Con l’Unità d’Italia e la presa di Roma, lo Stato espropria molti beni della Chiesa, anche sui colli esquilini. Si insedierà a via Merulana la nuova sede della Curia generalizia
(Numero 21 – Bimestre nov-dic 2018 – Pagina 8)
Quando Roma divenne italiana, nel 1870, vi erano in città più di 600 tra chiese e conventi, una buona parte dei quali concentrata sui colli esquilini, per la tendenza dei religiosi a stabilirsi ai margini dell’abitato così da avere ampi spazi per la coltivazione di orti e frutteti. Nell’area dell’Esquilino, tra gli altri, vi erano i gesuiti a Sant’Eusebio, i benedettini vallombrosani a Santa Prassede, i cistercensi di San Bernardo a Santa Croce di Gerusalemme, quelli riformati a Santa Pudenziana e a San Bernardo alle Terme. Inoltre, a Santa Maria della Purificazione, in via Merulana, vi erano le monache clarisse, le carmelitane scalze teresiane a San Pietro e San Marcellino e le monache viperesche nei pressi dell’Arco di Gallieno.
La scomunica. Rinserrato nella cittadella del Vaticano, il primo novembre 1870, Pio IX promulga un’enciclica per condannare l’occupazione italiana e scomunicare Vittorio Emanuele II e tutti quelli che hanno perpetrato l’usurpazione dello Stato Pontificio e della città di Roma. Il Parlamento italiano, con lo scopo di regolarizzare i rapporti tra Stato e Chiesa, il 13 maggio 1871, approva la “legge sulle Guarentigie”, le garanzie che lo Stato italiano offre al pontefice. Ma Pio IX, con l’enciclica Ubi nos, non riconoscendo i privilegi concessi, denuncia l’operazione come “un inganno per i cattolici”, vietando loro la partecipazione alla vita politica del nuovo Stato liberale e rendendo così impossibile qualunque forma di collaborazione.
Le leggi eversive. Lo Stato italiano, dal canto suo, colpisce duramente i beni della Chiesa. Con la legge sul trasferimento della Capitale, espropria ben 48 Case religiose considerate necessarie per l’insediamento di ministeri e degli altri corpi dello Stato. Successivamente, estende a Roma le leggi eversive dell’Asse ecclesiastico, vigenti dal 1866 nel regno, provocando la reazione delle gerarchie e forti polemiche nel mondo cattolico. Nel territorio esquilino, vengono espropriati importanti monasteri tra cui quello di Sant’Antonio Abate delle monache camaldolesi destinato a ospedale militare, la Casa dei gesuiti di Sant’Eusebio, il monastero vallombrosano di Santa Prassede, il monastero di San Marcellino e San Pietro delle teresiane, il monastero cistercense di San Bernardo alle Terme ed il monastero delle clarisse di Santa Maria della Purificazione. Nel 1878, ad operazione conclusa, le Case religiose soppresse risultano 134 ed i religiosi coinvolti oltre tremila.
Il nuovo papa. Alla morte di Pio IX, nel 1878, molte rigidità ancora presenti nel mondo cattolico vengono meno. Leone XIII Pecci assume un diverso atteggiamento volto a superare l’isolamento della Chiesa e promulga importanti encicliche come la Rerum Novarum, con la quale vengono affrontate le sfide della modernità. L’apertura di Leone XIII porta all’affermazione di un rinnovato apparato ecclesiastico che ritrova, all’Esquilino, una localizzazione privilegiata, anche per la sua vicinanza al Laterano.
I francescani al Laterano. Il primo insediamento avviene con i francescani che vi realizzano la Casa generalizia ed il Collegio delle missioni. Costretti a lasciare la sede in Aracoeli sul Campidoglio, stabiliscono di erigere un solo organismo suddiviso tra Casa, Collegio e chiesa annessa, lungo via Merulana, nell’area di villa Giustiniani in corso di lottizzazione. L’architetto Luca Carimini viene incaricato dell’elaborazione del progetto e della direzione lavori. Il cardinale Parocchi benedice la posa della prima pietra della chiesa intitolata a Sant’Antonio di Padova, indicando come santo protettore san Francesco di Assisi. La localizzazione della chiesa alle pendici del Laterano, infatti, viene posta in relazione affettiva con san Francesco e con papa Innocenzo III che, in sogno, aveva visto il poverello di Assisi sostenere la basilica di San Giovanni, ossia la Chiesa madre della cristianità in procinto di cadere.
Un grandioso complesso. L’impresa Marotti & Frontini apre il cantiere il 16 aprile 1884. E’ la prima architettura religiosa di una certa importanza che si realizza a Roma dopo la Breccia di Porta Pia e c’è molta attesa nel mondo cattolico. I lavori, però, procedono con difficoltà, non soltanto di carattere finanziario, perché la costruzione “secondo l’idea dell’architetto”, si discosta spesso dal progetto approvato. Nell’agosto 1887, comunque, il Collegio è terminato e la Curia generalizia è in grado di trasferirsi nei nuovi ambienti. Il Collegio è formato da tre corpi che si sviluppano intorno alla chiesa che, a sua volta, con il lato corto su via Merulana, è incorporata al Collegio stesso, in un tutt’uno fuso ed armonioso. La cortina di mattoni e le finestre in travertino di entrambi gli organismi architettonici mimetizzano il portico sangallesco a cinque arcate, cui si accede mediante scale laterali. Il 28 settembre 1889 un decreto del re dichiara il Collegio ente morale per le Missioni apostoliche all’estero. L’inaugurazione solenne degli studi nel Collegio avverrà il 20 novembre 1890 con la speciale benedizione di papa Leone XIII Pecci che, particolarmente attento agli studi storici e filosofici, vuole così esaudire la richiesta del ministro Generale dell’ordine francescano, ricevendo in udienza l’intero corpo insegnante.
Carmelo G. Severino