziale per i mezzi pubblici delimitata fisicamente, piantumare le alberature mancanti e aggiungerne di nuove, prevedendo un sistema di aiuole facilmente salvaguardabili, migliorare la sicurezza delle persone con un sistema di segnali intelligenti (esistono ad esempio molte soluzioni che utilizzano segnalazioni luminose a energia solare per gli attraversamenti pedonali, e i semafori intelligenti che danno la priorità ai mezzi pubblici), implementare l’arredo urbano con sedute, cestini dei rifiuti o rastrelliere per le biciclette. E poi il tema della “gestione del quotidiano”, facendo sì che l’associazionismo di strada diventi il fulcro di una vera e capillare attività di monitoraggio costante degli spazi pubblici, dunque di manutenzione ordinaria e pulizia in stile un po’ anglosassone: ogni condominio o attività commerciale prende in gestione il proprio pezzo di strada (magari dando la possibilità di stipulare accordi con le amministrazioni locali, che prevedano in cambio una diminuzione di oneri fiscali o altri tipi di agevolazioni).
A conti fatti non si tratta di pensare a grandi opere, ma piuttosto di leggere l’esistente nella sua complessità di relazioni fisiche e immateriali, di ascolto costante degli attori coinvolti e di una progettazione accurata, competente e trasparente che sappia costruire una visione e che tenga conto delle esigenze espresse dai cittadini.
Vincenzo Dornetti