Lettera aperta al Paese e alla politica e il grido di uno studente universitario del rione ma ‘come tanti’ che resiste per non abbandonare l’Italia
(Numero 44 – Bimestre nov-dic 2022 – Pagina 9)
“Gentile Presidente del Consiglio,
Sono un giovane studente, come tanti, anche se sempre meno. Sono un giovane italiano, come tanti, anche se sempre meno. Sono un giovane italiano che vive in Italia, come tanti, anche se sempre meno. Sono un giovane, futuro di/in questo paese, o forse no.
Le scrivo questa lettera in onore di ciò che amo. Amo il mio paese, amo la mia città, la città eterna. Amo la mia cultura, la mia gente, così diversificata e così simile da Nord a Sud. Amo il mio paese, attraversato dalle montagne come mi attraversano le ossa, svolgendo un ruolo simile, di sostegno. Amo il mio paese e desidero continuare a viverci. Desidero far parte del suo futuro, desidero che faccia parte del mio futuro.
Le scrivo perché non riesco più a credere nel mio paese, non riesco più a sentire quel filo che ci legava così profondamente. Le scrivo perché non riesco più a giustificare ciò che sento sulla mia pelle e su quella dei miei coetanei. Le scrivo perché sento che il legame tra me e il mio paese si sta indebolendo. Le scrivo perché non vedo più il mio posto nel futuro di questo paese o, al contrario, non trovo più la pazienza e la forza per cercare un posto all’interno di questo paese.
Le crisi nazionali e internazionali che si sono susseguite hanno rivelato ferite molto grandi, ma di certo una, già presente, si è allargata. Quelle piccole realtà, che tutti si raccontano al bar o in televisione, sulle difficoltà di ognuno a superare un’altra crisi, non hanno mai raccontato la vita di un giovane studente italiano, con un futuro ma sempre meno, con un presente ma sempre meno. Il senso di abbandono che provo, io, giovane studente, italiano, che vive in Italia ma sempre meno. Il senso di appartenenza, che provo, ma sempre meno. Sono italiano, ma sempre meno, e mi chiedo se ho votato per una politica che mi rappresenti, ma sempre meno. Sono il futuro di questo paese, ma sempre meno.
Non mi sento rappresentato da un paese che non riesce ad abbandonare il suo passato, a dare futuro al suo futuro, a dare futuro al futuro. Un paese che non garantisce un futuro a un giovane studente italiano, come lo sono io, che vengo ‘sottomesso’ dall’Italia di vent’anni fa, con il suo linguaggio di vent’anni fa, i suoi problemi di vent’anni fa. Vengo rappresentato in politica da argomenti che non mi rappresentano. Vengo giuridicamente “protetto” con tempi che non sono propri alla mia gioventù. Vengo istruito da professori che parlano una lingua antiquata, di quarant’anni fa.
L’Italia non è un paese per giovani, l’Italia è un paese dove il presente è passato, dove il cambiamento è futuro. L’Italia vive sempre una generazione in ritardo.
Pagherò la pensione dei miei genitori e della generazione precedente alla mia. I miei professori parleranno il linguaggio innovativo dei miei genitori. Studierò su apparecchiature che non si usano più. La politica mira ad un pubblico di una generazione che non ci sarà più…
Sono un giovane studente ma sempre meno.
Gentile Presidente, Le scrivo questa lettera perché alla fine di questa pandemia avremo salvato i nostri nonni al prezzo di nascondere il nostro volto e, assieme a esso, gran parte della nostra personalità (così importante alla nostra età). Alla fine (speriamo presto) di questa guerra, avremo salvato il nostro paese, i suoi valori, i nostri diritti e la nostra diversità. stravolgendo quella che sarà la nostra economia. Ma troveremo qualcuno disposto a difendere un giovane studente italiano, sempre meno giovane, sempre meno studente?
Gentile Presidente, qualcuno salverà anche noi?
Sono un giovane italiano, sempre meno giovane, sempre meno studente, sempre meno abitante di questo paese… Sono un giovane italiano e Le scrivo questa lettera perché voglio essere salvato!”
Luca Marengo