Desideri inappagati, realtà e sua rappresentazione ai tempi del food-porn
(Numero 22 – Bimestre nov-dic 2018 – Pagina 15)
Sono Papille. Ex critico gastronomico cui Andrea ha ceduto questo spazio. Da questo momento in poi, vi mostrerò storia, inganni e verità del cibo. Senza vergogna. E se ancora non sapete nulla dell’incidente in cui ho perso la lingua, sfogliate il numero precedente del Cielo sopra Esquilino.
Food-porn. Partiamo dalla fine. Gourmet. L’evoluzione culinaria sommata al benessere sociale ha generato una nuova possibilità alimentare. Quella che santifica e demonizza, critica e narra, oscura e illumina il mangiare, rendendoci tutti esperti bongustai. È l’era in cui al cibo è accomunato, da lungimiranti pensatori, il porno. Perché in effetti, se il libero accesso alla pornografia ingrandisce vuote sacche di solitudine, il cibo si difende con altrettanta tenacia cercando di riempirle pur creandone di nuove. E in questa landa desolata, un pasto frugale diviene gourmet. Impreziosito di creatività e competenza genera nuove forme di piacere. Possiamo quindi immaginare, nell’eccellenza pornografica, un porno in 4k come il corrispettivo di un piatto gourmet.
E questo si evince già dalle parole di Rosalind Coward, femminista vintage che incontrai nel 1985 alla presentazione londinese del suo libro: “Female Desire: how they are sought, bought, and packaged” (Desiderio Femminile: come sono ricercate, acquistate e confezionate, n.d.r.). Rosalind approfondisce l’idea che cucinare e presentare un piatto in maniera gradevole, sia un atto di amore, un gesto di apertura, e per questo esso diventa desiderio. Ed è vero.
Tuttavia, da questo assunto, potenti immagini del cibo dagli anni ottanta fino ad oggi si sono fatte strada, affinando colori e forme, dando vita ad un vero e proprio stimolo sessuale nel desiderare una versione reale di ritratti culinari succulenti. Rendendoci al pari di adolescenti che, chiusi in camera ricoperti di porno, comprendono che non troveranno mai nessuna relazione tra video e realtà.
Il cibo-feticcio. Il desiderio è vero, parte dalla vista. Poi arriva agli altri sensi, ma è la vista che ci permette di desiderare.
E oggi il cibo, ancor prima di raggiungere le papille gustative, diventa un feticcio da osannare e desiderare, da fotografare e guardare nudo in ciotole sbrodolate, sexy su un piatto bianco per esaltarne forme e malizia, erotico da condividere, sfocato o illuminato da luci artificiali, opacizzato per neutralizzare ogni forma di imperfezione. Desiderato al pari di modelle in tacchi alti, su gambe sode e lingerie, tra curve siliconate che ci inzuppano di fantasie più perverse, irraggiungibili nella realtà.
E lo conferma Joel Schumacher nel suo capolavoro “Un giorno di ordinaria follia” nel 1993, in un interessante riferimento all’irraggiungibile perfezione del cibo e la conseguente frustrazione del mal capitato. È magnifica la scena di uno sgomento e stanco Michael Douglas, ormai consapevole che il croccante, suntuoso e saporito cheeseburger della foto nel fast food in realtà non è altro che un panino un po’ sbiadito, tra smagliature e incongruenze. Giusto, quindi, che il nostro Michael imbracci il fucile per combattere l’abisso che va lacerandosi tra realtà e rappresentazione. Vuoto in cui tutti finiamo per essere ingoiati, nell’impossibilità di trovare un piacere reale corrispondente totalmente all’immaginario che fotografie e video ci propongono.
Un desiderio inappagato. Il desiderio non ancora soddisfatto è condito inevitabilmente di maggiore immaginazione, rispetto a un desiderio, sessuale o culinario, esaudito.
È così che il porno alimentare nutre la nostra avidità. Il desiderio e l’impossibilità frustrano l’animo, relegandoci ai nostri istinti primordiali inespressi. Questo ci rende soli, ci porta spesso a dimenticare il valore del cibo come il valore del nostro partner.
In particolare, ora che il quotidiano si sta spostando nel virtuale, il cibo e il sesso sono l’esempio di come i nostri istinti sessuali siano sempre più vincolati al mondo dell’immaginario. Creano in noi attese che, come per il povero Michael Douglas, non saranno mai soddisfatte, riducendoci a portatori sani di frustrazioni. Schiavi di una rabbia generata dalla consapevolezza della stupidità nel credere che l’immaginario possa soddisfare dei bisogni, quando invece crea necessità sempre più profonde.
L’Italia resiste. Il cibo è il nuovo sesso, la nuova droga, l’ultimo vizio ammesso in questa epoca mondiale di onanismo culinario, dove è possibile gustare pesce crudo su corpi di donne nude.
Sferzata da tempeste ormonali, l’Italia si tira a lucido e resiste, perché in fin dei conti è un piccolo punto interrogativo che si allunga dall’Africa settentrionale all’Europa meridionale, ricca di donne stupende e cibo meraviglioso.
Andrea Fassi