Numero 33 – Bimestre nov-dic 2020 – Pagina 8
I segni della presenza polacca nel nostro rione sono evidenti. Eppure non vi sono associazioni dedite all’aggregazione di questa comunità
Quando decisi di scrivere una serie di articoli sulle comunità presenti all’interno di questo meltingpot che chiamiamo Esquilino, pensai di iniziare da ciò che erroneamente ritenevo più semplice. In fondo conosco personalmente tanti polacchi a Roma, e tanti erano quelli che vedevo uscire la domenica dalla messa di Sant’Alfonso all’Esquilino, uno dei rari esempi di chiesa in stile neogotico a Roma, dove si celebra anche in polacco, quella strana lingua, al nostro italico udito, composta per lo più da fonemi difficilmente riproducibili in persone poco avvezze alle lingue slave.
Pensai che una comunità doveva pur esistere e iniziai a fare ricerche. Ma dovetti arrendermi all’evidenza, di comunità neanche l’ombra!
Il fatto si faceva intrigante, dove sono finiti? Attraverso la Scuola Polacca di Roma sono riuscito a trovare qualche residente esquilino da intervistare. La maggior parte si è detta concorde nell’affermare che i luoghi comunitari per i polacchi a Roma sono soprattutto la chiesa di Santo Stanislao dei Polacchi, nel rione Sant’Angelo, situata in via delle Botteghe Oscure, e l’Istituto di Cultura, sito in via Vittoria Colonna. A piazza dell’Esquilino rimane un negozietto di alimentari su un fianco di Santa Maria Maggiore, gestito da una coppia italo-polacca, dove trovare prodotti tipici come la kie?basa (una specie di salsiccia-salame), i prodotti per il barszcz czerwony (la tipica zuppa di rape rosse), e l’immancabile birra nazionale (piwo) che ha da tempo sostituito la vodka come bevanda alcolica preferita nelle generazioni più giovani.
Molte famiglie hanno preferito trasferirsi in paesi con economie più dinamiche
Ma allora, se fonti ISTAT ci dicono che Roma possiede la più grande comunità polacca d’Italia, perché l’Esquilino, rione noto per la sua propensione multiculturale, attualmente risulta privo di associazioni di quartiere dedite all’aggregazione di questo gruppo, nonostante il cospicuo afflusso per motivi religiosi? Secondo quanto è emerso dalle interviste che ho effettuato, molte famiglie che vivevano nel rione, con il progressivo miglioramento dell’economia della loro nazione, sono tornate nel loro paese – soprattutto quelle in cui tutti i componenti avevano la stessa origine – mentre sono rimaste quelle di origine mista. Inoltre, soprattutto negli ultimi anni, molte famiglie hanno preferito lasciare l’Italia emigrando in paesi con economie più dinamiche e con maggiori aiuti alle famiglie, come Germania ed Inghilterra.
Italia e Polonia, un legame nella storia e nella letteratura
Insomma, anche se l’Esquilino ultimamente ha in gran parte perso il suo legame con questa grande comunità, Italia e Polonia rimangono e rimarranno per sempre legate da un resistente filo che le ha unite spesso nella storia e nella letteratura, come ci ricorda l’Inno nazionale italiano in una sua strofa dove si legge ‘Il sangue d’Italia e il sangue Polacco’, e di rimando nell’inno polacco, scritto in Italia, ‘Marcia, marcia D?browski dalla terra italiana alla Polonia’. Senza poi dimenticare i grandi autori polacchi come il premio Nobel Sienkiewicz, che venne a Roma nel 1893 per scrivere ‘Quo Vadis’, come sottolineato dalla targa apposta nell’hotel in via Bocca di Leone. Sono poi 1.052 i soldati polacchi morti nella battaglia di Montecassino ed infiniti gli esempi di scambi interculturali tra le due nazioni. Tra questi non si può dimenticare il fatto che, se l’Italia è considerata la culla del cristianesimo, la Polonia si è sempre considerata il suo ultimo strenuo baluardo! Ce lo rammenta la storia recente del Papa polacco e persino il racconto in dialetto romano ‘Meo Patacca’ (interpretato nel film omonimo dal compianto Gigi Proietti), che organizza un esercito improvvisato e sgangherato per partire in aiuto del re polacco Giovanni III Sobieski, nel tentativo di liberare Vienna dall’assedio Turco alla fine del ‘600. D’altronde la famiglia del re polacco visse anche a Roma, compresa la moglie Maria Casimira affettuosamente detta di ‘Marysie?ka’, ed il figlio Alessandro le cui spoglie si trovano ancora nella chiesa dei Cappuccini in via Veneto.
Per concludere si potrebbe dire che se all’Esquilino la presenza polacca è andata via via scemando negli ultimi anni, i legami con Roma e con l’Italia sono e rimarranno un punto di contatto saldo della storia, letteratura e religione.
Mario Carbone