Il restauratore del Louvre e del vaso di Warka ci apre le porte del suo laboratorio a pochi passi da piazza Vittorio
(Numero 1 – Bimestre mag-giu 2015 – Pagina 4)
L’ultima fatica è il restauro del complesso delle Quattro Fontane. Quali criticità ha riscontrato?
I lavori di restauro sono iniziati nel luglio 2014 e sono terminati nel febbraio 2015. Dal punto di vista tecnico, a 25 anni dall’ultimo intervento, abbiamo dovuto rimuovere agglomerati di calcare misto a smog spessi anche un centimetro, accumulatisi nelle parti a più stretto contatto con l’acqua. Mancavano alcune foglie della vegetazione che circonda le statue e noi le abbiamo rimodellate. Non sono mancati i problemi logistici: il cantiere era diviso in quattro angoli e per spostarsi si dovevano aspettare i semafori. Inoltre il continuo passaggio di turisti, passanti, ma soprattutto automobili hanno inciso sulla qualità dell’ambiente lavorativo. Decisamente confusionario e rumoroso. Ma ne è valsa la pena. E’ stato interessante lavorare su un complesso di tal genere, inoltre, a differenza di 25 anni fa, il restauro ha investito anche le paraste delle fontane: abbiamo svolto un lavoro completo.
Tra i lavori che ha eseguito in Italia e in giro per il mondo, qual è quello che per lei è più importante?
Uno dei restauri che ricordo con maggiore intensità è quello del gruppo monumentale Leone che azzanna un cavallo, di epoca ellenistica. La scultura, che fino al ‘500 era il simbolo di Roma, venne restaurata una prima volta da Ruggero Bascapè, allievo di Michelangelo. Noi siamo intervenuti dopo che per decenni il gruppo monumentale era stato lasciato nel giardino Caffarelli. Un lavoro difficile perché si doveva porre la massima attenzione ai minimi particolari di entrambi gli animali. Lo ricordo con molto piacere perché mi ha intrigato parecchio. La scultura è davvero notevole, soprattutto per la resa dei particolari, l’espressività ed il pathos che trasmette.
Si sente un tecnico o un artigiano?
Mi sento un tecnico, ma credo che il tecnico sia sempre un artigiano, a meno che non introduca nel proprio lavoro un elemento artistico, allora è un artista. I restauratori non interpretano l’opera d’arte, ma tentano di restituirle l’immagine che aveva in origine.
Su quale monumento dell’Esquilino le piacerebbe lavorare?
Nel rione sono presenti molti monumenti e siti, alcuni molto benrestaurati, altri di cui non condivido il modo su cui si è operato. Mi sarebbe piaciuto lavorare al restauro di Porta Maggiore. Mi affascina molto questo monumento: un luogo dove si incrociano vari acquedotti e che è parte integrante delle Mura Aureliane. Inoltre è molto vicina alla basilica sotterranea, ricca di mistero e fascino. Anche questo un sito davvero molto bello e oggetto di un recente restauro al quale mi sarebbe piaciuto partecipare.
Antonia Niro