Un secolo di parole

Quando i media hanno raccontato l’Esquilino di cosa hanno scelto di parlare? Un viaggio in cento anni di titoli e notizie
(Numero 55 – Bimestre set-ott 2024 – Pagina 2,3)

Non valeva affatto la pena di costruire un giardino con tanto sottile magistero d’arte per farlo poi deturpare da tutto il sudicio popolino dei quartieri alti’. Al netto dello stile, queste righe potrebbero essere estrapolate da un post pubblicato oggi su qualche pagina social. E invece è il 10 luglio 1888, i giardini di piazza Vittorio sono stati appena inaugurati, sul quotidiano ‘Il Fanfulla’ già se ne denunciava la frequentazione e la stampa invitava il Comune a prendere urgenti provvedimenti.

L’eterno ondeggiare fra degrado
e rinascita è la cifra del rione

Sono vari i temi per cui, decennio dopo decennio, si parla del rione. In primo piano, le questioni legate alle opere pubbliche e, in questo senso, piazza Vittorio Emanuele II, con le complesse vicende del mercato e del giardino, è spesso protagonista. Situazioni e progetti fortemente sentiti dalla gente e rispetto ai quali il dibattito politico si fa acceso, dunque perfetti per alimentare il racconto giornalistico. Ieri come oggi.
Una testimonianza interessante è la puntata del 28 ottobre 1980 del programma Rai ‘La posta del cittadino’ dal titolo ‘Piazza Vittorio, un problema complesso’. Il mercato, allora ancora collocato attorno al giardino, è in condizioni igieniche e di degrado ormai inaccettabili. L’inviato intervista commercianti e clienti. ‘Il mercato e la grande piazza sono lasciati a se stessi da decenni’ dice una signora. Le telecamere si addentrano poi nel giardino, una landa desolata e sporchissima, disseminata di baracche in lamiera, materassi, impalcature, automobili parcheggiate. Guardando il bellissimo giardino che abbiamo oggi, sono immagini incredibili. C’è rabbia e sconforto nella voce degli intervistati. Il giornalista commenta: ‘Di giorno i borseggiatori e di sera prostitute e travestiti, sbandati. Sembra, d’altra parte, che molti abusivi e piccoli contrabbandieri di recente allontanati dalla stazione Termini si siano trasferiti a piazza Vittorio. Di fronte a tutto questo, solo due vigili urbani fissi’. Il servizio termina con l’intervista al prosindaco che dichiara come la giunta abbia deciso lo spostamento del mercato in una ‘nuova e moderna struttura’ impegnando il Comune a risolvere il problema alla radice con una ‘soluzione organica, non parziale’. Cosa che però non avverrà fino al 2001, oltre un ventennio dopo.
Anche l’area di Piazza Pepe negli anni conquista le pagine dei giornali. Dalla posa della prima pietra della Zecca, il 28 giugno 1908, raccontata su ‘Il popolo romano’, quello spicchio di Esquilino farà parlare di sé. Durante gli anni ’80 il destino dell’ex centrale del latte e delle caserme in disuso sono oggetto di un susseguirsi di grandi progetti che alimentano la polemica politica e il dibattuto pubblico. Nell’ottobre 1990, ‘La Repubblica’ titola ‘La scommessa dell’Esquilino. La scelta del Campidoglio riapre una questione antica: come reinventare un quartiere-chiave umiliato dal degrado’. La ‘scelta’ è quella di abbattere l’ex centrale del latte e di ridisegnare l’area. L’articolo è corredato da una mappa di quel quadrante del rione dal titolo ‘Tre piazze piene di guai’. All’interno dell’articolo leggiamo ‘[…] i progetti di recupero dell’Esquilino, un quartiere che non è metaforico dire che crolla a pezzi senza l’aiuto di ruspe e dinamite’. In effetti, fra i problemi del rione ormai risolti (o quasi, se consideriamo l’evacuazione a via Giolitti nel 2021), c’è quello dei palazzi pericolanti e dei veri e propri crolli che, nel secolo scorso, erano frequenti e riportati anche dai media nazionali. Il 28 aprile del 1986 si registra il crollo del palazzo all’angolo fra via Ricasoli e via Principe Amedeo del quale ‘lo stato di degrado risultò spaventoso’, precisa un articolo de ‘L’Unità’, e a seguito del quale decine di altri edifici vennero verificati e puntellati. Nel 1991 ‘Il Corriere della sera’ riporta del cedimento di una rampa di scale a via Rattazzi e, pochi mesi dopo, di un solaio tra piazza Vittorio e via Carlo Alberto che fece volare per due piani i 24 condomini riuniti in assemblea proprio per decidere degli interventi di ristrutturazione da compiere.

