Dalla Breccia di Porta Pia ai rastrellamenti dei nazifascisti, senza dimenticare quella vincita al lotto grazie alla targa di Claudio Villa
(Numero 5 – Bimestre gen-feb 2016 – Pagina 7)
Se il gatto Peppe non avesse mangiato il castagnaccio prima di tutti, forse oggi la storia della famiglia Bordi non verrebbe raccontata. Claudio, ultima generazione di una stirpe di “colorai”, presenti nel rione dal 1910 al numero 47 di via dello Statuto, infila uno dopo l’altro i tanti aneddoti dei suoi antenati. “Gli animalisti storceranno il naso ma il sacrificio di Peppe salvò i miei nonni dall’avvelenamento – racconta -. Il castagnaccio era infatti stato cotto su una teglia contaminata dal verderame e solo per un caso si accorsero della morte del felino nel retrobottega”. Ma altri episodi, legati alla storia del Paese, fanno del negozio di belle arti un luogo importante dell’Esquilino.
La botola. “Ci fu un rastrellamento da parte dei nazifascisti- ricorda -. Il mio bisnonno, Augusto, rischiò grosso: nascose 15 fra antifascisti ed ebrei nella cantina. Le SS cercarono nella bottega ma non scovarono la botola e quelle persone si salvarono”. Nonostante da anni Claudio sia impegnato nelle ricerche che coinvolgono la sua famiglia, non è riuscito a rintracciare nessuno di quelli che grazie ad Augusto scamparono ai campi di concentramento né qualcuno ha mai ringraziato per quel gesto. “Non sappiamo se siano stati catturati in altri rastrellamenti – dice – . Meglio credere che abbiano dimenticato quella brutta pagina di storia”.
La breccia di Porta Pia. Altri racconti affiorano risalendo addirittura dalla breccia di Porta Pia. Sì perché nonostante il negozio abbia aperto i battenti solo nel 1910 all’angolo di via Merulana, già nella seconda metà dell’800 un Bordi commerciava, secondo le licenze del tempo, colori, pennelli, tele e poi saponi, liquori e vino alla mescita in un altro locale di piazza Vittorio. Si trattava di Giovanni, che quel 20 settembre del 1870 si trovava sulle mura Aureliane e da buon marchigiano quale era, parteggiava sì, ma per Pio IX.
Le vetrine del Reuccio. Venendo ad anni più recenti, Claudio ricorda di quando nonna Delia gli raccontava di aver rifatto le vetrine del negozio grazie alla vincita del lotto: “Si era giocata i numeri della targa del Reuccio Claudio Villa, passato in macchina vicino al negozio”.
Una tradizione che si rinnova. I racconti di oggi sono legati invece ai tanti artisti, anche famosi, che vengono a procurarsi l’occorrente in questa bottega delle meraviglie. “Produciamo ancora le preparazioni nella maniera tradizionale – sottolinea l’ultimo rappresentante dei Bordi -. Grazie a dei taccuini con le ricette del bisnonno vendiamo una cera per i mobili del tutto naturale e poi i saponi e i colori”.
I corsi d’arte. Alla tradizione di famiglia, Claudio insieme alla moglie Francesca, storica dell’arte, hanno voluto affiancare i corsi di pittura che si tengono nello stesso luogo che vide quei giorni di guerra. “Ci piace pensare – afferma Francesca – che dove qualcuno un tempo ha vissuto prima l’angoscia e poi la gioia della salvezza oggi si possa creare l’arte”. Ai corsi, che spaziano dalle tecniche più note come la tempera e l’olio a quelle meno usuali dell’encausto, pensa Claudio, custode dei segreti di famiglia e dei consigli delle zie artiste vissute oltre 90 anni. Delle visite guidate, per vedere dal vivo le opere d’arte dei grandi maestri, si occupa invece Francesca: “Come nelle botteghe del Rinascimento – commenta -, siamo felici di poter condividere un sapere che non deve rimanere nelle mani di pochi”.
La crisi. Un po’ di amarezza giunge a entrambi solo quando si parla della crisi delle botteghe storiche, lasciate sole dalle amministrazioni nonostante le buone intenzioni. “Per noi – spiega Claudio – non ci sono agevolazioni per il pagamento della tassa sull’insegna o sulla famosa “occupazione d’ombra”. Eppure, pensiamo di contribuire alla ricchezza culturale e storica del rione e della città”. Anche il fatto di essere inseriti in una zona multietnica non li ha mai scoraggiati: “Molti nostri clienti sono cinesi”, informa Francesca.
Infine, un’ultima occasione d’orgoglio la offre un altro episodio, questa volta recentissimo. Il restauratore Giuseppe Mantella, autore, fra gli altri, del restauro del complesso del Bernini, L’estasi di Santa Teresa, durante i gioni dell’intervento passava spesso a rifornirsi dai Bordi. Segno che probabilmente un po’ di Esquilino ha contribuito a riportare a splendore un capolavoro della scultura romana.
M. Elisabetta Gramolini