Lo scorso marzo è stato approvato il ‘Regolamento del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale’. Ma prima di vederne gli effetti passerà molto tempo
(Numero 38 – Bimestre nov-dic 2021 – Pagina 2)
Il Nuovo Testamento dice ‘Mettete in pratica il Verbo, non l’ascoltate soltanto, ingannando voi stessi’. Questa frase, forse con lungimiranza, era probabilmente riferita ai tanti nostri amministratori politici, che spesso hanno schemi operativi ottimali che restano solo dichiarazioni di intenti, non trovando realizzazione concreta. Quando poi la realizzazione c’è, ha tempi di attuazione infiniti.
È il caso del ‘Regolamento Capitolino del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale’, approvato il 12 marzo del 2021 ed entrato in vigore il 15 maggio. Prima di vederne gli effetti passerà molto tempo. Tanto tempo: molte parti hanno bisogno di delibere separate, altre si sovrappongono con altre delibere e altre nella stessa delibera. E poi, probabilmente, ci potrà essere ostruzionismo da parte dei vecchi uffici che si vedranno sottratte alcune competenze. Per esempio, una proposta anche ragionevole, di prevedere che ogni municipio potesse istituire una propria consulta del verde e del paesaggio urbano, non è stata accolta in quanto l’argomento sarà oggetto di una delibera di attuazione.
Sul verde urbano c’è un gran lavoro organizzativo, educativo e culturale da fare
È incredibile che Roma – che ha una superficie di verde urbano tra le più vaste tra le città italiane ed europee – non abbia avuto finora un regolamento del verde. Forse questo è un tema che non ha mai interessato i nostri amministratori. Persino la seduta per l’approvazione di quest’ultimo regolamento, fissata per l’11 marzo di quest’anno, si è dovuta rinviare al giorno dopo per mancanza del numero legale. E il giorno dopo il numero legale si è raggiunto solo grazie al quorum ridotto previsto per le sedute in seconda convocazione: erano presenti 18 consiglieri e assenti 30. Era assente anche l’allora sindaca. Non sappiamo se c’è stato un un problema di insensibilità, di impegni legati alla pandemia o l’avvicinarsi
della tornata elettorale di ottobre. Fatto sta che il segnale percepito è la mortificazione di un lavoro – durato mesi e mesi – di associazioni, funzionari ed esperti che hanno trattato i vari problemi del verde, dei rapporti tra municipi e centro, tra pubblico e privato, fino ai contributi che potrebbero dare i singoli. C’è un gran lavoro organizzativo, educativo e culturale da fare. Prima di tutto l’inventario del verde e la classificazione di quali spazi siano di pertinenza di Roma Capitale e quali invece dei singoli municipi, ossia il decentramento delle responsabilità, la realizzazione di UO (Unità Operative) in ciascun municipio e la nomina dei responsabili di giardino o parco. E poi c’è la pubblicizzazione di quello che si vuole fare e di quello che si sta facendo.
Certo, tra le proposte del passato, alcune hanno davvero fatto ridere. Per esempio quella di usare le pecore come taglia erbe e le caprette per modellare le siepi. E allora perché no i cinghiali per arare il terreno!? Sono bravissimi a scavare sottoterra. Hanno fatto ridere anche le previste vigne a Largo di Torre Argentina o il giardinetto ‘romano’ con alloro, vite, rosmarino ecc. a Piazza Pepe. Mentre non sappiamo nulla degli alberi dedicati a ogni neonato: non sappiamo che essenze siano e dove siano e se il genitore (ma forse sarebbe meglio dire il nonno) può prendersene cura.
In passato non sono mancate le proposte surreali: pecore per tagliare l’erba e vigne a Torre Argentina
Nel regolamento giustamente non si parla degli animali, fanno eccezione i cani che si sono conquistati i loro territori: le ‘aree cani’. Ma il tema è importante: mentre si discuteva del verde, i cinghiali proliferavano, i gabbiani si mangiavano i topi, gli storni ci cacavano in testa. E qualcuno si ricorda dei pavoni di Villa Sciarra, dei pesci rossi in tante fontane, dei cigni prima e poi anatre e poi ancora scimmie a piazza Vittorio? E dei gatti? Scusate, delle ‘colonie feline protette’ e delle relative gattare?
Forse è il caso di pensare a un ‘Regolamento degli animali in città’, con tanto di UO presso ciascun Municipio!
Carlo Di Carlo