Una sosta tra due regioni confinanti ma con notevoli differenze culinarie
(Numero 3 – Bimestre nov-dic 2015 – Pagina 15)
La Cina è ormai lontana. Durante la decisione dell’itinerario avevo scelto la Corea del Sud, tuttavia un amico con grande esperienza mi indica un luogo ben più ad ovest. Decido di seguire il suo consiglio e modifico il percorso, incamminandomi ancora una volta verso l’India. Vi faccio ritorno per un secondo ed ultimo assaggio. Qusta volta al confine con il Pakistan, distante poche centinaia di chilometri dal Punjab, di cui fui ospite mesi fa.
L’Himalaya’s Kashmir. Questo ristorante di via Principe Amedeo, 325, propone una cucina di origine pakistana perfettamente amalgamata con le caratteristiche della regione indiana del Kashmir. Questa zona, la più a settentrione dell’India, ha sapori culinari più dolci, ma troppo poco decisi e quindi difficili da inserire da soli nel vasto panorama culinario italiano. Per questa ragione il proprietario di origine pakistana ha portato qui nel lontano 1997 la sua cultura alimentare, unendone i tratti distintivi ad una più delicata influenza del Kashmir. Risultato? Senza alcun dubbio un tocco di qualità caratterizzante. Al primo assaggio noto subito la differenza con i vicini cuochi del Punjab.
L’antipasto. Mi viene presentato un piatto simile ad una pizza. Semplice come il prodotto nostrano, dimostra altrettanta tenacia. Alloo Naan, ovvero, pane con patate. Buono. Considerata la quantità di spezie al suo interno tra cui peperoncino, cardamomo e coriandolo, è per palati abituati a sapori decisi. Ad amplificarne il sapore mi viene proposto un mix di salse davvero particolari. La prima al tamarindo, frutto di un albero tipico della regione indiana. Ha un sapore delicato e forse è la caratteristica più simile alla cultura del Kashmir di cui mi parla il proprietario. La seconda è con yogurt e menta, molto fresca, ha il vantaggio di acquietare la piccantezza delle portate. L’ultima, e credo la migliore, è un accostamento di mango con spezie varie. Questo frutto viene scelto per le caratteristiche digestive e per la dolcezza che stempera gli aromi delle spezie, l’unione dà vita ad un tono invidiabile.
Vegetariani. Molti indiani lo sono per motivi religiosi e sostengono menù privi di carne. I ragazzi del locale mi consigliano una zuppa dopo l’antipasto. Si nota il gusto del tamarindo e la accompagno con un secondo davvero squisito: un trito di spinaci leggermente speziati accompagnati con dello zenzero. Probabilmente il piatto più buono tra tutte le portate. L’ngrediente preponderante è il cumino: spezia antichissima, dai differenti usi in base alla regione. Nel sud-est asiatico per esempio il tè al cumino è proposto per distinguere normali gonfiori di stomaco da gravidanze. Un utilizzo indubbiamente singolare. Ad accompagnare ogni pietanza vi è il tipico riso basmati, forse l’unico piatto in grado di smorzare con decisione la forza degli aromi delle portate davvero ricche.
E per concludere…il dolce. Decido di prenderne uno molto conosciuto, il kulfi. Tipico del sud-est è un gelato-dessert molto calorico. Si bollono nel latte zucchero, latte condensato, cardamomo e rosa, e poi si spolvera la miscela con granella di pistacchio, siriano, nel caso specifico. Il gusto carammellato ed il sapore della rosa lo rendono davvero delizioso. Mi ricorda un’esperienza passata, quando provai ad adattare questa ricetta alla nostra cultura di gelateria. Il risultato fu un successo. L’unica differenza? Il pistacchio siciliano non si batte! E così penso a quanto sia bello unire due culture così lontane attraverso la cucina.
Saluto il proprietario ed il suo staff. Questa ulteriore e breve tappa in India mi ha permesso di paragonare due regioni confinanti ma con interessanti differenze culinarie. Mi allontano soddisfatto e mi dirigo, come da itinerario, verso la Corea del Sud. Alla prossima tappa.
Andrea Fassi