Una eccezionale testimonianza degli splendori umbertini in area esquilina
(Numero 16 – Bimestre nov-dic 2017 – Pagina 9)
Negli anni Ottanta dell’Ottocento, per iniziativa della ricca famiglia americana della principessa Mary Elisabeth Field, tutta l’area tra via Merulana e via delle Sette Sale viene interessata da un’intensa attività di trasformazione edilizia. Nel marzo 1870, infatti, la primogenita del facoltoso magnate di New York John Hickson Field è andata in moglie a don Salvatore Brancaccio principe di Triggiano, esponente di una delle più prestigiose ed antiche casate del Napoletano. La giovane, ricca e ambiziosa million dollar american princess, è destinata a essere protagonista dell’ascesa mondana della famiglia nella nuova corte dei Savoia a Roma. I Field nel 1872 acquistano gli ortivi del monastero di santa Maria della Purificazione delle clarisse francescane alle Sette Sale per farne la loro villa di delizie e poi, nel 1879, anche il contiguo edificio monastico di via Merulana, che l’apertura delle nuove strade di piano regolatore ha ormai destinato alla parziale demolizione. E così, grazie “all’illustrissimo signor ingegnere Gaetano Koch”, che pone le basi per il primo nucleo palaziale, all’architetto Luca Carimini, che redige il progetto di ampliamento e ne cura la direzione lavori, e all’ingegner Carlo Sacconi, che ne progetta il completamento, tra il 1879 ed il 1912 viene realizzato un grande palazzo nobiliare attestato lungo la via Merulana, strada che nella nuova Roma ha l’importante ruolo di estendere il quartiere Esquilino oltre la via Labicana, verso la basilica di San Giovanni in Laterano.
La tenuta Field-Brancaccio. Palazzo Brancaccio dispone di sontuosi saloni dagli elaborati decori e arredi di alto pregio dovuti all’attività di Francesco Gai, accademico di San Luca, pittore e decoratore nonché ritrattista ufficiale della famiglia Field-Brancaccio. Un monumentale atrio porticato, che attraversa il palazzo sino ai giardini retrostanti, dà accesso all’imponente scalone di rappresentanza che conduce ai piani superiori, all’ammezzato nobile, residenza dei principi Brancaccio e il primo piano nobile della famiglia Field.
La tenuta, a servizio del palazzo, si presenta ampia e articolata in posizione elevata rispetto al territorio circostante, con muraglioni di sostegno sulle strade di confine. La presenza delle Terme di Tito ne condiziona fortemente l’utilizzazione anche se il progetto di sistemazione riesce a valorizzare tali preesistenze archeologiche. I giardini e le aree verdi, pensate in funzione della tutela, presentano una vegetazione lussureggiante ed essenze vegetali autoctone, come pini e lecci, che si mescolano a palmizi di varie specie.
Carlo e Marcantonio Brancaccio, ereditata la tenuta nel 1897, fanno costruire nel 1913, sul lato della via Mecenate ad angolo con la via Merulana, su progetto dell’ingegnere Silvio Salvani, il cosiddetto Brancaccino, con “sale per teatro e cinematografo”, così da costitui-
re un valido sostegno alla sovrastante villa e “liberare lo sconcio ed il pericolo dell’informe terrapieno” con un giardino pensile. Don Marcantonio Brancaccio, nuovo principe di Ruffano e di Triggiano, il primo aprile 1959, a ottant’anni, sposa Fernanda Ceccarelli, morendo poi a Roma, il 5 novembre 1961, senza discendenti. La principessa Fernanda, invece, giungerà ai giorni nostri continuando ad abitare il primo piano nobile del palazzo sino alla morte avvenuta il 22 ottobre 2014.
Palazzo Brancaccio oggi. Con il suo giardino-parco ed il laghetto, il ninfeo, la “Coffee House” ed altri manufatti di servizio, oggi Palazzo Brancaccio è suddiviso in diversi ambiti appartenenti a vari proprietari. La parte del palazzo a diretto contatto con il giardino-parco retrostante, disponendo di ampie sale interne sontuosamente arredate ed impreziosite da arazzi, affreschi e stucchi di alta qualità, viene utilizzata per ricevimenti in occasione di matrimoni o altri eventi importanti. L’ammezzato nobile del palazzo, invece, è oggi in cerca di una nuova destinazione: esso infatti ha ospitato nei suoi circa 1700 metri quadrati – dal giugno 1958 sino al 31 ottobre scorso – il MNAO, il Museo Nazionale di Arte Orientale “Giuseppe Tucci”. La decisione ministeriale di dismettere tale importante sede museale per trasferire il MNAO all’Eur, anche se si pone l’obiettivo del rilancio e della valorizzazione delle prestigiose sue collezioni, di fatto ha privato l’Esquilino di un polo culturale di eccezionale valore e, soprattutto, ha fatto venire meno una destinazione d’uso – quella museale – in grado di consentire la fruizione pubblica di palazzo Brancaccio, condizione difficile da ottenere altrimenti, stante la natura di bene privato dell’aristocratico palazzo.
Carmelo G. Severino