Nel lontano Paese di mezzo, ad un passo da Shangai. Seconda tappa del viaggio attraverso i sapori dell’Esquilino
(Numero 2 – Bimestre lug-ago 2015 – Pagina 11)
La Cina resterà sempre un affascinante mistero per me. Credo che ognuno di noi nel profondo provi un’inspiegabile riverenza nei confronti di un popolo millenario così controverso.
Parto dal Punjab, luogo della mia precedente tappa. La zona dove sono diretto a Nord di Shanghai dista idealmente circa 3000 km. Lascio alle mie spalle i ragazzi dell’Indian Fast food, ho davanti il cuore pulsante di un paese sconfinato. Si parte!
Shanghai è incredibile. Viva ed interessante, brulica di cambiamenti. Sono solo di passaggio, vado verso il Settentrione, ad Hang Zhou, nella provincia di Zhejiang. La città da il nome al ristorante dove sono diretto. Qui trovo Sonia, la proprietaria. La conosco da tempo, da quando nel suo piccolo locale a Monti dispensava piatti prelibati ai clienti accalcati pronti a deliziare il palato della “vera cucina cinese”. Da allora non l’ho più lasciata.
Mi accoglie sorridente come sempre. Nei suoi occhi la forza di una donna che da sola ha sradicato una cultura culinaria lontana, trapiantandola con grande successo nel cuore di Roma, anticipando non di poco la moda del “ristorante cinese”. Onestamente un’interessante vittoria tutta al femminile. Sonia è la colonna portante dell’attività, personaggio colorito ed estroso ha fatto della sua immagine le fondamenta del successo.
Il suo sorriso mi sprona a dare sostanza alla nuova intrigante sosta. A suscitare subito il mio interesse sono le verdure “cuore vuoto” (Kong Xin Cai) disponibili soloda fine maggio ad inizio luglio: di un verde bellissimo, sono cotte al vapore con un gambo scavato, condite con abbondanza di aglio. Il sapore è ottimo ed il senso di disagio che il nome detta le rende ancor più accattivanti. Mi viene da pensare che siano anche un monito a colmare con convivialità quella malinconia che i migranti portano con sé per tutta la vita, privati delle loro radici lontane. Con Sonia ricordo altri viaggi in Cina che mi portarono nella sua terra. Ho l’immagine di tavole imbandite di tutte le pietanze, non vi sono portate singole ma tutti condividono tutto, insieme!
Passo allora ad un altra verdura, quella buddista: è priva di pesce e carne, perfetta per me che sono vegetariano. Dal nome agli ingredienti, la pietanza rispetta quanto una corrente del buddismo avrebbe voluto comunicare: il vegetarianesimo. Anche se non esiste una posizione assoluta del buddismo circa questa scelta alimentare. Il piatto, molto saporito alterna verdure a germogli e salsa di soia.
“Sonia – le chiedo tra un boccone ed un bicchiere di birra cinese – dove hai imparato a cucinare?”. “Io? Io non sono cuoca, io ho le idee. Idee che i miei cuochi mettono in pratica e poi una volta assaggiate decido cosa farne”. Considerando il boom del food negli ultimi anni e i costosissimi corsi “necessari” per sfondare, questa esclamazione mi fa riflettere non poco. “Sai Andrea” – risponde -, io ragiono come si ragionava un tempo in Cina: un piatto perfetto deve esser impeccabile per il sapore, il colore, la bellezza e il profumo. E io so quando un piatto soddisfa completamente tutte queste caratteristiche”. Le brillano gli occhi, la grinta non le manca tantomeno l’esperienza.
L’intuizione. Un tempo consumato solo dall’imperatore, poiché pregiatissimo, oggi il riso nero è stato sdoganato anche sulle nostre tavole. “Ho portato io la cultura del riso nero a Roma all’inizio del 2001 – osserva soddisfatta – ancora non era conosciuto ed ho provato a farne un piatto di tradizione Cinese per una cena di capodanno. Fu un successo!”. Scruto il suo sguardo realmente fiero. Ha iniziato come cameriera, nella foto che osservo alle sue spalle è euforica tra le braccia di Vissani.
Il ristorante inizia a svuotarsi. I ritmi del locale seguono il respiro di Sonia ed ora un velo di stanchezza sul suo viso la fa sembrare piu’ vulnerabile. Osservo in quel momento quante energie impieghi. Le chiedo quale sia il motore di tanta dedizione. “Cuore e passione!”, ribatte senza esitare. Le credo. E’ una donna forte, un’imprenditrice, “non cuoca”, che in un settore maschilista ha saputo rispondere alle difficoltà con l’astuzia e le scelte giuste.
Gli involtini primavera freschi. Finisco di mangiare un’altra delle sue “idee”. Involucro di acqua e farina rigorosamente non fritto, con un cuore di verdure miste. Da provare con le salse che i ragazzi di Sonia propongono, sono davvero irresistibili. Assaggio poi del tofu piccante unito a del riso bianco solitamente usato al posto del nostro pane. Il sapore è fortissimo. Il tofu, di consistenza molle, si perde tra spezie e la frutta secca. Il riso bianco è necessario per smorzarne l’intensità. Effettivamente il colore delle portate in contrasto con i bianchissimi chicchi di riso risultano colorati e belli. Sonia sa che l’occhio vuole la sua parte, infatti le portate vengono spesso presentate accompagnate da deliziose sculture di verdure.
Arriva il dolce. Le chiedo di consigliarmi un dessert ed istintivamente esclama “il tipico gelato fritto!”. Seguono una manciata di secondi di silenzio e nel momento in cui si incontrano i nostri sguardi una fragorosa risata ci prepara alla fine di questa breve tappa.
Per concludere mi propone una “grappa vera di rosa”. E’ Sonia a presentarmela cosi: “un giorno un uomo venne a pranzo qui, arrivava dalla Cina. Abituato a bere una grappa di rosa ogni sera nel suo ristorante di fiducia me ne chiese un bicchiere a fine pasto felice di trovarla anche lontano da casa. Poco dopo tornò da me arrabbiatissimo accusandomi di avergli somministrato una grappa di rosa falsa”. nel frattempo Sonia prende tra le mani una bottiglia molto bella per mostrarmela: “vedi Andrea, sulle bottiglie originali di questa grappa è stampata una rosa direttamente sul vetro. Quel signore aveva bevuto per anni grappa di rosa finta. Bevuta quella vera, non mi ha creduto”. La osservo più intensamente, intuendo dove vuole arrivare: “la verità è spesso tale, in relazione alle tue conoscenze ed esperienze”. Frastornato dalla scoperta della “teoria della relatività della verità”, abbraccio Sonia e la saluto affettuosamente. Esco con il pensiero di non avere termini di paragone per verificare la veridicità della sua grappa, ma non importa. Mi fido di lei e qui di vero ne ho sicuramente scovato tanto. L’aroma di rosa accompagnerà il mio viaggio verso una nuova tappa.
Andrea Fassi