Sono tante le storie di persone arrivate da lontano con un carico di idee e innovazioni. Il progresso delle moderne nazioni si è ottenuto anche grazie a questi ‘altri’, i molti intorno a noi
(Numero 56 – Bimestre nov-dic 2024 – Pagina 2)
Sempre più spesso ci troviamo a uscire di casa senza soldi. Non importa, tanto, se dobbiamo pagare qualcosa, abbiamo il bancomat. La tesserina di plastica incomincia ad essere usata anche per piccole spese di qualche euro. Il fatto che per queste non sia necessario digitare il pin, spinge a un loro uso sempre più frequente. I più giovani pagano direttamente dal telefono, giacché bancomat e carte di credito sono anche diventate digitali.
Se vi state chiedendo se questo è un articolo sui nuovi strumenti di pagamento che proseguirà parlando di Satispay oppure On Shop, non abbiate paura: non è questo il luogo. Si vuole parlare di persone. Persone partite da lontano che, all’arrivo dal loro lungo viaggio, hanno trovato, inventato, scoperto quello che prima non c’era.
A fine ‘800 i primi apparecchi radio cominciarono il loro cicaleccio, e poco prima avevano cominciato a gracchiare i primi telefoni. A fine ‘900 le monete di plastica (carte di credito e tessere magnetiche) cominciarono a sostituire le monete metalliche e quelle di carta.
I discendenti dei telefoni sono i telefonini, degli apparecchi radio sono le televisioni. Quali saranno i discendenti dei bancomat non lo sappiamo, ma dei loro padri sappiamo molto.
Meucci a New York non aveva
i soldi per brevettare il suo telefono
Padre ufficiale della radio fu Guglielmo Marconi, anche se in realtà vi contribuirono tanti altri, tra questi Alexander Popov. Del bancomat, padre ufficiale fu Luther George Simjian, e anche in questo caso contribuirono tanti altri. In ogni modo, i tempi erano maturi per la nascita e crescita di queste invenzioni che ora ci appaiono indispensabili.
Le storie di questi inventori sono storie di immigrati: persone ‘diverse’ dal contesto in cui operarono. In queste pagine li abbiamo chiamati ‘altri da noi’ (vedi numero 54 de Il cielo sopra Esquilino). Tra questi ‘altri’ c’è chi ha il desiderio di farcela, o il talento per cambiare il mondo. Come Antonio Meucci, nato a Firenze, che tirò fuori il suo telefono mentre costruiva candele a New York – dopo essere stato qualche anno a Cuba – e aveva per aiutante Garibaldi, ma non aveva i soldi per il brevetto.
Guglielmo Marconi, invece, portò le sue scatole e trappole per topi in Inghilterra.
Simjian, di origine armena, nato nell’Impero Ottomano, giunse nel 1920 negli Stati Uniti dopo che a nove anni era fuggito ad Aleppo, in Siria, e successivamente a Beirut e poi in Francia. Quando aveva pochi mesi era morta la madre e durante il ribollire del genocidio armeno erano state uccise la matrigna e due sue sorelle. In America viveva un suo zio che faceva il fotografo. Simjian cominciò proprio colorando fotografie e si specializzò nella fotografia medica, recuperando così il desiderio di diventare medico. Dopo 9 anni ottenne la cittadinanza naturalizzata americana. Non fu ininfluente il fatto che aveva apportato molti miglioramenti al sistema fotografico e in particolare aveva inventato e sviluppato il cosiddetto ‘armadietto per ritratti’, ossia la progenitrice delle cabine per le foto tessere che oggi troviamo in molte strade. Ma questa fu solo una delle oltre 200 sue invenzioni brevettate. Con la rendita dei brevetti e delle sue società, aprì molte scuole che formarono decine di ragazzi.
I bambini di oggi
saranno gli innovatori di domani
Personalmente ricordo una dichiarazione che cito, malamente, a memoria, perché non sono riuscito a ritrovare l’originale, né il libro o l’occasione in cui fu detta, forse di Don Lorenzo Milani, un sacerdote e insegnante noto per il suo impegno educativo e sociale o comunque ispirata ai suoi valori: ‘Quegli stessi ragazzi che oggi vedete come ladruncoli di strada, maleducati e imbroglioni, ignoranti e senza voglia di lavorare, io li guardo negli occhi e vedo che qualcuno un giorno sarà in grado di debellare il cancro o le altre malattie, che arricchiranno il nostro sapere in campi scientifici ancora sconosciuti, o arricchiranno il nostro essere umani nei campi dell’arte, dalla pittura alla musica’.
All’Esquilino gli ‘altri’ sono molti, sono attorno a noi e aspettiamo con gioia che qualcuno di loro, mosso da un irrefrenabile desiderio di innovazione, ci porti un nuovo strumento, una nuova idea. O che si affermi nel campo dello sport, magari grazie ad Esquilino Basket, o nella musica con il Coro di Piazza Vittorio o Matemù.
Carlo Di Carlo