La seconda domenica di luglio, festa in piazza per ricordare l’anniversario, con torta, candeline, brindisi, canti e balli. Breve storia della riqualificazione del giardino-square
(Numero 20 – Bimestre lug-ago 2018 – Pagina 8)
L’8 luglio 1888, piazza Vittorio Emanuele II “bellamente trasformata (…) in un fresco giardino verde e fiorito”, con “piante di ogni genere, aiuole, alberi e fiori”, venne ufficialmente inaugurata dalle massime autorità cittadine. Fu un evento molto atteso, perché risolveva la grave situazione di disagio che si era venuta a creare nel nuovo quartiere in formazione sui colli esquilini.
Un insostenibile degrado. Nel 1888, infatti, gli edifici porticati di piazza Vittorio erano stati ultimati da tempo, seppure con qualche problema, ed i palazzi erano quasi tutti abitati, ma la piazza tardava ad essere sistemata ed era un coro continuo di proteste perché l’area centrale si presentava come uno spiazzo dissestato, un immenso lago di fango, dove non mancavano veri e propri rivoli d’acqua sporca.
I Trofei di Mario, che a parere di molti avrebbero dovuto essere abbattuti, erano diventati pubbliche latrine.
Una situazione insostenibile, dove ciascuno faceva “lordure” dove gli pareva, perfino sotto i portici. Uno sconcio che causava lagnanze da parte degli abitanti, che, con la stagione più calda, temevano malattie e infezioni. In tale situazione di degrado, inoltre, i portici erano diventati un luogo di bivacco di “rivenduglioli d’ogni genere” che impedivano la libera circolazione e assordavano “con grida sguaiate e villane i passanti”. Per eliminare il gravissimo sconcio, dannoso anche alla pubblica igiene, il Consiglio comunale aveva fatto collocare delle “baraccacce mal costruite e con certe pitturacce da osteria”, poi aveva optato per orinatoi in ferro, eleganti, comodi ed illuminati a gas. Ma la soluzione era ben altra.
La definitiva sistemazione. Spinto dalla necessità e dall’urgenza, il Consiglio comunale finalmente assegna l’appalto per i lavori di sistemazione della piazza e così, dopo lo sterro generale dell’area e la costruzione di scogliere artificiali, con tufo, cemento e pozzolana, intorno ai Trofei di Mario, nel maggio 1888, il Servizio Giardini completa tutte le opere di giardinaggio previste, in tempo utile per l’inaugurazione del giardino agli inizi dell’estate. Infatti, dopo la morte improvvisa di Alfredo Kelbling, direttore del Servizio comunale e autore del progetto, il giardino viene realizzato grazie all’impegno del nuovo direttore Carlo Palice.
Un giardino-square. Il progetto di giardino trova ispirazione nelle “delizie” delle ormai perdute ville esquiline, trasmutate nel modello urbano di verde cittadino della nuova città, borghese e popolare. Si sviluppa in una serie di vialetti che, con un percorso sinuoso, collegano tra loro i Trofei di Mario, il laghetto con la fontana, la Porta Magica, ricoperta di rose e caprifogli, e le tante essenze esotiche e rare, inserite a macchie, in più o meno ampie isole di verde.
Dai ruderi dei Trofei di Mario, verdeggianti di edera, una cascata d’acqua si rovescia a formare un laghetto, con un ponticello di legno rustico dove nuotano i cigni, tra ninfee e altre piante acquatiche. “Due magnifiche stelle di variati fiori guarniscono le aiuole di contro alle due entrate” organizzate sui lati di via Carlo Alberto e di via Conte Verde. Al centro, viene lasciato uno spiazzo per i concerti della banda musicale. E vicino ai Trofei di Mario, con ai lati la coppia di statue raffiguranti il dio egizio Bes, intelaiata ad un setto di terra preservato dagli sterri, viene inserita la cosiddetta Porta Magica, proveniente dalla scomparsa villa Palombara, destinata a diventare il pezzo più prezioso e misterioso del giardino. Per la sistemazione del verde sono stati piantumati 170 alberi, tra cui si distinguono magnolie, cedri del Libano e platani, ma anche palme, come le Pritcardie o Cocos australiani, ed i Cocos campestri. Alcuni alberi, come i Dasylirion sono addirittura rarissimi.
La stampa è unanime nel definirlo un giardino imponente, non solo per la bella disposizione delle aiuole, per il discreto e artistico lago, per il ponte rustico, per la cascata d’acqua, ma anche per la ben disposta illuminazione di un centinaio di fanali, alcuni con i “girandò a gaz”, e per quell’aria “signorile” da farlo “rassembrare in tutto e per tutto a un lembo di Pincio”.
Il cuore del nuovo rione. Piazza Vittorio Emanuele II, con il suo esotico giardino, è anche la piazza più grande di Roma. I portici le conferiscono l’idea stessa della monumentalità. Nei primi giorni di apertura – consentito l’ingresso soltanto dalle cinque alle nove di sera – una folla continua visita il giardino ammirando il laghetto con i cigni ed il ponticello. Ed è così numerosa da far temere che, priva di protezione com’è, l’erba del prato ben presto risulti tutta pestata. Molto frequentata inoltre anche la giostra, dotata di otto cavalli e quattro carrozzine, “con i bambini che fanno la coda aspettando il loro turno”, e si teme l’arrivo in forze di “quel popolo di fanciulli, laceri, cenciosi e birichini che popolano le regioni Esquiline”, “empiendolo del loro sudiciume, dei loro giochi di strada e del loro turpiloquio”.
La stampa benpensante chiede provvedimenti di attiva e severa vigilanza per non “deturpare l’oasi magnifica, per quanto poco ombrosa, che è sorta in quella piazza sterminata per opera del Comune, coadiuvato dalle tasche dei contribuenti”. La Direzione Giardini regolamenta tale vigilanza, effettuata con guardie di servizio, per impedire l’accesso a veicoli e cavalli, alle persone avvinazzate o indecentemente vestite o senza la giacca, agli accattoni e ai rivenditori ambulanti, a chi porta cani sciolti e ai ragazzi minorenni non accompagnati.
Progettazione e manutenzione, oggi. Agli inizi del Novecento, con la collocazione del mercato – inizialmente esterno al giardino, poi all’interno con banchi fissi – inizia un processo di lento degrado, che si aggrava negli anni Settanta, per il cantiere della metropolitana e la presenza della centrale operativa Acotral con i suoi parcheggi. La delocalizzazione del mercato negli anni Novanta porta, poi, al recupero del giardino, rinnovato sulla base del progetto Grau (Gruppo Romano Architetti Urbanisti). Ma la frequentazione quotidiana di un pubblico vasto ed eterogeneo, l’uso improprio del giardino stesso e l’assoluta mancanza di manutenzione riportano decadenza e degrado diffuso.
Oggi, finalmente, la riqualificazione sembra vicina. È imminente, infatti, l’attuazione di un progetto che chiude un percorso di partecipazione popolare e di collaborazione tra amministrazione locale e cittadini, iniziato nel dicembre 2011. Un progetto fortemente voluto dagli abitanti dell’Esquilino che hanno scelto il giardino come “Luogo del Cuore FAI”, e all’insegna del motto “Progettare manutenzione” lo hanno dotato di un Piano di Gestione partecipata, in grado di coordinare nel tempo ogni necessaria sua manutenzione.
Carmelo G. Severino