Numero 32 – Bimestre set-ott 2020 – Pagina 5
Noto in Italia come il traduttore di Banana Yoshimoto e di Haruki Murakami, Giorgio Amitrano risiede da tempo nel rione. Ordinario di letteratura giapponese, è stato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo
Cosa vuol dire essere amico di un giapponese? Si dice che la gentilezza dei giapponesi sia solo una maschera, pensa sia vero?
Per me essere amico di giapponesi è come essere amico di italiani o di persone di altre nazionalità. Non ho mai avvertito delle particolari difficoltà nell’instaurare rapporti di amicizia con loro, le differenze culturali se mai rendono il rapporto più interessante. Vi è una capacità di empatia più profonda proprio perché meno dichiarata e più silenziosa. Non penso che la loro gentilezza sia solo una facciata, ma certo è anche legata a un’educazione che porta a rispettare l’altro e a osservare delle regole formali. La vita quotidiana è resa più piacevole dal fatto di essere trattati con cortesia e rispetto in ogni situazione. Un italiano in Giappone deve solo prestare attenzione ai loro usi e tentare, per quanto possibile, di adattarsi al loro stile di vita.
Ha portato Haruki Murakami in Italia rendendolo, con le tue traduzioni, uno scrittore seguitissimo. Peraltro, è uno dei più osannati scrittori giapponesi all’estero. Lo è anche in patria?
Murakami è famosissimo in patria, il Giappone è il paese al mondo in cui vende di più. Basti pensare che solo ‘Norwegian Wood’ ha venduto 4 milioni di copie. Naturalmente ciò non vuol dire che sia amato da tutti: per esempio parte della critica tradizionale lo snobba, ma questo succede in tutto il mondo con gli autori di best seller.
Perché proprio ‘Norwegian Wood’, il suo libro più giapponese per le tematiche trattate, è stato scritto a Roma?
Murakami ha scritto ‘Norwegian Wood’ in parte in Grecia in parte a Roma, dice che trovarsi in un ambiente estraneo lo aiuta a concentrarsi. Pare purtroppo che la sua esperienza in Italia non sia stata molto felice… Per fortuna invece Banana adora l’Italia, ci è tornata molte volte e ne parla spesso nei suoi libri. Uno dei suoi ultimi racconti, ancora inedito in Italia, si svolge tutto all’Esquilino!
Ha scritto un libro su Yasunari Kawabata uscito solo in Giappone. Alcune opere di Kawabata, come ‘La casa delle belle addormentate’ e ‘Bellezza e tristezza’, trattano argomenti che in Italia potrebbero essere considerati immorali. È normale trovare tali temi nella letteratura giapponese antica, contemporanea e moderna?
I temi dell’amore e dell’erotismo sono molto presenti in tutta la letteratura giapponese, dalle origini ai giorni nostri, anche se nel corso dei secoli i modi di esprimere sesso e sentimento sono molto cambiati. Vi sono molte opere di autori tra i più illustri che li trattano e generalmente non suscitano scandalo. Proprio Kawabata, come hai giustamente ricordato, ha trattato ampiamente il tema dell’erotismo, ma forse per lo stile poetico con cui l’ha fatto, non ha mai destato scandalo. Diverso è il caso di Tanizaki. Le sue opere, in cui il sesso è trattato senza inibizione, sono state a più riprese denunciate per immoralità. Ma oggi direi che gli scrittori giapponesi possono esprimersi in piena libertà. Vi sono se mai restrizioni nella rappresentazione del nudo, nella fotografia, nella cinematografia e nell’arte. È un paradosso perché il tabù del nudo non appartiene alla tradizione giapponese: si tratta di un’influenza europea, penetrata in Giappone quando il Paese si è aperto all’Occidente dopo due secoli di quasi totale chiusura verso l’esterno. Ci sono oggi autori come Natsuo Kirino che descrivono un Giappone duro e cattivo, dove gli abusi, i soprusi e le violenze sono all’ordine del giorno. Il Giappone non è solo il Paese dell’efficienza e dell’inchino ma possiede anche le sue zone d’ombra, anche se sicuramente meno evidenti che altrove.
Per concludere: cosa lega all’Esquilino un marchigiano che lavora a Napoli? Come mai ha scelto di risiedere in questo particolare rione di Roma?
Sono in realtà marchigiano solo di origine, avendo vissuto a Jesi solo da piccolissimo. Quindi sono più napoletano, e ormai nel cuore anche un po’ giapponese. Ho scelto l’Esquilino perché lo trovo un quartiere comodo, accogliente, perché mi piace l’atmosfera multietnica, e anche perché, facendo una vita da pendolare tra Roma e Napoli, mi fa molto comodo abitare vicino alla stazione.
Mario Carbone