Abbiamo chiesto all’autore del romanzo “Addio Monti”, trasferitosi da poco ad Esquilino, cosa pensa del nostro rione.
(Numero 0 – Bimestre mar-apr 2015 – Pagina 4)
Cosa ti ha spinto a trasferirti qui?
Cercavo un quartiere centrale. Non troppo lontano da dove abitavo prima, cioè Monti. Che avesse fascino e storia, ma senza prezzi proibitivi. L’Esquilino per me ha tutte queste cose.
Qual è stato l’impatto con il quartiere?
Molto positivo, ci sono delle cose di cui avevo perfino dimenticato l’esistenza: supermercati, parcheggi, strade larghe da capitale europea. C’è un unico grande lato negativo. il degrado diffuso che chiunque può constatare ogni giorno.
Alcuni dicono che la causa principale siano gli immigrati, anche dell’abusivismo commerciale e della microcriminalità. Sei d’accordo anche tu?
Di sicuro rispetto ad altre zone c’è una presenza di stranieri maggiore. E molti negozi non si sa esattamente cosa vendano. Certamente si ha la sensazione di un abusivismo evidente. Però sono tutti aspetti che vanno regolati dalle autorità italiane e romane. Alla base ci sono infatti i vari racket, che al 99% sono gestiti da italiani, come stanno dimostrando le varie inchieste in corso nella Capitale. È chiaro che c’è un problema di ordine pubblico. L’integrazione può avvenire solo sulla base del rispetto delle regole, da parte di tutti, romani e immigrati. L’aspetto che mi colpisce maggiormente è la presenza di senzatetto. Si vedono a decine su via Merulana, su largo Leopardi, in altre vie del quartiere. Questa è una vera e propria emergenza. Servirebbe uno sforzo da parte di ognuno, del Comune, delle associazioni di volontariato, dei cittadini. E perché no, anche della Chiesa: molti edifici del quartiere sono infatti di istituzioni religiose. Sarebbe bello se ciascuna di queste, utilizzate come bed&breakfast, destinasse una stanza e una doccia a uno di loro. Sarebbe in linea con la missione umanitaria cristiana, e con la politica di accoglienza che sta facendo papa Francesco.
Cosa pensi dei nostri centri culturali?
Ce ne sono tanti, come il museo di palazzo Brancaccio o l’Auditorium di Mecenate. Manca però un vero e proprio punto di aggregazione, una “piazza” anche metaforica. Ci vorrebbe un cinema. C’è solo quello estivo, molto piacevole. E a piazza Vittorio sarebbe bello se sorgessero anche locali, ristoranti, bar, per rivitalizzare i portici e i dintorni, popolati spesso da baretti un po’ tristi, negozi sfitti e take-away non proprio invoglianti.
Maria Grazia Sentinelli