La più cosmopolita delle ville esquiline è ora residenza dell’ambasciatore britannico in Italia
(Numero 14 – Bimestre lug-ago 2017 – Pagina 11)
Nel 1830 il principe Aleksandr Michajlovi? Bélosselsky-Bélozerskt, già ambasciatore russo presso la corte sabauda a Torino, acquista dei terreni vignati tra San Giovanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme, come dono per la figlia Zenaide, che nel 1811 aveva sposato il principe Nikita Grigor’evi? Wolkonskij, aiutante di campo dello zar Alessandro I. La principessa, “colta letterata ed amante della vita mondana”, che conosceva Roma per averla frequentata sin dal 1820 e per averci vissuto per tre lunghi anni, vi fa realizzare la residenza suburbana di famiglia allorché si stabilisce a Roma, dopo la morte dello zar.
Il Casino nobile ed il giardino romantico. Una preesistente costruzione del XVI secolo viene ristrutturata incorporando anche tre arcate dell’acquedotto claudio-neroniano trasformate in grotte artificiali realizzate nel sottosuolo. L’acquedotto di Nerone, costruito dall’imperatore come raccordo all’acquedotto Claudio del 52 d.C. per rifornire la Domus Aurea, attraversa infatti la tenuta per tutta la sua lunghezza. Grazie ad un accordo col governo pontificio che consente il restauro dei ruderi a ridosso dell’acquedotto, viene realizzato tutt’intorno al Casino nobile un lussureggiante giardino romantico piantumato con roseti e specie arboree di vario tipo. Più in particolare, la parte a nord della tenuta, viene mantenuta a boschetto, con il viale delle Memorie ai margini, mentre nella parte sud viene realizzato il viale dei Morti, con arredi marmorei, la maggior parte provenienti dalle tombe ritrovate nell’area: colonne, cippi, statue, grandi anfore e frammenti romani disposti tra le piante del giardino, in ricordo di familiari ed amici. Per lo zar Alessandro I la principessa fa erigere una stele, un pilastro in granito rosso scuro, lo stesso della colonna eretta a San Pietroburgo, su cui viene posto il busto del nipote prediletto di Caterina di Russia.
Grandi feste in atmosfera agreste. Quando l’afa romana rende meno invitante la frequentazione di palazzo Poli, che i principi Wolkonskij possiedono nel rione Trevi, la principessa insieme al marito, principe Nikita, organizza delle feste campestri che diventano il punto di incontro di artisti e letterati ed aristocratici romani. Giuseppe Gioachino Belli, ospite gradito, vi recita spesso le sue poesie romanesche, ma sono soprattutto le personalità di passaggio a Roma che frequentano villa Wolkonskij, da Gogol’ a Stendhal, da Walter Scott a Donizetti, con il quale la principessa Zenaide, buona musicista, ama spesso accompagnarsi a suonare. Morto il principe Nikita Grigor’evi? Wolkonskij nel 1844, la principessa Zenaide lascia la villa per dedicarsi a vita appartata. Alla sua morte, nel 1862, la proprietà passa al figlio Alessandro che vi farà realizzare un secondo edificio scoprendo, grazie agli scavi, numerose tombe romane.
Le lottizzazioni. Nel novembre 1868 il principe Alessandro, che ormai vi soggiorna stabilmente con la moglie, acquista dal Capitolo lateranense la vigna confinante posta lungo lo stradone di Santa Croce per ingrandire la tenuta ereditata dalla madre ed avere l’accesso diretto dal lato meridionale. Due decenni dopo, Nadeide Wolkonskij, marchesa Campanari, provvede a lottizzare tali terreni ed altri sul lato della via Statilia. Tra il 1886 ed il 1890, definiti i confini della tenuta tra via Piatti e via Statilia e realizzati gli imponenti muraglioni di sostegno, la marchesa Nadeide, su progetto dell’architetto Vincenzo De Righi (1827-1901) fa costruire un nuovo palazzo in cima alla collina, “con altane, torrette e scalinate” di “gusto neorinascimentale”.
Da ambasciata germanica ad ambasciata britannica. Nel 1922, ripresi i rapporti diplomatici tra Italia e Germania, interrotti a seguito della Grande Guerra, villa Wolkonskij viene venduta dal marchese Campanari al barone Von Neurath diventando la sede diplomatica della Germania nonché la residenza dell’ambasciatore tedesco in Italia. In questi anni vengono eseguiti importanti lavori di ampliamento al palazzo, con due nuove ali e la chiusura parziale del terrazzo centrale. Nei nove mesi in cui Roma è occupata dai nazisti, la villa diviene tristemente famosa per i nefasti rapporti con via Tasso, luogo di reclusione e tortura, da parte delle SS, di oltre 2000 antifascisti. Nel 1951 diventa la residenza dell’ambasciatore britannico a Roma. Dopo un iniziale declino, il parco e la villa vengono restaurati, grazie al contributo di sponsor privati, ed i reperti, per anni rimasti semisepolti dalla vegetazione, vengono recuperati e conservati nel nuovo Museo delle Serre, due padiglioni ottocenteschi rifunzionalizzati. Ma la mancanza di un reale coinvolgimento del territorio e dei suoi abitanti e l’estrema difficoltà di accesso rendono arduo, ancor più in tempi di Brexit, ogni tentativo di ricostituire l’atmosfera romantica degli anni della principessa Zenaide, che potrebbe essere condivisa anche con i cittadini.
Carmelo G. Severino