Dai carretti alle TV. Dalle terme alle discoteche. Dormire a Roma d’estate non è mai stato facile
(Numero 15 – Bimestre nov-dic 2017 – Pagina 2)
E’ stata un’estate rovente, dalla caldaia infernale. Oltre Caronte e Lucifero, sono uscite tante potenze infernali tutte propense ad arrostirci, se il tempo è asciutto, o a lessarci, se c’è umidità nell’aria. I rimedi classici di sopravvivenza sono quelli di andare “fuori”, al mare o in montagna o al paese dei nonni, oppure rinchiudersi in casa con le finestre chiuse di giorno e spalancate di sera e di notte. I rimedi moderni sono i condizionatori che consumano tanta elettricità. Ma in casa entrano anche tanti suoni e rumori, originati all’esterno e all’interno del palazzo.
Il troppo storpia. Il rumore è da sempre collegato al fastidio o al danno: è un fatto acustico sgradevole, che infastidisce e che altera o impedisce l’ascolto di segnali sonori utili. Il suono è invece un segnale acustico utile o necessario o gradevole o tutte queste cose insieme. Si tratta tutto sommato di una differenza soggettiva, un criterio quantitativo: quando si supera un certo livello si può passare dall’uno all’altro. Quando il rumore è persistente si parla di inquinamento acustico. Il troppo storpia, si diceva una volta. Ma non staremmo meglio se eliminassimo tutti i suoni e tutti i rumori, come succede nelle camere anecoiche, ossia senza echi. Sono stanze con pareti spesse anche tre metri e con dispositivi altamente insonorizzanti. Vengono usate per testare singole apparecchiature, automobili in particolare, e per registrazioni di musica. Ma anche per studiare le reazioni delle persone, per esempio degli astronauti, ai quali il troppo silenzio fa male. Le persone normali non vi resistono per più di trenta minuti, passati i quali, accusano malesseri vari e allucinazioni, e questo non deve meravigliare: l’udito è connesso con il senso dell’equilibrio. Gagarin, il primo uomo che andò nello spazio 56 anni fa, raccontava di aver avuto allucinazioni per il troppo silenzio: in particolare aveva avuto la sensazione di avere alle spalle un marinaio di Cristoforo Colombo.
Vittime di ieri e di oggi. Il rumore è una fonte di fastidi così diffusa che è causa della maggior parte delle liti tra condòmini, e quasi tutti i condomìni hanno nel loro regolamento modalità e orari per attività rumorose quali lavori di manutenzione. Ma l’amministratore del condominio, non può intervenire se le controversie riguardano singoli condòmini. E allora? Chi si ritiene vittima dei rumori, o altri comportamenti, da parte di un vicino, deve rivolgersi all’autorità giudiziaria. Ogni Stato e la Comunità Europea hanno norme e legislazione a tutela della salute dei cittadini e del riposo delle persone. Già aveva iniziato Giulio Cesare emanando la Lex Iulia Municipalis.
Occorre però che i rumori siano tali da disturbare un numero indeterminato di persone, anche se poi è uno solo a lamentarsi (sentenza della Cassazione 47298/2011). Se in casa entra il rumore di un televisore ad alto volume, il proprietario commette reato (art. 659 del Codice penale): “chiunque mediante schiamazzi o rumori ovvero abusando di strumenti sonori o segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309”. La Corte di Cassazione con sentenza n.28670, del 9 giugno 2017, conferma la condanna a un condòmino per aver disturbato il riposo degli altri perché aveva mantenuto per diverso tempo, anche nelle ore notturne, radio e tv a altissimo volume. E meno male che a disturbare era solo la TV, non l’abbaiare dei cani o le urla degli schiavi frustati o il vociare di quelli che frequentavano le terme sotto casa come capitava a Seneca! E non erano neppure le grida e i richiami dei battellieri del Tevere che tanto disturbavano Giovenale!
Ma se poi ci piace l’incanto della quiete e dormire in pace sino al mattino, se ci infastidisce la polvere, lo strepitio dei carri e l’osteria, non ci resta che seguire il consiglio che Orazio nell’Epistola XVII dà a Sceva, di andare a dormire a Ferentino, lontano da Roma.
Carlo Di Carlo