La cronaca nera ispira
‘Il pasticciaccio’ di Gadda,
ma è la microcriminalità
a dominare il racconto

L’Esquilino è protagonista della cronaca nera per fortuna in poche occasioni. Gli omicidi più cruenti restano quello di una madre e del
proprio figlio commesso dalle sorelle Cataldi il 20 ottobre 1945 e che, molto probabilmente, ispirò Gadda per il suo ‘Pasticciaccio brutto di via Merulana’, e il delitto Stern del 23 febbraio 1946, in via Gioberti. Tanta violenza tornerà solo a luglio 2001, quando i telegiornali racconteranno dell’assassinio di un giocattolaio avvenuto nel suo negozio di via Principe Umberto a seguito di una rapina.
Negli anni tra i ’50 e i ’70 la stampa riporterà di aggressioni ed episodi di violenza di stampo politico che si consumeranno fra le nostre strade, come l’attentato alla sede del PCI in via Cairoli nel 1979, e di incidenti anche mortali, come quello che nel 1954 ha visto coinvolti due ragazzini precipitati in una voragine della Domus Aurea.
È piuttosto la cosiddetta microcriminalità che sembra segnare da sempre come un’ombra l’Esquilino. Torniamo al 1953. È il 14 luglio e Antonietta, portinaia, verso le otto di sera sta passeggiando a piazza Vittorio: ‘Mentre insegue la presunta ladra le rubano davvero il portafogli – L’equivoco causato dalla precipitosa fuga di una venditrice ‘abusiva’ di sigarette intimorita da due finanzieri’. Il 9 novembre di quello stesso anno vengono ‘Identificati i rapinatori di piazza Vittorio’ che ‘con il pretesto di vendere oggetti rubati sottrassero il portafoglio e picchiarono il diciottenne Gino di Paolo’. I due arrestati sono giovanissimi: Mario, sedici anni, ‘dimorante al campo profughi di S. Croce e il ventenne Raffaele falegname disoccupato’. I radiogiornali Rai dalla fine degli anni ’70 riportano vari episodi di questo tipo con cadenza quasi regolare.
Tra fine anni ’90 e inizio 2000, l’insofferenza dei residenti per questi episodi si coagula e dà vita a numerose proteste. Nel 1999, GR2 Lazio riporta ‘Il popolo dell’Esquilino in marcia contro il degrado del quartiere’ e ‘proteste contro il traffico, l’inquinamento e la microcriminalità’.La politica cavalca queste mobilitazioni, si rilasciano dichiarazioni pubbliche e si fanno promesse, e la ‘questione sicurezza’ entra nei titoli di articoli e servizi: blitz delle forze dell’ordine, chiusura di esercizi commerciali per irregolarità, controlli sugli affitti, sequestri, la nascita di un ‘comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica’ e di un ‘comitato interassessorile per il recupero del quartiere esquilino’ (!), la creazione di ben quattro comitati di quartiere. Il ‘problema Esquilino’, la ‘questione Esquilino’ alimenta una spirale mediatica che accende i toni e polarizza le posizioni, arrivando addirittura alla rissa in Campidoglio durante una seduta del Consiglio comunale nell’ottobre 2000.

