L’attribuzione delle competenze tra il Comune, i Municipi e le aziende di servizi
(Numero 23 – Bimestre gen-feb 2019 – Pagina 2)
Questa è la storia di quattro amici: Ognunodinoi, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno. Il vero nome di Ognunodinoi era PopolodeRoma, di Qualcuno era ComunedeRoma, di Nessuno era MunicipiodeRoma e di Ciascuno era Aceatacama, che nonostante il nome vagamente giapponese, era di queste parti. Aceatacama in realtà erano tre gemelli, che avevano gli stessi difetti.
Una richiesta semplice. Ognunodinoi (PopolodeRoma) aveva bisogno che fosse fatto un lavoro importante, niente di eccezionale, un lavoro di manutenzione ordinaria: che le buche e le voragini stradali fossero riparate, che gli alberi dei viali fossero potati e il verde dei parchi curato, che le strade fossero spazzate e i cassonetti dell’immondizia svuotati; che nelle strade di sera e di notte ci fosse luce sufficiente per camminare senza paura di essere scippati o investiti dalle auto, o di slogarsi una caviglia sul marciapiede dissestato o di pestare cacche di cane. E che gli autobus passassero frequentemente e senza prender fuoco.
Ognunodinoi chiese a Qualcuno (ComunedeRoma) di occuparsene e lo chiese anche a Nessu-no (MunicipiodeRoma). Nessuno disse che non gli spettava perché compito di Qualcuno. Poi, finalmente, Qualcuno o Nessuno chiesero a Ciascuno (Aceatac- ama) di fare quanto necessario. Ognunodinoi però non era sicuro che si sarebbe fatto. Infatti Ciascuno, che avrebbe potuto e dovuto fare, non lo fece.
Ognunodinoi si arrabbiò perché credeva che Qualcuno fosse Responsabile di quei lavori. Ma Qualcuno Responsabile non si riuscì a trovare.
Finì che Ognunodinoi (PopolodeRoma) fece anche una piazzata in Campidoglio contro Qualcuno (ComunedeRoma), che a sua volta rimproverò Nessuno (MunicipiodeRoma) di non aver fatto ciò che Ciascuno (Aceatcacama) avrebbe dovuto fare. In questa lite di tutti contro tutti, si sono sentite voci varie, rivolte al passato: “è colpa e responsabilità delle amministrazioni precedenti”. Al presente: “non ci sono i soldi”. E al futuro: “stiamo facendo e faremo…”
Fuori metafora. Effettivamente, ACEA ha rinnegato la mamma Roma Comunale cambiando più volte nome e personalità – da società al servizio della comunità a società per fare utili – e ha creato un gomitolo inestricabile di società e partecipazioni, che ci vorrebbe molta luce per vederci qualcosa.
Ma, al contrario, l’illuminazione, specie stradale, è stata abbassata fino quasi al buio. ATAC era stata sottoposta, pochi giorni fa, a una dolorosissima operazione di cambio di genere: da pubblica a privata. Ora pensa di ristrutturarsi in azienda speciale, che nessuno sa cosa voglia dire. Per il momento sono diminuite le corse, così gli autobus non si guastano né prendono fuoco.
Infine AMA sta studiando come smaltire l’immondizia prima che sia prodotta (rifiuti zero con economia circolare). Per il momento è bene nascondere i cassonetti troppo pieni. E come? Naturalmente sotto cumuli di immondizia.
Ma il cambiamento di nome non è garanzia di cambiamento: forse è necessario rivedere la struttura organizzativa, passando da una struttura con responsabilità verticali a una struttura orizzontale con responsabilità non settoriali ma di zona.
Aspettando il micco. Quel fornaio che caricava esageratamente il carrettino a mano per la consegna del pane ai negozi, al ragazzino, piccolo e debole, che lo doveva spingere, diceva: “Vai, vai, che qualche micco che ti aiuti, troverai”. I micchi oggi sono forse quelle persone che armate di scope ripuliscono strade e giardini. Sono quelli che danno la mancia a chi spazza i marciapiedi, sono i volontari del verde che lavorano nei parchi senza neppure l’assicurazione, sono quei condòmini che piantano alberelli al posto di quelli morti o curano le microaiuole con fiori e piantine. Sono quei negozi o condomìni che fanno luce con i loro faretti privati nei tratti di marciapiede vicini.
In questa città che sta sempre più diventando una ‘città fai da te’ forse rispunteranno i camioncini che sostituivano le linee degli autobus il giorno del 1° maggio.
Qualcuno qui sta aspettando il micco. E forse ci conta troppo.
Carlo Di Carlo