Lo scorso 11 gennaio al Pilo Albertelli si è tenuta una cerimonia che ha avuto risonanza nazionale. Abbiamo chiesto a Claudia De Cupis, direttrice del giornale d’istituto, di scriverne per i nostri lettori
(Numero 24 – Bimestre mar-apr 2019 – Pagina 8)
Come ormai da un po’ di tempo, anche quest’anno si è tenuta la fatidica notte nella quale i Licei Classici di tutta Italia hanno aperto le loro porte per far conoscere e divulgare la cultura classica in ogni sua forma. Teatro, arte, musica, fisica e poesia hanno ripreso magicamente vita, lasciando naufragare dolcemente gli animi e le menti di chi in quella serata ha preferito un carme catulliano o l’enunciazione di qualche poesia alla comoda poltrona di casa.
Ma cos’è la ‘Notte dei licei’? Alessandro Rubino, redattore del giornale scolastico Ondanomala, la definisce “Un’occasione per incontrarsi e familiarizzare con le attività della scuola”. Chi rende possibile il tutto? Chi permette che le tanto discusse lingue morte non passino definitivamente a miglior vita? Questo compito è svolto dai ragazzi che hanno deciso di intraprendere l’impegnativo, ma oltremodo bello, percorso di studi classici e che in quelle poche ore notturne hanno voluto mettersi in gioco per dimostrare quanto possa essere bello fare un tuffo nel passato.
Un giuramento contro la violenza. In particolar modo quest’anno, il Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma, che sorge sul colle dell’Esquilino, si è distinto da tutti gli altri Istituti per aver ospitato un evento senza alcun precedente nella storia: un giuramento contro ogni forma di violenza. L’iniziativa, rifiutata da altri licei di Roma, ha trovato un terreno fertile al Pilo Albertelli per la sua già nota fama d’istituto anti-fascista, non solo perché dedicato a una delle più importanti figure della resistenza italiana, ma anche per l’instancabile lavoro degli studenti in iniziative di commemorazione a sfondo storico.
Il giuramento, svoltosi come una sorta di performanceartistica, vede la sua ideatrice nell’artista concettuale romantica Marina Rapone, già nota per il suo instancabile impegno nelle iniziative contro la violenza sulle donne e per il suo sentire artistico, che l’ha resa una vera e propria ‘outsider’ dell’arte. L’evento, sviluppatosi solo dopo un percorso tra quadri viventi, che hanno conferito al liceo ancor più l’aspetto di un museo (l’istituto ospita collezioni di materiali e dispositivi, scientifici e non, del 1800), in quanto alla sua eccezionalità, ha destato pareri discordanti tra gli studenti albertelliani.
Pareri contrastanti. L’opinione si è divisa tra chi ha ritenuto il giuramento un qualcosa d’innovativo e fuori dal comune, e chi invece, ha trovato un’ulteriore conferma della deriva, almeno parziale, dei valori e dell’arte, alla quale stiamo assistendo nella società di oggi.
“Secondo me, è stata un’occasione per dire ancora una volta un no alla violenza e a tutto ciò che la riguarda. I temi che sono stati trattati purtroppo sono attuali e ritengo che nel 2019, la violenza non debba esistere. Stringiamoci tutti in un unico sentire, auspicando un futuro migliore!”, sostiene Federico Tonini, e ancora “La performance sul tema della violenza è stata particolarmente suggestiva!”, dice Alessandro Rubino. Critiche invece arrivano da altri che sono dell’idea che “Abbiamo perso l’importanza e la solennità dell’atto di giurare. […] Non credo che questo possa essere relegato a un’art performance”, mentre alcuni dicono “Mi stupisco con quanta superficialità possa essere stato trattato l’argomento della violenza. Ci dovremmo sforzare di ricordare che la grandissima parte degli eventi storici è basata sulle guerre e proprio sulla violenza, della quale ora con pressappochismo stiamo facendo abiura!”
L’importanza dei gesti e delle parole. Come ben sappiamo, ogni lavoro artistico genera pareri positivi e negativi, lodi e critiche, ma trova la sua forza nella ragione di essere in quanto arte. Tuttavia, in merito ad un argomento, purtroppo così vicino a noi, urge riflettere. Questo giuramento rifiuta ogni forma di violenza, quindi abbraccia sia gli atti di bullismo all’interno delle scuole e di omofobia, sia il conflitto armato che vede popolazioni combattersi in nome di un ideale, donandoci una vasta gamma di brutalità, i cui esempi nel migliore dei casi si trovano agli antipodi. Il movimento pentastellato dalla Commissione Cultura del Parlamento sostiene che quest’art performancepossa contribuire al consolidamento di “valori profondi come la solidarietà e l’inclusione sociale”, ma abbiamo la certezza che un giuramento in un liceo classico possa dare inizio a un impegno generale contro la violenza, quando il nostro governo suggerisce continuamente esempi di razzismo, intolleranza e prevaricazione? Siano bastevoli come esempi la questione migrati o l’inizio del pesante ostruzionismo nei confronti dell’omosessualità. La speranza di questo giuramento è nei giovani e in un domani florido e pacifico al quale la scuola ha l’obbligo di educare; tuttavia, non bisogna dimenticare l’importanza dei gesti e delle parole, che se usati con superficialità possono ingenerare incomprensioni, in questo caso semplice buonismo.
Claudia De Cupis