Nella storica bottega di via Merulana, incontriamo Eleonora che, a contatto fin da piccola con i nonni, il padre e soprattutto lo zio Sergio, ha maturato pian piano la decisione di dedicarsi all’attività di famiglia: la coltelleria
(Numero 54 – Bimestre lug-ago 2024 – Pagina 6)
La bottega di via Merulana ha aperto i battenti nel 1942 con lo zio Sergio, ma precedentemente il nonno Giulio insieme al fratello Nicolino avevano lavorato a via Napoleone III, e prima ancora l’attività di famiglia si trovava in piazza dell’Orologio. È una storia che inizia nel 1871 quella dell’Antica coltelleria Zoppo, con l’arrivo a Roma del bisnonno Pietro, partito da Sant’Elena Sannita, paese in provincia di Campobasso. È una storia che Eleonora ha deciso di portare avanti: dopo aver studiato nell’ambito delle neurofisiopatologie e aver successivamente lavorato in alcune multinazionali con incarichi manageriali, con la morte del padre, avvenuta a febbraio 2022, capisce di voler ripartire dalle proprie radici e dedicarsi all’attività di famiglia.
C’è un grande via vai nel negozio durante l’intervista: un signore doveva ritirare 4 cesoie da giardino rimesse a nuovo, una signora voleva un coltello storico di Roma, un’altra ha ritirato alcune forbici, altri avventori sono passati semplicemente a salutarla. Come dice lei, sembra più un salotto che un negozio, e Eleonora Zoppo instaura un rapporto non solo professionale ma anche amichevole e basato sulla fiducia.
Come è stato passare da una attività manageriale a quella di una bottega artigianale?
Per me è stato molto semplice perché la scelta è nata dall’esigenza emotiva di continuare l’attività di famiglia. Non ne sapevo molto, ma la mia determinazione ha convinto mio zio Sergio a cedermi l’attività. Sapevo di avere, per indole ed esperienze professionali precedenti, la capacità di instaurare un buon rapporto con le persone. Poi ho studiato molto: gli acciai, la tecnica di affilatura, le varie tipologie di coltelli, le tradizioni dei coltelli regionali. Anche i clienti più esperti mi hanno aiutato ad approfondire e sono riuscita a creare la bottega che volevo: professionale, ma anche luogo di incontro e dialogo.
Ci può indicare la tipologia di coltelli oggetto di questa bottega?
Storicamente, i coltelli hanno una forte tradizione regionale, come Maniago, Scarperia, Frosolone, e i generi dipendono molto dalle tradizioni e mestieri locali: il contadino usa la roncola, i pastori sardi usavano la pattada, i sarti le forbici. Esistevano coltelli intarsiati con figure contro il malocchio, per la fertilità e di auspicio per il futuro, e alla fine dell’ottocento anche i coltelli d’amore: era usanza che la sposa regalasse allo sposo un coltello dal manico nero, mentre la sposa ricambiava con uno dal manico bianco, entrambi con intarsi di buona vita comune. Oggi nella bottega tratto coltelli di vari generi: da tavola, da cucina, forbicine per unghie e per pellicine, forbici di sartoria (per clienti come Gucci e Prada), per barbieri, parrucchieri, giardinieri, tosatori per animali, coltelli storici.
Qual è la caratteristica di questa bottega?
La bottega, che ha avuto il riconoscimento storico nel 2003, è divisa in due attività ugualmente importanti: una è la vendita e la riparazione dei coltelli, e quindi il rapporto con il pubblico; l’altra è il laboratorio che è invece un lavoro manuale che rilassa e libera la mente. È una sfida far rinascere un coltello che non funziona più. Io sono contro il consumismo e credo molto nella riparazione e nel riuso degli oggetti. Non mi piace vendere solo cose nuove e in questo modo riesco anche a creare un rapporto di fiducia con il cliente, che ritorna altre volte e che con il passaparola riesce a far venire gente nella mia bottega. L’affilatura è un’arte: bisogna passare tre volte nella pietra fino a che la lama ritorni nuova. Prima si affilava per le strade: noi passavamo con la bicicletta e le famiglie ci portavano i loro coltelli e forbici da affilare. Oggi questo lavoro lo faccio in laboratorio, anche se al bisogno mi organizzo anche per ritiro e consegna a domicilio.
Come ultima domanda, volevo chiederle un suo giudizio sul rione.
Io sono molto affezionata a questo rione e ai suoi abitanti. Certo, negli ultimi anni si sente molto l’impatto dei tanti migranti che sono arrivati e dell’aumento dei senza fissa dimora. È cresciuto il degrado e anche la criminalità. Esquilino è stato sempre un rione multietnico, ma prima c’era più rispetto tra le persone. Forse c’erano etnie diverse, più tranquillità e meno violenza. Mi sembra che questi poveri migranti, come anche i senza fissa dimora, siano lasciati un po’ alla mercè dei loro problemi, senza trovare una soluzione soddisfacente. Vedo però che c’è anche una grande attenzione da parte dei residenti e anche dei commercianti, anche se non tutti, per proporre un’accoglienza migliore. Io faccio parte dell’Aps comunità urbana Esquilino, DMO ES.CO., e nel nostro piccolo cerchiamo di fare del nostro meglio per rendere il rione più accogliente e solidale.
Maria Grazia Sentinelli