Roma è una città buia. L’illuminazione permanente porta sicurezza e comfort, ma costa. Però con piccoli investimenti diffusi si potrebbero adottare soluzioni intelligenti che conciliano tutte le esigenze
(Numero 45 – Bimestre gen-feb 2023 – Pagina 2)
Alcuni anni fa ero ad Amburgo per una mostra sui sistemi di trasporto presenti e futuri. Tra questi erano esposti e funzionanti tre prototipi di treni a levitazione magnetica, tutti e tre sono rimasti prototipi per l’enorme quantità di energia che assorbono. Arrivato in città mi ero perso e non capivo più dove fossi: per sperimentare il trasporto pubblico, e la metro in particolare, non volevo prendere il taxi. Un signore, vedendomi imbranato, mi chiese come avrebbe potuto aiutarmi e mi riorientò. Da quel giorno ogni qualvolta vedo persone in strada con mappe e sguardo confuso, domando sempre se posso essere d’aiuto, nonostante qualche volta questo atto di gentilezza venga frainteso. Da qualche anno, però, non ho più molte occasioni per offrire il mio supporto: tutti vanno in giro col telefonino e le indicazioni richieste dai turisti agli abitanti del luogo sono sempre più marginali.
Eppure di aiuto c’è ancora tanto bisogno. Infatti non sempre c’è piena corrispondenza tra la mappa del telefonino e la strada: sul telefonino si legge il nome della via, ma sulla strada no. Le targhe sono spesso illeggibili, non si sa in quale posizione siano e talvolta mancano del tutto. La situazione diventa tragica quando qualcuno cerca un bed & breakfast: l’interno sul citofono è spesso difficilmente leggibile e confuso con i nomi di altri inquilini. La ricerca, poi, è ancora più complicata se la si deve fare nel buio delle strade romane.
Roma è una città buia. E lo è ancora di più dove le vie sono alberate e gli alberi non potati. L’insicurezza sulle strade negli ultimi anni è aumentata dall’uso di monopattini e motorini vari. Il trasporto pubblico è carente, e tanti ragazzi la sera non possono permettersi taxi per i loro spostamenti.
Con il sensore di movimento, luce solo quando serve
Aumentare l’illuminazione è una soluzione che urta con le raccomandazioni di risparmio energetico, specie se l’illuminazione dura tutte le ore di buio. Ma una soluzione che concilia, in parte, una valida illuminazione e risparmio energetico è stata adottata in un tratto di via Bixio. Un condominio ha installato sui muri, al di sopra dei marciapiedi, alcune lampade munite di sensori di movimento, temporizzate e alimentate da pannellini fotovoltaici. Se qualcosa si muove sul marciapiede sottostante, si accendono le lampade di un certo tratto e per un certo tempo. Si tratta di faretti utilizzati per illuminare i percorsi nei giardini. Non so se un gatto che passi lì sotto sia in grado di far scattare l’interruttore di movimento, ma se passa una persona non mancano di accendersi.
E allora, perché non fare anche le targhe stradali luminose a led alimentate con il fotovoltaico? E perché non distinguere luminosamente i pulsanti dei citofoni dei bed & breakfast rispetto a quelli delle abitazioni? Anche in questo caso, per ridurre al minimo gli sprechi, si potrebbe far ricorso a sensori di movimento!
Naturalmente ideuzze analoghe possono applicarsi all’illuminazione delle vetrine dei negozi.
Anche il trasporto pubblico offre varie occasioni di illuminazione a fotovoltaico: si può pensare all’illuminazione temporanea delle pensiline e delle tabelle alle fermate degli autobus, e persino tratti di strada, a monte e a valle delle fermate, potrebbero illuminarsi all’arrivo del mezzo pubblico per poi spegnersi dopo il transito. Questo sistema era già in uso tempo fa a Strasburgo.
Fermate intelligenti che si illuminano all’arrivo del bus
Forse sembra poca cosa ma, come diceva Totò, ‘è la somma che fa il totale’ e ricordo che quando anni addietro una società produttrice e distributrice di energia elettrica si trovò nella necessità di ampliare una sua centrale, donò agli utenti tante lampadine a led: il risparmio generato dalla sostituzione delle lampadine fece venir meno la necessità di costruire una nuova centrale. È questo un caso, forse più unico che raro, in cui un’azienda sembra essere andata oltre il suo interesse immediato di far consumare di più per incassare di più.
Carlo Di Carlo