Il soprano del coro del Teatro dell’Opera di Roma ci racconta la sua passione per la musica
(Numero 20 – Bimestre lug-ago 2018 – Pagina 6)
È un amore scoperto nella quotidianità domestica quello di Marika Spadafino per la musica “Posso dire con certezza che la mia sia una passione innata. Pur non essendo figlia d’arte, in casa ho respirato sempre tanta musica. I miei genitori amano cantare e mio fratello maggiore è un grande appassionato di musica leggera e disco dance, tanto da collaborare nella programmazione di una radio locale. Per contro non si ascoltava affatto la musica classica, possedevamo solo una raccolta incompleta di selezioni d’Opera. Io cantavo in ogni momento della giornata, persino a tavola e, come succede a molti, le mie prime esibizioni pubbliche sono state durante le funzioni religiose della mia parrocchia.”
Quando ha scoperto la passione per l’Opera?
A 14 anni ho deciso di cominciare lo studio del pianoforte e del canto leggero e musical nella scuola di musica “Emilio Rivela”, nel mio paese, Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, dove mi hanno invogliato anche a studiare il flauto traverso per poter entrare a far parte della banda cittadina. Lo studio del flauto è continuato in conservatorio e così, entrando nel tempio della classicità musicale, ho scoperto l’Opera. È stato un amore a prima vista. Racchiudeva l’essenza del mondo musicale a cui appartenevo: il lirismo, la drammaticità, l’immedesimarsi nei personaggi, la grande orchestrazione. Così ho chiesto alla mia insegnante di passare allo studio del canto lirico. Lei ha notato in me una certa predisposizione, avvantaggiata anche dallo studio del pianoforte e del flauto, così mi ha preparato in 6 mesi per il compimento inferiore di canto, terminando poi gli ultimi due anni in conservatorio. Dopo il diploma di canto, mentre mi diplomavo in flauto, ho voluto affrontare lo studio della musica vocale da camera diplomandomi anche in questo corso di laurea.
Come è arrivata al coro del Teatro dell’Opera di Roma?
Una volta terminati i tre corsi di laurea in Conservatorio, ho vissuto quel momento che molti studenti si trovano ad affrontare. Mi sono chiesta: “Ed ora?”. Così mi è stato fatto notare dal mio ragazzo, che è un flautista, che i teatri d’opera bandiscono ogni anno audizioni per aggiunti e concorsi per lavorare nel coro. Non era certamente il mio obiettivo, non avevo alcuna esperienza corale e volevo fare la solista, ma presa dalla voglia di mettermi in discussione, ho preparato il programma richiesto e al primo tentativo ho raggiunto il secondo posto in graduatoria come soprano primo. Incredula, ma felicissima ho cominciato a lavorare in questo prestigiosissimo teatro. Non credevo fosse tanto affascinante quanto faticoso: è un lavoro quotidiano di coesione, e necessita di grande concentrazione e di un’ottima tecnica vocale. Mi ritengo molto fortunata ad aver incontrato nel mio percorso di studi la mia Maestra Donata D’Annunzio Lombardi, la quale mi ha consegnato tutti gli strumenti per rendere il mio talento un’arte.
Qual è la funzione del coro nella struttura di un’opera lirica?
Il coro ha molteplici funzioni e variano dallo stile operistico alle trame delle opere: corifee, folla, cortigiani, marinai, ancelle, contadini, sudditi, angeli, ecc… esso, commenta le vicende, comunica con i solisti, è scrigno di verità, emozioni, amori, passioni e sofferenze che provano i protagonisti delle opere.
Nel corso della carriera in quale spettacolo le è piaciuto di più lavorare?
Delle produzioni fatte al Teatro dell’Opera nell’organico corale è stata indubbiamente molto emozionante la mia prima produzione: ‘I pezzi sacri’ di Verdi diretti dal Maestro Riccardo Muti, e da lì a seguire tutte le produzioni da lui dirette. Un’altra esperienza importante è stato il concerto con l’Orchestra Filarmonica di Benevento, diretto dal Maestro Antonio Pappano. Inoltre, a livello scenico ricordo con gran piacere il ‘Benvenuto Cellini’ con la regia di Terry Gilliane la ‘Damnation di Faust’ di Berlioz, grande capolavoro musicale, con la regia di Damiano Michieletto, entrambi vincitori del premio Abbiati. Un’altra grande emozione l’ho vissuta come solista al Teatro d’Opera di Algeri, dove ho debuttato nel ruolo di Violetta Valéryde ‘La Traviata’. Il teatro, grandissimo, era sold-out, tutta quella moltitudine di persone affascinate e catturate dalla nostra cultura, bramosa di conoscerla e di goderne, ha creato un’onda di energia positiva di grande impatto.
Di recente ha vinto un concorso del Teatro La Scala di Milano. In cosa consisterà questo nuovo progetto?
È stato un concorso di ammissione molto difficile, quattro fasi di prove musicali su un programma molto variegato di Arie d’Opera, Da Camera e di Oratorio, più colloquio, prova scenica e teorico-musicale.
La partecipazione a questo progetto biennale dell’Accademia del Teatro La Scala è per me un grande onore, si farà parte degli eventi in stagione della Scala, quindi, avrò modo di conoscere, studiare e lavorare a contatto diretto con i più grandi cantanti e direttori d’orchestra di oggi, ma soprattutto avrò l’occasione di cantare nel più prestigioso e ambito Teatro del mondo.
Come mai ha scelto di vivere all’Esquilino?
L’Esquilino è il centro del mondo! Per me, che viaggio molto è il posto ideale: la stazione Termini a due passi, ben collegato con gli altri quartieri della città, fornito di attività commerciali e culturali. Ma il più importante aspetto per amare davvero Roma è che è vicino al mio posto di lavoro.
Più ci vivo e più mi sento a casa.
Vivo il distacco dal mio rione dei prossimi due anni con grande rammarico. Appena avrò dei giorni liberi correrò qui più che in Puglia.
Antonia Niro