Massimiliano Alessandro Polichetti, direttore del Museo Nazionale di Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, ci racconta come è nato il museo e il valore della sua collocazione nel rione Esquilino
(Numero 8 – Bimestre lug-ago 2016 – Pagina 5)
Istituito nel 1957, il museo venne aperto al pubblico nel 1958. Può dirci come è nato e perché è stato dedicato a Giuseppe Tucci?
L’idea di istituire un museo espressamente dedicato alle arti asiatiche nacque da una serie di considerazioni che Tucci era andato maturando nel tempo. L’Italia doveva dotarsi di uno strumento museale che affiancasse l’IsMEO (l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, fondato da Giuseppe Tucci e Giovanni Gentile, in seguito divenuto IsIAO) nell’organizzazione della ricerca archeologica e dei restauri monumentali che stavano venendo affidati agli specialisti italiani dal Pakistan, dall’Afghanistan e dall’Iran. Queste due istituzioni erano, nella visione di Giuseppe Tucci, presidente dell’IsMEO, due facce di un’unica medaglia che avrebbe dovuto rappresentare degnamente l’Italia nell’ambito internazionale degli studi asiatici. Inoltre il museo doveva raccogliere i reperti in possesso dell’IsMEO e quelli che sarebbero giunti grazie alle spedizioni che coordinava nonché piccoli nuclei di oggetti asiatici sparsi in vari musei, dove non potevano essere valorizzati. Tutto ciò avrebbe contribuito a divulgare presso il pubblico più ampio l’importanza e la ricchezza delle culture asiatiche, per combattere la falsa idea di una generale superiorità occidentale e favorire il dialogo tra le culture. Il museo è stato dedicato a Tucci per il suo ruolo nello sviluppo dei rapporti culturali tra Italia e Paesi asiatici, per l’importanza degli oggetti che lui raccolse nel corso delle sue spedizioni in Tibet e sullo Himalaya, per il ruolo che ebbe nella sua fondazione.
Il museo è diviso in sezioni dedicate alle diverse regioni del Vicino, Medio ed Estremo Oriente. Quali sono i suoi punti di forza?
Diversi sono i punti di forza del museo: primo tra tutti l’aver saputo instaurare rapporti cordiali e di amicizia con tutte le ambasciate e gli istituti culturali asiatici. Aver promosso scambi di materiali con diversi Paesi (citiamo la Corea del Sud, il Pakistan e la Thailandia) che negli anni hanno incrementato le raccolte dello Stato. Aver saputo attrarre donazioni da collezionisti privati, non ultima Francesca Bonardi, moglie di Giuseppe Tucci, che oltre ad una importante donazione nel proprio testamento ha indicato il museo suo erede. Aver avvicinato attraverso manifestazioni mirate il pubblico a culture diverse e lontane.
Oltre alla mostra permanente sono spesso allestite esposizioni temporanee. Quali avete ospitato ultimamente e quali ospiterete nei prossimi mesi?
Negli ultimi mesi si sono tenute la presentazione di un documentario sulla figura di Maometto II, organizzata dall’Istituto Culturale Turco, una rassegna delle attività archeologiche dell’IsIAO in Iran, presentata in occasione della visita di Stato del Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran ed inaugurata dal Consigliere iraniano per gli affari culturali, una mostra sull’arte calligrafica del Pakistan, in collaborazione con l’Ambasciata del Pakistan. In occasione della manifestazione United Museum for Yemen, promossa dall’Unesco per sensibilizzare il grande pubblico sui pericoli che sta correndo il patrimonio culturale di tale Paese, è stata aperta – unico caso in Europa – una sala dedicata alla cultura sudarabica. Contiamo per il prossimo autunno di ospitare nuovamente la cultura turca e nuovamente anche la cultura persiana, tramite un’interessante iniziativa riguardante i fotografi italiani che, all’alba dell’Unità d’Italia, accompagnarono la prima delegazione italiana in visita ufficiale alla corte dei sovrani Qajar. Contiamo di poter presentare alla fine dell’anno la collezione di gioielleria di proprietà del museo.
Il MNAO è luogo di incontro di varie culture. Può assumere un significato particolare alla luce dei problemi di integrazione di oggi?
Sia per la specificità delle collezioni orientali che per la propria ubicazione nel multietnico rione Esquilino, il museo ha l’opportunità unica e privilegiata di educare i cittadini ad apprezzare quelle civiltà con le quali si viene in contatto sempre più frequentemente nella vita quotidiana. Contemporaneamente il museo può favorire l’incontro dei “nuovi cittadini” con la storia dei loro paesi di origine.
Più nello specifico, in che modo rione e museo possono interagire?
Il servizio didattico del museo da anni si dedica ad elaborare interventi che hanno come fine “l’educazione alla convivenza”. Numerosi tra questi percorsi, progettati in collaborazione con gli istituti scolastici e con le associazioni culturali che operano nel rione, sono stati approvati dal comune di Roma e alcuni hanno ottenuto generosi finanziamenti. Il museo ha partecipato a varie iniziative del rione, quali quelle organizzate in occasione del Capodanno cinese. Nel corso del tempo il MNAO ha offerto i propri spazi per tenere lezioni di lingua italiana per stranieri ed ha accolto i ragazzi del Centro Astalli, di Save the Children-Civico Zero, di Focus-Casa dei diritti Sociali, del Centro Polifunzionale Meta, tutte associazioni che si prodigano a vantaggio dell’integrazione.
Qualche anno fa era stato avviato un progetto per il trasferimento del MNAO da Palazzo Brancaccio. È ormai definitivamente accantonato o c’è ancora il rischio che il museo lasci l’Esquilino?
Difficile rispondere a questa domanda. L’unico dato per ora certo è l’accorpamento amministrativo del MNAO al Museo delle Civiltà di nuova istituzione comprendente anche il Museo Nazionale Preistorico e Etnografico “Luigi Pigorini”, il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari e il Museo dell’Alto Medioevo.
Antonia Niro