A seguito dell’annuncio dell’armistizio di Cassibile le truppe tedesche penetrano facilmente nel centro di Roma. Ad opporsi, da Porta San Giovanni a Termini, vi sono solo pochi militari italiani e gruppi spontanei di resistenti, tra i quali molti giovanissimi
(Numero 46 – Bimestre mar-apr 2023 – Pagina 8)
Il Governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower (…). La richiesta è stata accolta’.
Questo è il comunicato che l’8 settembre 1943, alle ore 19:45, viene diramato alla radio dal maresciallo Badoglio. All’emozione festosa per la notizia dell’armistizio subentra ben presto il disorientamento in un’atmosfera di stanchezza psicologica e morale, dopo la fuga del re e di Badoglio, l’eclissi del potere politico istituzionale e l’abbandono della popolazione senza un piano di difesa militare.
I Granatieri di Sardegna provano a fermare
i tedeschi a Porta San Giovanni
A difesa di Roma resta il Corpo d’Armata con 63 mila uomini distribuiti in sei divisioni, ma solo due sono in piena efficienza. I tedeschi, al comando di Kesselring, sono 35 mila posizionati in località strategiche attorno a Roma, e già nella notte tra l’8 e il 9 settembre sono pronti ad agire per occupare la città e disarmare l’esercito italiano, attuando l’operazione Achse in base al progetto Alarico voluto da Hitler sin dal maggio 1943. La reazione italiana è convulsa. Senza disposizioni precise regna l’improvvisazione. Intorno a Roma si combatte per impedire ai tedeschi di entrare in città.
A piazza di Porta San Giovanni, la mattina del 10 settembre, poco più di un centinaio di granatieri di Sardegna della caserma di Santa Croce hanno avuto l’ordine di fermare i tedeschi in arrivo dalla via Appia. Verso le 14 le autoblindo del Kampfgruppe Kroh, di stanza tra l’Appia e l’Ardeatina, in arrivo da via Sannio, vengono colpite dal fuoco di sbarramento italiano che ne arresta temporaneamente l’avanzata causando gravi perdite. Sotto i fornici, due dei quali ostruiti con vetture tranviarie abbandonate, si infittisce il corpo a corpo. Il comandante del drappello dei granatieri organizza un nucleo di resistenza intorno alla statua di San Francesco e riesce per qualche ora a bloccare il nemico, ma è costretto poi a ritirarsi in caserma verso le 16.
Anche donne e ragazzi in prima linea
I tedeschi, superata grazie all’artiglieria la resistenza di piazza di Porta San Giovanni, si dirigono a piazza Vittorio Emanuele II per proseguire verso Termini, una prima colonna da via Gioberti e una seconda da via Cavour passando per via dell’Esquilino, lungo il fianco della basilica. Quest’ultima colonna viene osteggiata dagli abitanti della zona – alcuni militanti del Partito d’Azione, i comunisti Toti Scialoja e Renato Guttuso, numerosi ragazzi della zona. All’altezza dell’Hotel Continental i tedeschi che vi alloggiano sparano dalle finestre in aiuto della colonna che avanza, diventando a loro volta bersaglio di chi spara dai palazzi circostanti.
È quasi il tramonto quando la resistenza spontanea si trasforma in un acceso combattimento, con i ragazzi che portano armi recuperate per strada, fanno da staffette e, insieme alle donne, aiutano i feriti. I tedeschi sparano con mitragliatrici e cannoncini sul piazzale di Termini. Uno studente riesce a fermare con una bomba uno dei carri nemici che mitraglia inesorabilmente. Poi i tedeschi, sempre più numerosi, superano l’ultima resistenza occupando Termini e ponendo fine ad ogni combattimento. Roma si svuota nel silenzio generale, in giro si vedono solo poche camionette e qualche motociclista tedesco che attraversa con fragore di scappamento la città. Si respira un’aria strana, si avverte una presenza invisibile che stringe la città in un cerchio muto e insidioso. La radio trasmette canzonette intervallate da appelli in un italiano con accento tedesco: ‘Tornate coi vostri camerati germanici’.
A villa Wolkonskj prende il via la repressione armata
I tedeschi portano i fermati nei giardini dell’ambasciata a villa Wolkonskj e almeno 300 di loro vengono trucidati, chi tenta la fuga viene colpito con raffiche di mitra. La mattina del 12 settembre il feldmaresciallo Kesselring dichiara lo stato di guerra. È l’inizio dell’occupazione nazista che, d’intesa con i fascisti della Repubblica di Salò, reprime ogni resistenza popolare. I partigiani e gli oppositori vengono rinchiusi in villini e appartamenti trasformati in carcere di detenzione gestiti direttamente dalla Gestapo, come gli uffici culturali dell’ambasciata tedesca di via Tasso, diventati tristemente famosi per i quasi 2.000 militari e civili interrogati e torturati, vittime di una repressione sanguinaria e brutale.
Carmelo G. Severino