Appuntamento quotidiano nel retrobottega con gli amici, il rione, due birrette, un cioccolatino
(Numero 26 – Bimestre lug-ago 2019 – Pagina 15)
Papille è di nuovo in vacanza. Cammino solo all’ombra dei portici, sovrappensiero. Sfilano inaspettati i ricordi del mio viso, un tempo segnato da meno preoccupazioni. La realtà ogni tanto veste di bianco e nero, si può far poco, ma l’intuizione di volerne colorare almeno i contorni è forte.
Appuntamento nel retrobottega. Entro diretto nel locale. L’odore di caffè che mi accoglie è il solito, mi stappa le narici. Un po’ di colore inizia a vedersi. Supero le grandi vetrate, l’antica tostatrice s’intravede alla fine del corridoio. Francesco, Ciamei, mi aspetta in ufficio con occhiali raffinati. Seduto a gambe incrociate sulla scrivania. Davanti a lui c’è Andrea, Roscioli, che di profilo mi ricorda il buon Alessandro Borghi. Rilassati.
Francesco mangia pizzette rosse. Ridono. Appoggio i Sanpietrini sul tavolo. Inganno della civiltà è pensare che Fassi si presenti senza gelato. Mi trascino ancora in bianco e nero verso di loro. Nel vecchio ufficio ornato di oggettistica d’indubbio valore e stampe antiche, m’illudo di essere a casa. Anch’io ho pezzi di storia simili. “Caffè e gianduiotto per il Maestro!”, grida Francesco.
Quando ci conoscemmo, l’intento era dare lustro al rione attraverso il cibo, usando al meglio il nostro mestiere. Erano circa tre anni fa. Forse con eccessivo vigore giovanile ci siamo ritrovati con qualcosa di più bello tra le mani.
Un gianduiotto. Ora si parla di cuori scassati, di vini e di maestri. Ridiamo. C’è un po’ più di colore, brilla il vetro del caffè ancora caldo.Tradizione, traduzione per chi non vede l’ora di cambiare mentre tutto resta uguale. Sorseggio il caffè amaro. Entrano nel piccolo ufficio Davide e Andrea, il cuore di Radici, la pizzicheria salentina dirimpettaia della ditta Ciamei. I Sanpietrini non bastano e le mie braccia si fanno subito corte ai loro occhi. Siamo così diversi da far sorridere, non siamo amici fin da bambini, siamo amici per vie traverse da adulti. Merito del Rione.
C’è la brace di mercoledì a casa mia da pianificare. Gianluca Giordano, fondatore del Gatsby caffè a Piazza Vittorio, entra silenzioso con la sua solita busta di plastica che farebbe inorridire la bimba svedese Greta; la giovane più ascoltata di migliaia di studiosi, geologi, antropologi ed esperti gourmet.Dentro la busta di Gianluca cinque birrette. Le birrette riconciliano la giornata, velano l’animo di uno strato dorato, quietano l’affanno accumulato che, nascosto dietro sorrisi sempre curati, voi non coglierete mai.
Addento il gianduiotto. Il gianduiotto non si limita a essere un cioccolatino amalgamato a Torino con Nocciole Tonde Gentili Piemontesi, icona dolciaria dell’Italia settentrionale. Il gianduiotto è un concetto. Sviluppato da me e Francesco. È l’idea di potersi chiedere chi si voglia essere, ritagliarsi pochi minuti di svago durante la giornata per guadare il fiume che ci circonda ogni giorno. È il tè delle anziane, la chiacchiera da bar, l’amicizia che si fonde in parole di scherno, il ragionamento su una cena, su un vino o sulla situazione dell’Esquilino raccontata dai social network, dove tutto sembra così consistente da far rammollire il nostro gianduiotto e far apparire professionisti persino gli animali da compagnia postati con il filtro giusto.
Ha il suo ritmo, il gianduiotto. Il Sacro Graal dell’amicizia che scioglie le tensioni ed equilibra gli animi. Ci puntiamo il dito, non dobbiamo essere altro che quello che ci va, senza cognomi, senza ruoli, limpidi.
Diverso è migliore. E prendiamo un po’ di quel gianduiotto per dividerlo, perché ci conosciamo da pochi anni ma dividendo un po’ di tempo libero ogni giorno, l’amicizia cresce tra le pieghe delle giornate che ci legano al Rione.
Siamo giocatori stanchi, ma rimaniamo goleador quando siamo più vicini a ciò che siamo davvero, perché i ruoli uccidono l’istintività, mentre il gianduiotto ce la restituisce.
Andrea Fassi