Numero 33 – Bimestre nov-dic 2020 – Pagina 2
La manutenzione delle strade cittadine, divise tra principali e secondarie, riguarda sia i municipi, sia l’amministrazione capitolina. E per i cittadini è spesso difficile individuare le responsabilità
Una sera, qualche tempo fa, rientrando in casa, camminava davanti a me una signora con sporte e pacchetti. Il buio della sera era rischiarato da fiochi lampioni di vario disegno (a lanterna, a globo, a plafoniera…) coperti dai rami degli alberi. A quattro passi da me, la signora è crollata in terra. Pacchi e pacchetti si sono sparpagliati intorno alla buca nella quale era caduta, e ha lanciato un grido: «Ma li mortacci tua!».
Ho aiutato la signora a rialzarsi, aveva un forte dolore alla caviglia e cercando di aiutarla mi sono dimenticato di domandarle a chi avesse detto i morti. Ci ho pensato a lungo: forse al sindaco o alla presidente del Municipio, o forse ai titolari dell’impresa che aveva fatto gli ultimi lavori. O ancora ai vigili urbani che non avevano segnalato il pericolo, o a tutti i responsabili di questo degrado e a chi non è stato capace di fare solleciti interventi di riparazione. Troppa gente! E ciascuno risponderebbe che non gli compete, che non è compito suo, fino alla risposta assolutoria: «Ma che vuoi pretendere se si vincono gare con il 50% di ribasso?» Con questi prezzi, i lavori sono fatti con materiali scadenti e messi in opera da maestranze poco preparate e mal pagate.
Il sistema attuale non funziona, bisogna cambiare il modo di operare
Le buche sono la causa di incidenti che aprono un enorme contenzioso per danni tra cittadini e Comune. E con la diffusione della micromobilità delle due ruote – dei monopattini e affini – gli incidenti aumente-ranno ancora.
Sono anni che il Comune lotta contro le buche, ha chiesto aiuto a specialisti quali le Autostrade, a grandi costruttori, a grandi imprese e piccole cooperative, all’università, alla tecnologia per il loro rilevamento (per esempio col sistema Girò, fondato su giroscopi e livelle elettroniche), e all’innovazione nel manto stradale e nel tappetino di usura (usando materiali ricavati dai vecchi pneumatici o materiali inerti degli inceneritori dei rifiuti solidi urbani). Niente da fare: le buche restano, i sampietrini (do-ve ci sono) si af-fossano e si allontanano gli uni dagli altri come i denti di certi vecchi.
I rattoppi sono pezze peggio dei buchi. E quando piove, tra buche e caditoie otturate, i pedoni si devono riparare dall’acqua di terra più che da quella del cielo.
È attribuita ad Einstein la frase che è stupido ripetere decine di volte lo stesso esperimento sperando di ottenere risultati diversi. La stessa cosa è per le buche: così come fatto fino ad ora non va. E ancora, è stupido fare piccole modifiche o adattamenti a pratiche che non funzionano: bisogna cambiare tutto avanzando una nuova teoria e un nuovo modo di operare.
Ogni buca c’ha li mortacci sua
La signora che quella sera mi era caduta davanti, dovrebbe sapere a chi vanno indirizzati i mortacci. Se è una strada importante, l’indirizzo è Roma Capitale, se ‘secondaria’ è quello del Municipio.
Ogni buca ha un padrone e questo padrone ne è responsabile. Per essere responsabile, il padrone deve avere potere e capacità d’intervento. Potere significa avere soldi, capacità significa saper intervenire. Se il Comune non vuol dare fondi che i Municipi possano gestire in maniera autonoma, faccia direttamente le gare di affido lavori, con proprio capitolato e proprio personale, e lasci al Municipio la scelta di dove e quando intervenire. È necessario che il Municipio abbia completa autonomia non nella destinazione dei fondi, ma delle opere. Un passo successivo è che il Municipio abbia responsabili settoriali (per il decoro, per la nettezza urbana, per la segnaletica stradale, per le buche, ecc.) per ciascun rione o quartiere. Il cielo sopra l’Esquilino è uno spicchio dei sette cieli che compongono il Primo Municipio. E il Primo Municipio è una porzione della volta celeste del cielo di Roma Capitale. Possibile che non siano in grado di gestire le proprie buche?
Carlo Di Carlo