Ultimo episodio del nostro viaggio gastronomico attraverso i cinque sensi: il gusto
(Numero 21 – Bimestre nov-dic 2018 – Pagina 15)
E finalmente, dopo aver esplorato i primi quattro sensi, siamo arrivati alla nostra tappa principale: il gusto. È questo il momento che attendevo da tempo per presentare il nuovo, strabiliante corso della rubrica Esquisito.
Una lettera inaspettata. Settimane fa mi ha scritto un personaggio un tempo famoso nel mondo del cibo tra Italia e Stati uniti. Simpatizzante della mia rubrica, della fantasia e amante del buon cibo, mi ha chiesto di scrivere insieme di “gusto”. Come dire di no? Lascio a lui la parola.
“Mi presento. Sono membro permanente del World Food Council, Presidente onorario della Health Psychological Food Ambassade, socio dello Human Neuropithelial Analysis Lab, mi è stata conferita una laurea ad honorem in Scienze Gastronomiche e ho rifiutato una cattedra di Analisi Sensoriale ad Harvard. Considero le mie competenze non trasmissibili.
Forbes ha parlato di me ritraendomi su sfondo rossastro con forcone, lingua biforcuta e svariati tra i “migliori” chef mondiali pestati sotto la mia scarpa.
Mi chiamo Papille e prima dell’incidente che mi è costato la lingua sono stato il più spietato dei critici gastronomici.
Sia ben chiaro, il nome Papille non è frutto di alcuna ironia della sorte.
In effetti avevo un numero di ricettori neuroepiteliali, o papille gustative, superiore alla media, attestato da analisi sottoscritte da un neurologo che, con l’aiuto di un otorinolaringoiatra, con dovuta cautela, ha stimato approssimativamente ottocentoquarantamila strutture neuroepiteliali attive sulla mia lingua. La media umana è ottomila, ero un fuoriclasse.
Un’ustione di quarto grado la lingua me l’ha portata via. Sciolta come burro, ha fuso con sè tutto ciò che avevo costruito. Su internet informazioni riguardo all’incidente dovreste trovarle per saziare la vostra inclinazione morbosa, quella che sta premendo ora tra cuore e fegato e che ha sensibilizzato le antenne di alcuni editori all’idea di una mia eventuale biografia.
E’ troppo presto. Sono stato dimesso mesi fa dopo quasi un anno di degenza al centro grandi ustioni.
A casa ho rovistato tra le mie carte, buttato all’aria gli appunti del lavoro che non avrei mai più potuto svolgere e sfogato la mia frustrazione smembrando premi e attestati di riconoscimento. Poi sono salito sulla sedia del mio studio, ho legato al lampadario una corda, quelle corde sottili ma resistenti, e ho calzato intorno al collo un cappio rudimentale.
Appeso, con le punte dei piedi pronte a cedere, ho assistito alla mia esistenza a ritroso nel tempo. Ho ricordato fino al giorno in cui compii sette anni. Il giorno in cui decisi di diventare un critico gastronomico. “Il critico gastronomico”. Il migliore, il più spietato.
Tutte le grandi scelte nascono da un trauma.
Papille non si è arreso una volta e non si arrenderà di certo ora. Ho sciolto il cappio, riordinato lo studio e iniziato a scrivere di nuovo.
Senza lingua, impossibilitato a percepire qualsiasi sapore ma con i ricordi ancora a galla, ho deciso di fondare la prima rubrica culinaria che non si occuperà di gusto ma batterà sentieri culinari mai percorsi.
E ho deciso di incamminarmi insieme ad Andrea”.
Verso un nuovo viaggio. Questo è Papille. Nome e cognome non li rivelerà. La sua scelta è di rimanere al mio fianco, proficuo ma invisibile mentre ci addentreremo nel cuore del gusto da strade inaspettate.
Emozionato per quanto scoprirò, anzi scopriremo, vi rimando al prossimo numero per poter gridare ancora: “Si parte!”
Andrea Fassi