L’insegna è la stessa dal 1916 ma è grazie alla famiglia alla guida dal ’38 che il ristorante ha conquistato la clientela
(Numero 6 – Bimestre mar-apr 2016 – Pagina 7)
Fra le dieci migliori amatriciane, secondo il popolo del web, spunta il nome della “Vecchia Roma”, da cento anni ristorante di cucina romana nel rione Esquilino. Quando il titolare, Riccardo Tripodina, parla dei suoi piatti, il visogli si accende: “La scelta dei prodotti è alla base. Per fare un’amatriciana ne servono pochi ma di qualità”. Niente pancetta quindi, Ma guanciale di Frosinone e pecorino scelto. Anche se oggi – ricorda – non è più come una volta, quando si forava la forma per tirare su una parte e vedere se colava la famosa goccia. Le nuove regole purtroppo hanno cancellato quelle consuetudini”. Di sicuro non si è persa l’abitudine di servire la ricetta tipica nella forma di formaggio al tavolo dei clienti: “L’ha introdotta negli anni ’80 mio padre Matteo. Lui non era romano ma nativo di Pizzo Calabro con la passione per la cucina tipica, condivisa con mamma”. Proprio la signora Anna è ricordata come un’istituzione nel rione: “Era molto amata. Ha passato tutta la sua vita nella Vecchia Roma, erede della tradizione di casa”.
Gli anni della guerra e la ricostruzione. La famiglia di Riccardo e di mamma Anna arriva in via Ferruccio 12 nel 1938 da Antrodoco. Prima di loro, però, già dal ’16 l’insegna “Vecchia Roma” era lì:”Era un vini e oli”, spiega, così come tanti ne esistevano a quei tempi in città. “Il bisnonno Argante, detto Beniamino, e poi il figlio Vincenzo, la trasformarono dopo la guerra in una vera trattoria con piatti della tradizione romana e specialità della casa, come le fettuccine alla garibaldina”. Durante i momenti più tragici del secondoconflitto mondiale, il locale seminterrato servì da rifugio per gli abitanti della zona. “Mio nonno raccontava che ogni mattina si viveva nel terrore di contare i morti in strada – dice Riccardo -. E poi le ristrettezze,i controlli che subivano sugli alimenti razionati”. Negli anni della ricostruzione la trattoria serviva i prodotti coltivati dalla famiglia vicino Cisterna: “Le verdure ma anche l’olio e il vino provenivano da lì con la certezza della genuinità”.
Le serate con Proietti e quel ragazzo da Oscar. Di ospiti famosi la “Vecchia Roma” ne ha vistitanti. Basta chiedere a Riccardo. Nei suoi anni passati ai fornelli e ai tavoli insieme alla sorella Silvia e al fratello Antonio, ricorda che Gigi Proietti veniva spesso per vedere le partite della Roma quando era direttore artistico del teatro Brancaccio e aspettava che lo spettacolo finisse per incontrare la compagnia e dilettarsi negli scioglilingua. Oppure di un giovane magro e pieno di vita negli anni ’70, anche lui impegnato nel vicino teatro,futuro premio Oscar. “Era Roberto Benigni all’inizio della carriera, un ragazzo alla mano”. Non celebri al grande pubblico, fra i ricordi, ci sono altri personaggi:”Erano persone note nel rione”, magari per le loro caratteristiche fisiche o abitudini. “Come “Peppe il campanaro”, sacrestano del convento divia Machiavelli, che chiedeva sempre un cuscino sotto la sedia perché troppo basso, o l’ingegnere che fra la carbonara e il secondo finiva le parole crociate. “Sono immagini del passato – commenta Riccardo -. Oggi i clienti vanno di fretta e non vengono più le famiglie la domenica .
Il cliente americano. Fino a qualche anno fa, prima che si trasferisse a Monti,pochi metri sopra i tavoli della “Vecchia Roma” abitava l’attore WilliamDafoe. “Cenava con la fidanzata,oggi sua moglie. Una ragazza del rione che quando era una studentessa universitaria veniva spesso a mangiare da noi con l’inseparabilee amata nonna. Il più delle volte aveva i soldi contati per un piatto di pasta e un caffè. Altre volte nemmeno quello e chiudevamo un occhio”. Altri tempi, rispetto alla vita oggi vissuta accanto al protagonista di “Platoon” e “Mississippi Burning”. “Prima erano di casa, adesso vengono a trovarci meno di frequente ma sempre con lo stesso sorriso davanti a una bella pasta alla parmigiana, la preferita dell’attore”, aggiunge Riccardo.
Il legame con il rione. “Quando negli anni ’90 è morto papà, dopo trent’anni d’attività, abbiamo pensato di chiudere. Quella figura carismatica non c’era più e avevamo paura che la clientela ne risentisse. Ma insieme a mia sorella e mio fratello abbiamo deciso di continuare cercando di capire quello che ai clienti piaceva in quel momento. Il tempo ci ha dato ragione”. Quanto al rapporto con il rione, Riccardo non nasconde che la “Vecchia Roma” deve tanto all’Esquilino: “La vicinanza con piazza Vittorio e il Brancaccio ci hanno aiutato”. Un’ultima curiosità ce la regala una foto appesa nella sala: è un fotogramma di una pubblicità girata qualche anno fa per la televisione giapponese che vede Riccardo protagonista. Da allora i turisti nipponicilo riconoscono e vengono alla “Vecchia Roma” per incontrarlo e conoscere l’Esquilino.
M. Elisabetta Gramolini