Un locale storico dove, grazie all’esperienza e alla tradizione, nascono ancora nuove ricette. Chi ci andava da piccolo, insieme ai genitori, conserva negli anni il desiderio di tornare
(Numero 56 – Bimestre nov-dic 2024 – Pagina 14)
L’aspetto non è quello delle tipiche pizzerie o trattorie romane. La luce filtra attraverso i vetri colorati della porta e delle finestre. All’interno, tavoli, sedie e panche di legno in stile rustico. Le pareti, anch’esse ricoperte di doghe in legno, ospitano collezioni cresciute nel tempo: bamboline in vestito tradizionale, vassoi, sottobicchieri, cartoline e stampe di Roma sparita. «Le tavole alle pareti le mise mio marito Roberto, con le sue mani. Fece lui anche l’impianto elettrico», racconta la signora Teresa, «era il 1980 e dovevamo rinnovare il locale per trasformarlo in pizzeria e birreria. Di ritorno da un viaggio in Sud Tirolo, ci siamo ispirati nello stile».
La mamma di Teresa ereditò la licenza nel ’57, ma il locale ospitava un’osteria con cucina già dalla fine dell’800. Lei, anziché continuare con gli studi, scelse di lavorare fin da quando aveva dodici anni. Agli inizi si mangiava per turni, a mezzogiorno gli operai con la minestra e un bicchiere di vino, poi gli impiegati a menù fisso, infine i funzionari, che ordinavano alla carta. Nel corso degli anni la pizzeria, che dal 2000 è tornata a fare anche cucina, è sempre rimasta un punto di riferimento del rione. Il rapporto con i clienti è personale più che commerciale. Quando Teresa vedeva dei bimbi, offriva loro sempre un piccolo giocattolo. Quando i clienti più affezionati tornavano da qualche viaggio, portavano altre bamboline per alimentare la collezione.
I clienti non sono mai mancati. Sia perché vengono accolti come in famiglia, sia perché si mangia bene. Teresa ci tiene a raccontare la provenienza di tutte le materie prime, dalla pasta (Armando per la secca e Papi per la fresca), alla mozzarella (Francia), alla birra (Forst cruda, spillata da un impianto interamente in rame). Ci tiene anche a sottolineare che i prodotti vengono lavorati sul posto. In particolare, supplì, fiori fritti e filetti di baccalà. Le poche eccezioni, dove possono essere previsti prodotti surgelati, sono naturalmente segnalate sul menù. I dolci sono fatti a mano da lei, senza far uso di ricettari. Vengono cotti ogni pomeriggio nello stesso forno a legna che viene poi, la sera, utilizzato per le pizze. Gli strudel, le torte ricotta e cioccolato, le torte ebraico-romane con ricotta e visciole, le crostate di visciole, di frutta, i creme caramel.
La cucina, i dolci, le pizze, i Teresielli
Nella Pizzeria Galilei è nato anche un nuovo tipo di pasta fatta in casa, i Teresielli, una sorta di maltagliati con un impasto piccante che vengono poi serviti con un condimento di melanzane, zucchine e pomodorini. Il piccante ammorbidisce il dolce delle verdure. Chi li apprezza solo qui può mangiarli.
La pizza è la tipica romana, sottile e croccante. I condimenti, abbondanti, sono per lo più quelli classici, ma includono anche qualche particolarità. Solo come esempio, quella della casa, la pizza Galilei, oltre a pomodoro e mozzarella, prevede un uovo aperto, funghi, carciofini, olive, e viene ricoperta di prosciutto.
Teresa ne è cosciente e lo dice con un pizzico di tristezza: i figli hanno scelto altre strade, quando lei e Roberto decideranno di smettere, la Pizzeria Galilei non ci sarà più. Anche se qualcun altro continuerà magari a fare ristorazione tra queste mura, sarà l’inizio di una storia nuova e differente.
Riccardo Iacobucci