A partire dagli anni ’90
la questione immigrazione
alimenta il dibattito

Se parole come degrado, abbandono, rinascita, rilancio, recupero, sembrano da sempre associate alle alterne vicende dell’Esquilino, dalla fine degli anni ’90 si aggiunge una nuova dimensione: l’immigrazione. Una puntata di ‘Storie vere’ della Rai del febbraio 1995 dal titolo ‘Esquilino city’ raccoglie le interviste a giovani immigrati africani per comprendere il loro percorso e la ragione della loro presenza all’Esquilino. Questa sarà solo la prima di tante. L’Esquilino – ‘dove si rileva la più alta concentrazione di abitanti extracomunitari di Roma’ (‘Mixer’, 1997), ‘una piccola New York’ (‘Mixer giovani’, 1998), ‘il quartiere più multietnico di Roma’ (‘Racconti di vita’, 1999) – diventa un simbolo, quel luogo dove prima di ogni altro quartiere di Roma e delle altre città italiane si può analizzare questo nuovo fenomeno e la complessità delle sue dinamiche. Nel 2006, in un programma Rai si parlerà di Torpignattara come ‘Il nuovo Esquilino’. Quando si discute di città multietniche e integrazione le telecamere arrivano qui.
La politica farà ampio uso di questo tema, in un senso o nell’altro. I giornali e i telegiornali danno conto delle prime manifestazioni organizzate da partiti di destra, come quella del 16 gennaio 1999, esplicitamente ‘anti immigrati extracomunitari’, considerati causa della criminalità della zona, e poi ancora una fiaccolata a settembre ‘contro il degrado e l’immigrazione’. Un servizio del TG3 del 2003 racconta di ronde di quartiere organizzate da alcuni comitati di residenti ‘contro le invadenti presenze extracomunitarie, specie cinesi’.
Anche il racconto mediatico su questo tema, salvo alcune felici eccezioni, tende a polarizzarsi e a eccedere nelle semplificazioni, selezionando voci, testimonianze e punti di vista di chi vuole dimostrare il fallimento di un modello o di chi invece vuole evidenziarne le opportunità. Quasi un racconto ‘a tesi’ – l’orlo del baratro o l’alba del futuro – in cui musiche ansiogene, toni allarmistici e parole come ‘ghetto’, ‘desertificazione’, ‘trasformazione violenta’, ‘schifo’ hanno solo raramente come controcanto le note della neonata Orchestra di piazza Vittorio, il brusio allegro delle aule di scuola piene di volti diversissimi, le interviste in cui gli anziani romani e i giovani stranieri iscritti ai corsi serali organizzati alla Di Donato dichiarano di aver creato lì insieme ‘un mondo in miniatura’ (‘Un mondo a colori’, Rai 2000).

Qui i problemi stimolano
l’incontro e idee nuove

Da questi cento anni di titoli e articoli prevale un racconto piuttosto superficiale, di pancia, schiacciato sulla cronaca. Forse la realtà è che l’Esquilino rimane un eterno e incompiuto discorso, difficile da rappresentare davvero. Una realtà in divenire, fluida, contraddittoria. Le domande che pone questo pezzo di città sono grandi e complesse, trascendono il rione. Sono domande sul futuro della città, sullo spazio pubblico, sulla violenza e sulla solidarietà, sullo stare insieme. Qui i problemi, che spesso tornano, uguali ma diversi, stimolano l’incontro e le idee nuove, non solo lo scontro e lo sconforto. E questo i media, per un intero secolo, solo raramente hanno saputo o voluto coglierlo. Perché è nella continua ricerca di nuovi equilibri, nell’identità cangiante e nel costante movimento che si trova l’essenza viva, unica e inafferrabile dell’Esquilino.

Micol Pancaldi