Piazza Vittorio pullula di piante alloctone… Ma cosa sono e che impatto possono avere?
(Numero 46 – Bimestre mar-apr 2023 – Pagina 6)
Nel corso dei secoli il mondo ha conosciuto diverse invasioni. Sono tanti i popoli che si sono spostati dalla loro regione di origine ad un’altra, portandosi appresso la loro sete di conquiste, le loro abitudini, la loro religione, la loro diversità.
C’è un invasore che non desta il clamore che destarono i saraceni o i vichinghi, ma seppur silenzioso conduce giornalmente battaglie sotto i nostri occhi contro delle armate altrettanto silenziose che si difendono anche a suon di armi biochimiche, di alleanze complesse, di battaglie aeree e di adattamenti. Pochi se ne sono accorti, eppure questa armata silenziosa ha già invaso piazza Vittorio e gran parte dell’Esquilino, di Roma e del Lazio. È un esercito immobile, eppure capace di arrivare all’altro capo del mondo. Sto parlando delle piante alloctone invasive, cioè piante che hanno un’origine diversa dal nostro paese e che sono in grado di invadere i nostri ecosistemi, entrando in competizione con le piante nostrane.
Il giardino Calipari ospita una flora
proveniente da tutto il mondo
Un occhio inesperto potrebbe credere che le piante siano tutte uguali, seppur percependo delle differenze nell’altezza, nella forma delle foglie, dei frutti o dei fiori. Uno più esperto arrivando a piazza Vittorio noterebbe subito quella cintura di ippocastani (provenienti dai Balcani) che la circonda, quel cedro (dalle montagne del nord Africa) imponente che sovrasta la piazza, quei platani (ibrido specie dell’est Europa e specie americana), adesso spogli, che sembrano guardarti dall’alto, o quelle palme raggruppate che si protraggono verso il cielo come gli alberi delle barche in porto.
Una volta entrato nel parco, l’inesperto apprezzerà il verde e, in certi periodi, i fiori che vi si trovano. L’appassionato di botanica vedrà nella pianta uccello del paradiso e nelle altre presenti un museo che espone reperti dal mondo. Sarebbe tutto molto bello se non fosse che questi reperti, in condizioni ottimali, sono in grado di moltiplicarsi disseminando al vento e alla pioggia semi o spore adatti a spostarsi anche di centinaia di chilometri. Con le temperature crescenti, oggi diverse specie alloctone sono in grado di riprodursi, mentre fino a qualche anno fa non lo erano.
Nel mondo vegetale si combatte ogni giorno
una cruenta lotta per la sopravvivenza
Le piante hanno una storia, da esseri viventi immobili che però sono in grado di percepire e di adattarsi all’ambiente. Le piante competono in modo attivo per lo spazio, per l’acqua e per la luce. In una foresta, guardando verso l’alto, potremmo vedere come gli alberi più alti delimitino il loro spazio fogliare per cercare di assorbire più luce possibile, cercando di rubarla a chi sta sotto o vicino. Ciò che non vediamo è una lotta con molti colpi bassi, come l’uso di sostanze tossiche che uccidono i propri competitori (sotto gli eucalipti non cresce niente perché rilasciano sostanze velenose per le altre piante) e le alleanze che una pianta può fare con animali per battere i propri concorrenti, come tra fiori e impollinatori (insetti, mammiferi, uccelli e pipistrelli).
Le specie ‘aliene’ possono
arrecare anche gravi danni
Ci si può chiedere come questo impatti sulle nostre vite e ci sono tre aspetti da considerare.
Filosofico/etico: perché dovremmo svantaggiare la fauna e la flora locale, alle quali sono legate le nostre tradizioni, le nostre esperienze e i nostri simboli (per esempio le foglie di quercia presenti sulla bandiera della Presidenza della Repubblica) e che non avrebbero avuto problemi se non fosse che l’essere umano preferisce la pianta esotica?
Estetico: la nostra flora locale è bellissima! L’Italia è uno dei paesi del mondo con più biodiversità, in particolare tra le piante. Alcune sono stupende ed estremamente colorate, perché quindi andare a cercare una pianta straniera?
Economico: le piante alloctone invasive costituiscono un grosso danno economico, che solo in Europa (piante e animali) nel 2020 costituiva un danno di 116 miliardi di euro.
Luca Marengo