Tanti ragazzi diedero la vita per la libertà. La loro storia non è ancora conosciuta come dovrebbe
(Numero 24 – Bimestre mar-apr 2019 – Pagina 6)
Il 15 Gennaio scorso è stata collocata in via Gioberti 47 una pietra d’inciampo in onore di Carlo Del Papa, ucciso non ancora quattordicenne dai nazisti il 10 settembre 1943 nel tentativo di opporsi all’occupazione di Roma.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la vergognosa fuga del re, di Badoglio e di tutti i vertici militari e politici dalla Capitale causò un disorientamento generale nell’esercito italiano che, privo di direttive, non seppe affrontare nel modo adeguato la prevedibile reazione dei tedeschi, non più alleati, che da tempo avevano approntato un piano per l’occupazione della città. Nonostante il rapporto di forze fosse nettamente a favore degli italiani, le nostre truppe ben presto capitolarono. Tanti romani però, di tutti i ceti sociali, non vollero subire l’occupazione senza fare nulla, ma, armati come potevano, parteciparono alla lotta proprio nel momento in cui le strutture statali stavano miseramente cedendo. Tutto il territorio urbano fu coinvolto negli scontri che, in soli tre giorni, causarono centinaia di vittime, molte mai identificate.
L’apporto dei giovani. Alla Stazione Termini si sparò fino alla sera del 10 settembre. Qui, come in altre parti della città, ai soldati si affiancarono i civili, di cui molti giovani.
“Anche in Piazza dei Cinquecento, racconta Mimmo Spadini – sergente del Genio che ci si è trovato – si è combattuto per tutto il pomeriggio. Pochi soldati della sua compagnia, ufficiali e soldati senza reparto, borghesi, ragazzi da sotto il porticato della stazione, dal giardinetto dirimpetto, da dietro i mucchi di selci della piazza in riparazione, sparavano contro le finestre e la terrazza dell’albergo Continentale e delle case vicine di cui i tedeschi che ci abitavano, avevano fatto un caposaldo.” (da Paolo Monelli, ‘Roma 1943’).
L’apporto dei giovani e giovanissimi ai combattimenti fu sicuramente importante; è un aspetto da non sottovalutare, considerando che facevano parte di una generazione istruita nelle scuole del regime fascista e priva degli odierni mezzi di comunicazione.
“I ragazzi erano i più tranquilli, adolescenti di quindici-diciassette anni, con pistoloni trovati chissà dove, moschetti abbandonati dai soldati; altri disarmati facevano servizio di staffetta, stavano accanto ai tiratori indicando il bersaglio: “Ecco Sergè, spareno da quella finestra”. Ogni tanto uno di quei ragazzi cadeva colpito. Il tiro dei tedeschi era maledettamente azzeccato. Correvano fuori dagli alberi le donne, raccoglievano il ferito, lo portavano a Piazza Esedra dove c’erano carretti che facevano servizio di sanità. Spadini vide morire uno di questi ragazzi, colpito mentre inginocchiato indicava una finestra: non fece un grido, si accasciò su un fianco, distese adagio adagio le gambe, non si mosse più” (op.cit.).
Martiri adolescenti. La storia di questi ragazzi, che pagarono con la vita la scelta di lottare per la libertà, non è stata ancora raccontata e divulgata come dovrebbe.Tra questi martiri, possiamo ricordare alcuni adolescenti che parteciparono alla disperata difesa di Roma, iniziando di fatto la lotta partigiana in Italia.
Ugo Cotan, di 16 anni, penetrato nell’Aeroporto di Centocelle, riuscì ad incendiare tre aerei sotto il fuoco dei tedeschi di guardia poi, colpito, coprì la ritirata dei suoi compagni fino alla morte.
Antonio Calvani, di 16 anni, scappato di casa, si unì ai soldati di Porta San Paolo. Un ufficiale dei Granatieri vedendolo con indosso una tuta da meccanico gli intimò di tornare a casa dalla madre. Per tutta risposta, presa una giacca militare ad un caduto (particolare simbolico in un momento in cui parecchi facevano a gara per disfarsi delle divise), continuò a combattere finché non fu colpito a morte.
Maurizio Cecati, 17 anni, ferito da una raffica di mitra il 10 settembre, si trascinò fino a che, ripresa un’altra arma la puntò contro il nemico al grido “morte al tedesco” cadendo subito dopo.
Nello Di Mambro, ucciso il giorno del suo diciottesimo compleanno.
Salvatore Lorizzo, ferroviere diciottenne, anch’egli morì in via Gioberti nel tentativo di difendere un autoblindo italiano.
Carmelo Coco, nato nel 1924, fu ferito mortalmente a Largo Brindisi nel tentativo di contrastare l’entrata dei nemici da porta San Giovanni.
Con Carlo Del Papa sono sette caduti, i più giovani tra i tanti.
Una stele per ricordare. Per questi ragazzi, l’Associazione Patrizia Leonardi – oltre a svolgere una lodevole operazione di divulgazione delle loro storie nelle scuole – da anni cerca di far erigere un monumento, ‘La Stele del Silenzio’, dello scultore Salvo Fortuna, a Porta San Paolo, centro dei combattimenti.
Il ricordo delle storie esemplari di Carlo e degli altri sei giovani, ma anche di quelli rimasti purtroppo sconosciuti, dovrebbe essere coltivato meglio dalle Istituzioni cittadine. Dopo oltre 70 anni, infatti, Roma non ha ancora dato il giusto riconoscimento a questi eroi che cercarono di difendere la città dall’aggressione nazista, riscattando in qualche modo l’onore nazionale.
Il loro esempio sia sempre da insegnamento per tutti i giovani di oggi, affinché possano comprendere quanto sia costata la conquista della libertà e della democrazia.
Paolo Del Papa