Le origini della basilica mariana sono ammantate dalla leggenda
(Numero 37 – Bimestre set-ott 2021 – Pagina 6)
Se volessimo paragonare l’Esquilino ad una parure, allora il suo gioiello più prezioso sarebbe la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, la prima basilica al mondo dedicata alla Vergine, chiesa figlia di quel concilio di Efeso (431) che riconosceva Maria madre di Dio.
La tradizione narra che nella notte del 5 agosto 358 la Madonna apparve in sogno a papa Liberio e a Giovanni, un patrizio romano, invitandoli a costruire una chiesa là dove al mattino avrebbero trovato la neve. Al risveglio, il mattino del 6 agosto, si scoprì che una prodigiosa nevicata aveva ricoperto un’altura del colle Esquilino, confermando la visione e inducendo il papa e il ricco patrizio ad avviare la costruzione del primo grande santuario mariano, che prese il nome di Santa Maria della neve.
Di questa genesi, storia o leggenda che sia, si può trovare traccia nei mosaici del loggiato che ne descrivono le scene in forma quasi fumettistica e, ancora oggi, il 5 agosto di ogni anno nel piazzale antistante la basilica di Santa Maria Maggiore, si celebra la rievocazione del miracolo della Madonna della neve.
Architetture stratificate nel tempo, che creano una suggestione senza eguali
Il romano o il turista che si trovasse a passare per la prima volta davanti alla basilica rimarrebbe affascinato innanzitutto dalla magnifica facciata barocca settecentesca, opera dell’architetto Ferdinando Fuga, composta da due palazzi gemelli posti ai lati ed un portico centrale sovrastato da una loggia a tre arcate, che copre l’antica facciata, e dalla colonna posta nella piazza antistante proveniente dal circo di Massenzio alla cui sommità è posta la statua della Vergine.
Costruita sopra un’antica villa romana, Santa Maria Maggiore come la conosciamo, a parte le aggiunte di epoca barocca ed ulteriori piccole modifiche, viene riedificata (od edificata visto che non ci sono prove certe che quella Liberiana sia mai stata costruita) tra il 432 ed il 440 da Papa Sisto III.
L’interno, dalle forme regolari, è costituito da due file di colonne ioniche di recupero che creano tre navate. La navata centrale sfocia in un magnifico abside ed il senso di geometricità viene esaltato dalla larghezza simile all’altezza. Il transetto venne aggiunto nel dodicesimo secolo.
Alzando gli occhi è impossibile non rimanere affascinati dal rinascimentale tetto a cassettoni intagliato che sostituì l’originale a capriate. L’oro per la doratura si dice sia arrivato dalle Americhe con i primi carichi, omaggio di Isabella la cattolica e Ferdinando d’Aragona al Papa spagnolo Alessandro VI Borgia.
Originari del quinto secolo sono anche i mosaici dell’arco trionfale, con storie della vita di Cristo, e la parte tra il muro e le finestre, con racconti tratti dall’antico testamento.
Questi mosaici, contemporanei alla costruzione della basilica, rappresentano la Vergine nelle vesti di una matrona romana, una regina seduta su un trono, ed il bambino Gesù come un futuro imperatore, in una raffigurazione ben lontana da quella natività in povertà a cui siamo stati abituati nel nostro immaginario moderno, quasi a dover creare per quella religione, al tempo ancora vista come una novità, un racconto che si addicesse ai fasti dell’antica Roma.
Compiendo un salto di otto secoli, ecco che l’abside viene rivestito da un nuovo mosaico, creato da Jacopo Torriti nel 1295, raffigurante l’incoronazione della Vergine. Lo stile è molto diverso dai mosaici del periodo paleocristiano, le vesti ed i caratteri somatici ricordano l’iconografia ed il simbolismo cristiano a cui siamo oggi abituati e risultano quindi più facilmente intellegibili ai nostri occhi. Ma nonostante questa supposta modernità non mancano i riferimenti classicheggianti ed ellenistici alla natura ed alle creature che la abitano.
Uno scrigno ricco di gioielli
Vittime della tirannia degli spazia disposizione, siamo ben consapevoli che una descrizione maggiormente accurata di questo magnifico luogo di culto dovrebbe includere anche, per lo meno, il presepe di Arnolfo di Cambio, il Battistero con la magnifica tazza di porfido rosso ed il rilievo dell’Assunta – opera di Pietro Bernini padre di quel Gian Lorenzo di cui troviamo nella basilica alcune opere e la tomba ove giace – la sacra culla e le cappelle contenenti un’immensa mole di opere d’arte e, all’esterno, la stupenda scalinata lato abside. Ci sarà sicuramente spazio, in futuro, per ulteriori approfondimenti.
Mario Carbone