Il finalista del Premio Strega 2015, Nicola Lagioia, abita all’Esquilino da anni. Per il rione non risparmia critiche. Così come per il Comune che da tempo sventola “bandiera bianca”
(Numero 1 – Bimestre mag-giu 2015 – Pagina 4)
Recentemente sulla stampa hai espresso giudizi molto critici sull’Esquilino. Non pensi che si stia muovendo qualcosa? Per esempio grazie alla progettazione partecipata di Piazza Vittorio e Via Carlo Alberto?
E’ un segnale ma io sono sempre per l’etica dei risultati rispetto a quella delle intenzioni, per quanto buone. Per ora l’Esquilino è una delle grandi occasioni sprecate di Roma.
Quali devono essere le priorità per favorire la riqualificazione del rione?
Il mio pessimismo è alimentato dalla mancanza di piccolissimi segnali. Faccio un esempio. Basterebbero due bagni chimici a piazza Vittorio per evitare lo spettacolo penoso a cui assiste chiunque passi di lì. E poi certo, tutto quello che scrivete (dal riordino del commercio alla pulizia, all’aiuto agli indigenti ecc.) sarebbe benvenuto. Ma non lo vedo ancora tradotto in realtà percepibile.
Di recente si sta assistendo alla nascita di nuove associazioni che organizzano eventi culturali, sportivi, di commercio solidale per contribuire alla riqualificazione del rione. Pensi possano essere utili a sviluppare un maggior sentimento di comunità?
Sì, certo. Basti pensare ai Piccoli Maestri o a ciò che fa da anni l’Apollo 11. E poi ce ne sono tante altre. Gli sforzi però sono depotenziati se non trovano istituzioni pronte a togliere lacci e laccetti. Il Comune non ha un soldo. E’ sommerso dagli scandali e corroso dal marciume. Sventola bandiera bianca da tempo e l’esercizio più alto che riesce a fare è giusto una decente curatela fallimentare di se stesso. Dare spazio e coordinare le associazioni dei cittadini, che sono invece piene di energia, mi pare l’unica strada per cambiare qualcosa. Bisogna vedere se saranno più forti la buona volontà delle istituzioni o la potenza cancerosa della burocrazia.
Pensi che la forte presenza di comunità straniere sia una risorsa per il rione?
Una delle grandi scommesse perse dell’Esquilino è il naufragio della mescolanza etnica in un quadro condiviso. Se diventasse un quartiere in cui il multiculturalismo e il multilinguismo fossero bacini a cui tutti reciprocamente fossero in grado di attingere in modo virtuoso, diventeremmo un esempio (e un laboratorio) non di portata nazionale, ma europea. Ma quando la presenza delle comunità straniere si traduce in cento negozi tutti uguali, non arredati, messi in fila uno dopo l’altro, orientati tutti verso la medesima categoria merceologica, appartenenti tutti alla stessa cultura, in apparenza fuorilegge, in grado di alimentare una bolla speculativa che impedisce agli altri la possibilità di affittare in zona un locale con una diversa destinazione e vocazione, questo non è multiculturalismo ma il suo perfetto opposto. Dunque bisogna ripensare ogni cosa, secondo me.
Maria Grazia Sentinelli, Paola Romagna