Dalle festose giostre dei cavalli del principe di Zagarolo al grande turismo della Roma di oggi
(Numero 15 – Bimestre nov-dic 2017 – Pagina 9)
Per lungo tempo, a partire dalla fine del Cinquecento e sino agli anni Settanta dell’Ottocento, mentre le vigne e gli orti arrivavano sotto al Quirinale fino alla Torre delle Milizie, a Monti, il continuum edificato della città si fermava a ridosso di Santa Maria Maggiore con i fabbricati lungo via di Santa Pudenziana, via di Santa Maria Maggiore, via Paolina, via dell’Olmo e via di Santa Lucia in Selce. Al di là della basilica liberiana e sino alle Mura Aureliane, tra le alture esquiline e le pendici del Laterano e del Celio, si estendevano le grandi ville suburbane appartenenti agli alti prelati della Curia romana e all’aristocrazia papalina, che vi si erano insediati a partire dalla fine del XVI secolo, dopo le trasformazioni urbanistiche volute da papa Sisto V Peretti e completate da Paolo V Borghese e Benedetto XIV Lambertini.
Un aristocratico di campagna. Ed è proprio tra via Paolina e via di Santa Maria Maggiore, di fronte all’abside della basilica, in un “palazzino” della fine del XVI secolo, che Camillo Rospigliosi (1714-1769), principe del Sacro Romano Impero e duca di Zagarolo, preferiva vivere fastosamente alla metà del Settecento, in alternativa al palazzo di famiglia posto al Quirinale ma troppo “cittadino” per il giovane aristocratico romano. Il principe, appassionato allevatore di cavalli, promotore instancabile di corse e competizioni ippiche, preferiva infatti abitare all’Esquilino per essere più vicino ai suoi maneggi prenestini e ai suoi splendidi “barberi” della razza Zagarolo che così spesso vincevano il “palio” in occasione delle “carriere” dei cavalli.
Il “palazzino” all’Esquilino, realizzato dall’aristocratica famiglia Vaini di Imola verso la fine del XVI secolo, ristrutturato successivamente da monsignor Ciampini, era stato acquistato dalla famiglia Rospigliosi alla fine del Seicento. Pur essendo periferico e ai margini della città, si prestava bene per i soggiorni del principe, che vi organizzava, nell’ampio e lussureggiante giardino retrostante, festose giostre coi cavalli e folkloristici saltarelli in occasione della festa delle mozzatore (vendemmiatrici), durante le vendemmie settembrine illuminate da grandi torce al vento.
L’Istituto Imperiali-Borromeo. Morto Camillo Rospigliosi, il palazzo venne acquistato dall’abate marchese Franco Maria Imperiali Lercaro, diventando sede del Collegio dei Sacerdoti Missionari Apostolici detti Missionari Imperiali del titolo di Santa Maria SS. delle Grazie – da lui fondati per predicare al popolo le missioni all’interno dello Stato pontificio.
Successivamente, papa Leone XII Della Genga vi associò anche l’Istituto degli esercizi spirituali per la prima comunione, fondato dal cardinale Vitaliano Borromeo, che aveva sede inizialmente al Campo Marzio presso le Cappellette di San Luigi al Sant’Ignazio di Loyola, costituendo così l’Istituto Imperiali-Borromeo dove i missionari dell’Istituto conducevano alla loro prima comunione i bambini delle famiglie aristocratiche più importanti dello Stato pontificio.
Il progetto di ristrutturazione di Francesco Azzurri. Nel 1875, la sistemazione dell’area intorno alla piazza della Tribuna della basilica sconvolse i luoghi circostanti: i raccordi stradali con Santa Maria Maggiore erano infatti piuttosto impervi per la notevole pendenza delle strade, che dovevano superare i forti dislivelli esistenti. Chi proveniva infatti dalla Suburra, percorrendo via Pudenziana o via di Santa Maria Maggiore, ma anche chi vi giungeva dal Viminale o dal Quirinale, doveva superare l’erta salita di piazza della Tribuna, decisamente ripida, per portarsi davanti al sagrato della basilica di Santa Maria Maggiore, dove si attestavano le altre strade provenienti dalle Porte della città. Per migliorare la mobilità, quindi, si decise di rialzare notevolmente l’area di via Urbana con la conseguenza di abbassare di quattro metri la strada davanti al palazzetto, rendendo così necessario sottofondarne la facciata secondo il progetto redatto dall’architetto Francesco Azzurri per incarico dell’Opera Pia Imperiali-Borromeo: e allora le cantine diventano piano ammezzato e nuovo pianoterra, con il portone di accesso sulla nuova via Liberiana e quattro negozi laterali. Del vecchio portale barocco, fiancheggiato da pilastri bugnati, si salva soltanto la parte superiore con le mensole adorne di teste femminili a sorreggere il balcone e la decorazione seicentesca costituita da un pellicano con il motto “Ut vivat” ad ornamento del prospetto.
Le trasformazioni moderne. Agli inizi del XX secolo, sul retro, nell’area del giardino delimitato da muri di cinta e basse costruzioni, su progetto dell’architetto Aristide Leonori, viene edificato un corpo di fabbrica laterale e realizzata una grande cappella devozionale a chiusura della corte, con un sottostante porticato per garantire la continuità spaziale. Ai nostri giorni, si registra la dismissione dell’Istituto Imperiali-Borromeo e la sua definitiva trasformazione a Suite hotel Antico palazzo Rospigliosi, mentre nell’area dello storico giardino, attorno ad una bella fontana, trova posto il ristorante Il chiostro delle Cappellette di San Luigi, così chiamato in ricordo dell’Istituto degli esercizi spirituali per la prima comunione.
Carmelo G. Severino