Fino al 1979, la sede della Centrale del latte di Roma rimane a piazza Pepe. Trasferito lo stabilimento, la struttura sarà destinata all’Acea. Ma le due facciate principali verranno salvaguardate
(Numero 35 – Bimestre mar-apr 2021 – Pagina 8)
Nel 1911 la giunta Nathan aveva posto le premesse perché Roma avesse un suo stabilimento del latte. A tale scopo aveva sacrificato parte di piazza Pepe, contro il parere di chi sosteneva che non valesse ‘la pena di deformare una bella piazza’ attraversata dall’acquedotto Claudio. Si realizzò però un piccolo impianto privato, mal gestito e con modesti risultati e, anni dopo, il Comune ne decise la gestione diretta raddoppiando una produzione che rimaneva sempre inferiore al fabbisogno cittadino.
Alla fine degli anni Venti – i tempi sono ormai maturi – finalmente anche a Roma viene realizzato un vero e proprio stabilimento per la pastorizzazione del latte. Definiti gli accordi tra il Governatorato e il ‘Consorzio Laziale Produttori Latte’ tra il 1929 ed il 1932, viene deciso di realizzare un nuovo complesso demolendo in parte l’esistente, a cura e spese dello stesso Consorzio, sotto la sorveglianza del Comune, per garantire così ‘un latte genuino e integro’ con tutti i requisiti necessari. Il precedente stabilimento, infatti, è ormai decisamente obsoleto e necessita di macchinari moderni che non si limiti no soltanto ad una sommaria pastorizzazione del latte.
Un nuovo stabilimento più grande e più moderno
L’ingegnere Innocenzo Costantini (1881-1962), incaricato della redazione del progetto, si ispira al vicino acquedotto Claudio per ‘fissare l’espressione architettonica della facciata’ ed alla fine del 1932 il nuovo stabilimento è già ‘compiuto e funzionante’. Il 13 febbraio 1933 il Governatore, principe Boncompagni Ludovisi, istituisce la Centrale del latte confermando la gestione al Consorzio dei Produttori dell’Agro. L’area a disposizione è di 4500 mq – di cui oltre 1/3 coperti dall’edificio principale – con ampi cortili e viali per le manovre e lo smistamento dei 70 automezzi appositamente carrozzati dalla ‘STA – Società trasporti automobilistici’. Le preesistenze vengono demolite tranne il corpo centrale che viene completamente ristrutturato, articolato su tre livelli e dotato di un’attrezzatura modernissima, con impianti di pastorizzazione, gabinetti per le analisi fisico-chimiche, servizi di lavatura e riempitura dei recipienti, impianti frigorifero e celle di conservazione del latte, oltre ai servizi logistici ed amministrativi.
Un sistema semiautomatico per gestire l’intera produzione
Il latte, proveniente dalle fattorie dell’Agro, giunge due volte al giorno su autocisterne e in bidoni, su autocarri che vengono scaricati, contemporaneamente, su rulli e avviati alle bilance Toledo, collocate alle estremità dei nastri trasportatori. Dopo la pesatura, previa filtratura e refrigerazione, il latte viene scaricato automaticamente in serbatoi di alluminio posti al piano scantinato e poi sollevato, a mezzo di pompe speciali, al primo piano per la pastorizzazione. Successivamente il latte, immesso in speciali serbatoi di acciaio inox, viene conservato a 4 gradi centigradi e, per gravità, condotto al pianoterra, alle macchine riempitrici. Infine le bottiglie, sospinte sui rulli, giungono alle celle frigorifero in attesa della distribuzione alle 800 latterie di Roma e suburbio. A regime normale, la produzione è di 140.000 litri di latte pastorizzato al giorno.
Il Messaggero, nel dare la notizia dell’apertura del nuovo stabilimento del latte, che dal successivo lunedì sarebbe stato l’unico a potere essere venduto pastorizzato – in bottiglia con un ribasso di 15 centesimi al litro passando da 1,60 a 1,45 lire – ne enfatizzerà le qualità: è un latte ‘assolutamente puro e genuino’ e tutti potranno averlo imbottigliato e con esso ‘il massimo delle garanzie in fatto di purezza e genuinità’.
Il recupero della Memoria storica per la città che si rinnova
Nel 1956 la Centrale del Latte viene municipalizza e ricostituita come Azienda speciale autonoma sotto la direzione di una Commissione nominata dal Consiglio comunale. Successivamente, il primo gennaio 1979, lo stabilimento dell’Esquilino viene dismesso e la Centrale del latte trasferisce la sua sede produttiva in via Fondi di Monastero. Con progetto della Giunta Rutelli, infine, il nucleo originario dello stabilimento di piazza Pepe, dopo una sua parziale demolizione, viene recuperato e destinato ad impianto operativo dell’Acea, come centrale di trasformazione elettrica non presidiata, per soddisfare la crescente domanda di energia nel centro storico. Vengono in tal modo salvaguardate le due facciate principali dell’edificio, su via Giolitti e su piazza Guglielmo Pepe, che con il loro richiamo all’acquedotto Claudio rappresentano sicuramente l’espressione più autentica dell’architettura dello stabilimento, così come volle disegnarlo negli anni Trenta il suo progettista, l’ingegnere Innocenzo Costantini.
Carmelo G. Severino