Dietro al Santuario, un sorprendente e quasi sconosciuto giardino
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 3)
In piazza di Porta San Giovanni, dietro al Santuario della Scala Santa, si trova un antico, sorprendente giardino. Dall’ingresso sulla piazza si supera con una pendenza notevole un salto di quota che pone il giardino, pianeggiante, ad un livello di quattro-cinque metri superiore ai piani stradali circostanti. E’ un luogo poco conosciuto e poco frequentato ma che, per la storia e l’evoluzione e la trasformazione, esprime i caratteri generativi del territorio in cui si trova.
Le origini. In principio era l’orto del convento dei Padri Passionisti, che dal 1853 svolgono il compito della custodia e officiatura del Santuario per il culto della Sacra Icona del SS. Salvatore e della sua Passione. ln quell’anno, Papa Pio IX Mastai Ferretti aveva decretato la soppressione del Collegio Sistino delle Scale Sante. Quindi affidò e donò il convento, fatto costruire a fondamenta già dal 1852 dall’architetto Giovanni Azzurri, ai Padri Passionisti con la bolla papale del 1854 Inter plurima templum. I Padri Passionisti ne completarono la costruzione nel 1870, sopraelevandolo anche di un secondo piano.
Esquilino, un territorio di ville e giardini. La funzione orticola degli spazi verdi di dimore, ville e conventi ha avuto grande importanza per tutto il 1700 e 1800, e alcuni prodotti trovavano qui eccellenti condizioni climatiche e di terreno. Le vigne, le carciofaie e i frutteti, avevano rigogliose e vaste presenze. L’orto della Scala Santa doveva avere una produzione di autoconsumo per cui ha subito dei cambiamenti con i mutamenti dei tempi. Il giardino di oggi è l’esito di una trasformazione iniziata negli anni ’60 del secolo scorso, che dall’antico orto ha portato progressivamente al Parco della Scala Santa, un luogo di sintesi e di dialogo tra natura e cultura, tra botanica e arte.
Il recupero degli spazi. Negli anni Sessanta del ‘900 un gruppo di architetti effettua il recupero degli spazi edificati agli inizi del secolo per dar vita a un Santuario della Passione, poi non completato a causa degli eventi bellici. Nel 1966 Tito Amodei, Padre Passionista, scultore e pittore di rilievo internazionale, trasferisce il suo atelier nello spazio dell’abside, e negli ulteriori spazi promuove uno spazio artistico polivalente: il Centro di Sperimentazione Artistica Sala1, nella navata laterale sinistra, e un Teatro nella navata centrale, in cui vengono svolte attività espositive e culturali nel campo dell’arte contemporanea. Nel parco, inoltre, sono presenti numerose sculture di Tito Amodei. Successivamente nella navata laterale destra nasce così lo Studio Sala2 Architettura che dal 2005 è sede dell’Associazione culturale TRAleVOLTE.
Le installazioni artistiche. Anche il giardino naturalmente viene interessato da questa attività diventandone contenitore, scenario, ispiratore, soggetto. Vi si trovano moltissime opere d’arte concepite proprio per il giardino e in alcuni casi plasmate utilizzandolo come materia per l’opera stessa. Come l’installazione di Maria Dompè, prima opera nel giardino, che sviluppa una spazialità che la vegetazione descrive e denota in accordo con le stagioni e secondo i suoi caratteri di forma e colori. L’opera occupa un grande quadrilatero irregolare, che ha i quattro spicchi perimetrali coperti in modo compatto dalla vinca major e dalla vinca major variegata, e poi fasce concentriche ellittiche di alti e bassi, di pieni e vuoti, convergono verso un grandissimo albero centrale che svetta da un piano di ondulati movimenti erbosi, sempre concentrici, del terreno. Si susseguono così delle ellissi concentriche di varia larghezza. Prima una ellisse di convallaria erba, poi una di verde bambù molto folto e piuttosto alto, un’altra di morbide ortensie azzurre con vinca major variegata sottostante, tutte separate tra loro da percorsi coperti di mobili, scricchiolanti squame di pigna marroni e segnate da reperti lapidei antichi. Infine, prima di arrivare all’albero, il terreno si ondula, ed è disseminato di bulbi di tulipani e crochi per ingentilire la severa maestosità dell’albero. Su due lati della grande installazione naturale di Maria Dompè si trovano due importanti elementi che strutturano il giardino. Il viale dei tigli, sotto i quali sino alla fine dell’800 si trovavano alberi di cachi, che delimita il grande prato definito sul margine orientale dall’acquedotto neroniano con il suo grande arco che rammenta imperiosamente il passato, da una quinta di lecci e cipressi e siepi di lauro nobile, in posizione centrale solitaria una bellissima chamaeropshumilis e sull’angolo terminale un poderoso carrubo selvatico. L’altro elemento è il viale con il pergolato di vite canadese su pilastri quadrati di laterizi, già presente nel periodo dell’orto, che da un lato ha come fondale un’edicola con un grande Crocifisso. Esso delimita il giardino degli eventi culturali all’aperto. Su una base di prato quadrangolare sorgono tre cerchi di thuja, di cui uno centrale più grande e due laterali simmetrici più piccoli, a formare degli spazi molto raccolti e molto protesi simbolicamente verso l’alto. Su due angoli opposti del quadrilatero erboso si trovano una mimosa e un ginko biloba, e sul terzo angolo una installazione di Silvia Stucky con una fotinia e un contenitore d’acqua scavato nella pietra. E infine tra il convento e l’edificio della Scala Santa, si trova il giardino degli agrumi e dei melograni, testimoni del passato orticolo, che si dispongono intorno ad una fontana con un capelvenere che cresce su una grossa pietra centrale. E dove non mancano ortensie e camelie. E ancora, in ordine sparso, tanti altissimi pini e cipressi ma anche la canfora, l’acacia blu dell’Arizona, l’ailanto, il bagolaro, e forse qualcos’altro, perché i Padri Passionisti, instancabili missionari in innumerevoli paesi, da questi portano nuove piante per arricchire il loro meraviglioso giardino.
Rachele Nunziata