Tra il Celio e l’Esquilino sorgevano le terme che prendono il nome dalla madre dell’imperatore Costantino
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 10)
Nell’antica Roma e in tutte le regioni che facevano parte dell’impero, erano presenti dei luoghi pubblici, dove oltre a prendersi cura del proprio corpo, ci si poteva incontrare per scambiare quattro chiacchiere. Questi luoghi erano le teme, le antenate delle nostre spa, i moderni centri benessere.
Nel mondo antico. Sappiamo che ambienti dedicati ai bagni erano utilizzati dall’uomo già in epoca minoico-micenea, tali ambienti vennero ampliati nel corso dell’epoca della Grecia classica ed ellenistica, fino a giungere all’epoca romana. Furono i Romani i primi a diffondere l’idea di bagni, sia pubblici che privati, e a costruire le terme come oggi le conosciamo, ovvero con la divisione in tre ambienti: calidarium, tepidarium e frigidarium. Verso la fine dell’età repubblicana le terme a Roma si dotarono di impianti di riscaldamento sia a pavimento (tra le fondamenta e il piano di calpestio vi era un’intercapedine dove passavano tubi) sia a parete (tramite tegole o tubuli speciali). Oltre alle tre stanze principali, vi erano delle stanze più piccole dove venivano praticati massaggi e altri trattamenti con fanghi e sostanze naturali. Inoltre erano presenti spogliatogli.
In epoca imperiale le terme vennero abbellite con mosaici e statue. Vi erano diverse classi di terme pubbliche, quelle più economiche avevano prezzi accessibili anche ai plebei.
La pianta del Palladio. Le antiche terme Eleniane erano situate in un’area che va da Porta Maggiore alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Fino agli inizi del ‘900 era ancora visibile il corpo centrale delle terme, che però, anche a causa del cattivo stato di conservazione, venne demolito. Purtroppo nel corso dei secoli la funzione di quell’edificio era stata dimenticata. Solo grazie al ritrovamento di una epigrafe (risalente al decennio 323/333 d.C. e ora conservata ai Musei Vaticani) nel XVII secolo si capì che quelle erano delle terme, restaurate dalla madre del primo imperatore cristiano: Elena.
Del corpo centrale abbiamo una pianta realizzata da Andrea Palladio e conservata a Londra. L’artista la realizzò durante alcuni lavori di interramento della zona, alla fine del XVI secolo. Intuendo che quegli ambienti fossero importanti, si decise di farne uno schizzo.
Le cisterne. Oggi delle terme sono rimaste solo le cisterne, che servivano all’approvvigionamento idrico dell’impianto termale. Probabilmente sono arrivate a noi non solo perché meglio conservate ma anche perché in alcuni vani era stata costruita una cappella consacrata a Sant’Angelo. La presenza della cappella potrebbe averle salvate dalle demolizioni di inizio ‘900.
La pianta delle cisterne è molto semplice: una serie di camere quadrangolari, alcune con l’accesso murato, altre, invece, si aprono una dentro l’altra. In totale sono rimasti otto ambienti, di cui solo due hanno una copertura a volta, che probabilmente non è originale. Nel corso degli anni questo monumento è stato oggetto di una serie di interventi, anche perché, a causa della sua posizione, più bassa rispetto al manto stradale, spesso è stato usato come discarica abusiva.
Da Settimio Severo ad Elena. I bolli laterizi presenti sui mattoni della cisterna e una epigrafe – una dedica a Giulia Domana, moglie di Settimio Severo – permettono di datare il complesso termale all’età severiana (tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C.). Le terme facevano parte del complesso Sessoriano, voluto proprio da Settimio Severo. Del complesso facevano parte, oltre alle terme, anche un palazzo, l’Anfiteatro Castrense, il Circo Variano e giardini. Con l’ascesa al trono imperiale di Costantino (306-337 d.C.), questo palazzo divenne la residenza di sua madre Elena. Dopo un incendio, fu proprio lei a far ristrutturare le terme, così come riportato da un’epigrafe.
Elena, madre di Costantino, è una figura importante sia per la Chiesa Cristiana Cattolica sia per quella Greco Ortodossa. Sarebbe stata lei a trovare i resti della Vera Croce, sulla quale morì Gesù Cristo. Tre frammenti di questa reliquia, assieme alle altre che, secondo la tradizione, Elena portò da un suo viaggio in Palestina – pezzi della croce del buon ladrone, un chiodo della croce di Cristo, il titulus crucis (l’iscrizione riportata sulla croce) e due spine della corona – sono tutt’oggi conservate nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a pochi passi dalle cisterne delle Terme Eleniane.
Antonia Niro