Una volta negli spazi condominiali rieccheggiavano i giochi e le voci dei nostri bambini. Oggi quei giochi e quella socialità sono sempre più spesso ospiti delle scuole
(Numero 38 – Bimestre nov-dic 2021 – Pagina 3)
Io la cattiveria codarda e gratuita l’ho conosciuta a otto anni, nel grande cortile condominiale di casa. Si chiamava Valerio, andava già alle medie e maltrattava con grande soddisfazione i cuccioli che una gatta rossa e affaticata dalla vita randagia aveva partorito in un angolo nascosto dalle auto parcheggiate. Ricordo di aver pianto di frustrazione mentre lo raccontavo a mia madre. In quello stesso cortile però ho anche imparato a fare i salti con la bicicletta, ho giocato a sfinimento con gli elastici, ho piantato e ripiantato infinite volte (e inutilmente) i semi scuri della Bella di Notte, ho consumato di chiacchiere con le amiche il muretto in cemento. Mi sono sentita a volte molto piccola e altre ormai grande, in quel cortile. Un po’ del suo asfalto, dei gelidi occhi azzurri di Valerio, dei vicini affacciati dai terrazzi, del silenzio obbligato dopo pranzo, dell’afa dei pomeriggi d’estate è rimasto nell’impasto della mia infanzia di provincia. Come è stato per tanti che sono stati bambini negli anni ’80, e ancora di più per chi è venuto prima.
Nei cortili delle scuole si è spostato quel luogo di confine fra ‘dentro’ e ‘fuori’
Oggi che sono madre di un bambino di città, che sta crescendo in un rione del centro che conta quasi gli stessi abitanti della mia cittadina d’origine, non ritrovo più nei cortili dei bei palazzi umbertini quello spazio di vita e di crescita così prezioso per cominciare a diventare adulti. E non lo trovo più perché qui, all’Esquilino, si è spostato altrove: ha abbandonato la dimensione ristretta e privata dei condomini della mia infanzia, per ricomporsi fra le ampie mura pubbliche delle scuole.
È nel cortile della sua scuola infatti che mio figlio e i suoi amici trovano quel luogo di confine, di frontiera fra dentro e fuori, fra noto e ignoto, fra regola e anarchia. È lì che giocano ad ‘acchiapparella’, fanno le ruote e le gare, organizzano partite di calcetto o di basket, disegnano a terra con i gessetti. È lì che litigano e fanno la pace, subiscono le ingiustizie e si dicono le bugie, ridono a crepapelle e diventano amici. Il grande cortile si riempie di tutta quella vita, di quelle grida, dei rimbalzi dei palloni.
Associazioni dei genitori e scuole aperte: un modello sempre più diffuso
Questo accade perché quello spazio non vibra solo nel breve tempo della ricreazione, ma resta aperto al gioco e allo sport anche dopo l’orario scolastico, grazie all’associazione dei genitori della scuola che, fra i primi in Italia, hanno sperimentato un modello di condivisione e di partecipazione che mette la scuola al centro e la apre ai bambini, alle famiglie, al territorio. La forza di questa formula è alla base della sua progressiva diffusione in tutta Italia: da Bergamo a Catania, decine di cortili e spazi scolastici sono stati restituiti ai ragazzi dagli stessi genitori volontari. Anche nel nostro rione, oltre all’ormai storica Associazione genitori Di Donato, negli ultimi mesi ne sono nate altre due: quella della Bonghi e quella della Baccarini. Un segnale importante.
Qualsiasi spazio pubblico può diventare un cortile
La pandemia ha ulteriormente spinto il processo. Il Covid per tanti mesi ha tolto ai nostri figli i loro cortili e tutto il mondo di relazioni che in quegli spazi abitava. Quella privazione improvvisa e forzata ci ha spiazzato. Ma i bambini hanno grandi risorse e quel vuoto l’hanno saputo riempire con la loro capacità trasformativa e generativa: hanno ricreato i loro cortili sui terrazzi e nei tanti giardini del rione. Li hanno ricreati in strada, come a via Bixio nei pochi mesi che è stata davvero fruibile, senza auto e senza cantieri assurdamente eterni. Ho compreso che il cortile è ovunque i bambini vogliono che sia, è negli spazi che loro conquistano con il gioco, con un monopattino, con un pallone. Un cortile può essere qualunque spazio pubblico – scuola, piazza, giardino, strada – dove possono essere liberi e stare insieme agli altri.
La sfida che lanciano a noi adulti è piuttosto chiara. Cosa chiedono alla loro città è evidente.
Prendo in prestito le parole di Giovanni Castagno, Mister di Esquilino FC all’avvio del corso di calcetto: ‘Immaginazione, creatività, un palla che rotola, una rete che si gonfia… e il nostro cortile diventa il Maracanà!’
Micol Pancaldi