Una piacevole conversazione con Marta Marciniak, accompagnatrice interculturale e coordinatrice di ‘Migrantour Roma’, un progetto cresciuto nel tempo fino a diventare una realtà stabile e diffusa
(Numero 48 – Bimestre lug-ago 2023 – Pagina 6)
Ciao Marta, puoi raccontarci innanzitutto come è nata e cos’è Migrantour?
Migrantour (www.mygrantour.org) nasce localmente, a Torino, dalla collaborazione tra l’antropologo Francesco Vietti e l’agenzia di turismo responsabile Viaggi Solidali. Nel 2010 Vietti ideò le prime passeggiate interculturali a kilometro zero nella zona di Porta Palazzo. Si accorse però presto che, meglio di lui, i migranti stessi avrebbero potuto raccontare i cambiamenti che erano in corso. Nel 2015, come ‘Città migrante’, arrivò il primo finanziamento. Nel 2018-2019 ce ne fu un altro, europeo, ottenuto con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo. Progetti che consentirono l’ampiamento della rete. Oggi siamo arrivati a 25 città, non solo in Italia, ma anche in Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Slovenia. Viaggi Solidali resta il riferimento per Torino, Firenze e Roma. In altre città il coordinamento è curato da chi se ne fa promotore, per lo più associazioni e cooperative.
Io sono entrata nel 2015 e dopo solo pochi mesi sono diventata referente per Roma.
Ma una volta che si è migranti lo si resta a vita? Tu come ti definisci?
Si tratta di un dibattito aperto anche al nostro interno. Chi di noi vive in Italia da più tempo ha difficoltà a presentarsi al pubblico come migrante. Si tratta in ogni caso di uno stato temporaneo, quando si trova il proprio posto nel mondo si smette di esserlo. Io stessa sono arrivata in questo Paese quando avevo 22 anni. Ho vissuto più in Italia che in Polonia. Anche se mantengo i rapporti con la mia famiglia, la mia vita è qui.
A Roma quali sono le mete delle vostre camminate interculturali?
Siamo partiti con le passeggiate all’Esquilino e a Torpignattara, dove è forte la presenza bengalese. Poi, con il tempo, i tour dell’Esquilino si sono evoluti e sono diventati tematici: sulla Cina, sul mondo arabo, su quello indiano. Con un tour operator canadese partiamo da piazza della Repubblica e dalle Terme di Diocleziano, dove parliamo della multiculturalità nell’epoca romana. Passiamo per l’Obelisco Dogali e per piazza dei Cinquecento, che ci consentono di parlare del periodo coloniale italiano. Ma poi terminiamo sempre nel cuore dell’Esquilino. Abbiamo organizzato passeggiate dedicate al mondo ortodosso, musulmano, alla medicina africana, agli artisti, alla cucina ayurvedica. Per tutti questi temi, nel rione abbiamo sempre trovato molte cose interessanti. Il nostro ultimo tour, novità assoluta, è dedicato al
mondo delle stoffe, alla loro storia e bellezza.
Una passeggiata piena di curiosità e meravigliose scoperte dove il protagonista resta l’Esquilino.
Quindi il programma è molto dinamico.
Certamente. Gli itinerari vengono sempre ideati e accompagnati da migranti di prima e seconda generazione. Donne e uomini di provenienze diverse e con differenti percorsi biografici. Lo scopo è sempre quello di portare i visitatori a una maggiore consapevolezza del ruolo che le migrazioni, ieri come oggi, hanno avuto nel trasformare e arricchire il patrimonio culturale. Proviamo a smontare pregiudizi e promuovere la coesione sociale.
Nei tour che organizziamo periodicamente partecipano persone di tutte le età e le tipologie. Anziani giovani, famiglie con bambini, anche residenti.
Pensi ci siano luoghi del rione da valorizzare o ancora da scoprire?
All’Esquilino tutto andrebbe meglio valorizzato. Spesso noto turisti che vagano disorientati per i giardini senza conoscerne la storia, senza sapere della presenza della Porta Magica, né di quanto c’era una volta su questo colle. Colpisce che spesso i turisti e gli studenti americani si sciolgano davanti la colonia felina, molto più che per i Trofei di Mario che la ospitano.
Hai qualche aneddoto particolare?
Certo. Ad esempio, nei nostri tour facciamo spesso tappa in via Giolitti, per mostrare i murales vicino la Casa dei Diritti Sociali. Prima della pandemia c’era Gaetano, con il suo banchetto, a cui piaceva presentarsi come guardiano dei murales e amico dell’autore. Tant’è che Mauro Sgarbi gliene dedicò proprio uno, con il suo ritratto. Gaetano ne era orgoglioso. Un giorno, vedendo che noi avevamo sempre una cartellina con i materiali da mostrare ai visitatori, si presentò con una sua cartella piena di foto del film ‘Vacanze Romane’ a cui, probabilmente, aveva partecipato come comparsa. Devo dire che riscosse molto successo. Alcune turiste americane, oltre a fotografarlo, gli chiesero anche l’autografo.
Riccardo Iacobucci