Una delibera comunale del 2009 prevedeva l’apertura di botteghe artigiane ma è boom di mini market
(Numero 12 – Bimestre mar-apr 2017 – Pagina 1,5)
Aperture massicce solo di alcuni generi merceologici. Abbandono e scarso gusto per gli arredi. Il commercio dell’Esquilino non migliora, anzi peggiora, nonostante alcune ultime aperture che si contraddistinguono per qualità e ricercatezza.
Cosa chiude e cosa apre. Una delle ultime chiusure “eccellenti” è quella della storica cartolibreria Di Veroli, sotto i portici di Piazza Vittorio, al numero 141: è ancora visibile parte dell’elegante insegna blu del negozio, ora ricoperta da menù ed offerte speciali del variopinto e dozzinale fast-food indiano che ha preso il suo posto. Ma l’elenco è lungo: da circa 20 anni, ormai, è inarrestabile quello che ci azzardiamo a definire un vero e proprio “sacco dell’Esquilino”, ad opera di commercianti, prevalentemente stranieri, che con le loro attività, tutte uguali e dedicate solo ad alcune tipologie di merci, hanno invaso strade, piazze, portici, a scapito di artigiani, botteghe ed esercizi che garantivano servizi e merce di qualità ai cittadini. Sono spariti fornai, calzolai, tintorie, oreficerie, ferramenta, negozi di pasta fresca e macellai, i tanti negozi di abiti da sposa e cerimonia che un tempo erano il fiore all’occhiello del rione.
Al loro posto, hanno aperto decine e decine di negozi, tutti identici, che ripetono all’infinito la stessa formula, con standard qualitativi bassissimi, e che hanno portato ad una vera e propria desertificazione commerciale dell’Esquilino.
Com’è possibile che, in pieno centro storico, in un rione frequentato da turisti e densamente abitato, non si riesca ad impedire che un negozio di merce dozzinale e scadente prenda il posto di una bottega storica di qualità che offriva servizi e decoro al rione? Perché non si trovano strumenti legislativi adeguati ad arginare quest’invasione e a realizzare una migliore e capillare localizzazione delle attività commerciali su un territorio, come quello dell’Esquilino, che dovrebbe essere salvaguardato?
I limiti della normativa vigente. L’ultima delibera comunale che si occupa del problema è la n.10 del 2009. Intitolata “Tutela e riqualificazione del commercio all’Esquilino”, aveva lo scopo di arginare la “prima invasione”, quella di merci cinesi (borse, scarpe, abbigliamento, bigiotteria) inibendo l’apertura di nuove attività relative a questi generi merceologici. Via libera invece all’ apertura di una serie di altre attività, tra cui “prodotti certificati made in Italy, prodotti caseari, fiorai, prodotti gastronomici tipici locali, panifici, falegnamerie, calzolerie, tappezzerie” ma anche “profumerie, esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, generi alimentari, gallerie d’arte”. In pratica, la delibera, che pure partiva da buone intenzioni, ha sortito l’effetto di permettere una “seconda invasione” con l’apertura, indiscriminata ed incontrollata, solo di alcune attività sulle quali si è concentrato l’interesse dei soliti commercianti stranieri.
Si è avuta quindi una nuova “occupazione”, paradossalmente autorizzata ed incentivata, mentre non c’è traccia all’Esquilino dell’apertura di panifici o falegnamerie, tappezzerie, fiorai o pasticcerie.
Va segnalato che, recentemente, è stato votato all’unanimità dal Consiglio del Primo Municipio un ordine del giorno in cui si chiede alla Giunta Comunale che “sia avviato un processo di revisione della delibera 10/2009 al fine di limitare le nuove aperture di minimarket, di attività di fast-food, sale scommesse e sale slot e siano finalmente adottate misure adeguate per il rilancio delle attività commerciali di qualità nel rione Esquilino attraverso l’attuazione del punto d) della delibera 10/2009 che impegna la Giunta Capitolina ad individuare gli idonei strumenti di valorizzazione e sostegno delle attività commerciali e artigianali tradizionali”. Se l’iniziativa abbia sortito un qualche effetto, al momento non è dato sapere.
La questione delle insegne. Concludiamo questo cahier de doléances ponendo l’accento sull’intollerabile sciatteria che caratterizza le insegne, le vetrine, gli arredi di questi negozi. Fatiscenti, pericolanti, arrugginiti, sconnessi. Un abbandono desolante, dequalificante, che da anni ormai mina il decoro di molte strade e che sembra irreversibile. Eppure, sempre la già citata delibera n.10 del 2009, stabiliva l’istituzione di una commissione tecnica per la riqualificazione delle insegne, delle vetrine e degli arredi visibili dall’esterno in modo compatibile con l’assetto del colonnato di piazza Vittorio. Esiste questa commissione? Lavora? Perché risultati, a otto anni dalla delibera, onestamente, non se ne vedono. Avremmo voluto rivolgere queste domande a chi ha competenza sulla materia, l’Assessore al Commercio del Comune di Roma, Adriano Meloni (Movimento 5 Stelle), e l’Assessore al Commercio del Primo Municipio, Tatiana Campioni (Partito Democratico). Purtroppo, nessuno dei due ha potuto o ritenuto opportuno risponderci: forse i tempi erano troppo stretti. Magari ce la facciamo per il prossimo numero del giornale: i cittadini dell’Esquilino aspettano le risposte.
Paola Lupi