L’evento organizzato dai residenti è giunto al suo venticinquesimo anno e coinvolge sempre più persone
(Numero 14 – Bimestre lug-ago 2017 – Pagina 12)
Quando, da via Giolitti o da via di Porta Maggiore, si entra per la prima volta in via Balilla, l’impressione è di trovarsi in un vicolo di paese. Molti ne ignorano addirittura l’esistenza. Non è una via di passaggio, non ha negozi né ospita studi professionali, bisogna avere qualche altro motivo per andarci. Un luogo anomalo, un’oasi all’interno del rione. Ai due lati palazzine a cortina che, dipinte in colori pastello, creano una bella prospettiva. Un tempo erano tutte di due piani, oggi sono evidenti alcune sopraelevazioni avvenute nel corso degli anni che ne interrompono la linearità. La via è stretta, qui non è raro vedere gli abitanti che si scambiano il buongiorno o un paio di chiacchiere affacciati alle rispettive finestre, proprio come avveniva un tempo. Le aiuole degli alberi ed i vasi di fiori, rigorosamente curate dai residenti, arredano i piccoli marciapiedi. Difficile trovare qualcosa in terra, ma non certo perché qui l’AMA passa più di frequente. La verità è che questo è un bell’esempio di social street. Il comitato dei residenti è attivo tutto l’anno, ognuno fa la sua parte ed è così che la strada resta sempre in ordine e pulita.
Che la festa cominci. Il 17 giugno per partecipare alla festa arrivo in anticipo, la via è stata già chiusa al traffico, solo poche macchine sono ancora parcheggiate all’interno, probabilmente non hanno visto il divieto affisso nei giorni precedenti. I primi tavolini occupano il centro della carreggiata. Un conoscente mi accoglie e mi dà il benvenuto, gli chiedo di presentarmi qualcuno dei promotori e mi porta subito dalla sindaca, che qui non si chiama Virginia, ma Daniela. E’ lei che, 25 anni fa, ha avuto l’idea ed ha organizzato la festa per la prima volta.
La sindaca. Daniela racconta: “Ero da poco venuta a vivere qui a via Balilla, nessuno dei miei amici sapeva dove fosse, così decisi di farla conoscere. In tre mesi feci il giro dei negozi di zona, arrivai fino a Termini. In tanti donarono qualcosa, cibo, piatti di plastica, caramelle, gelati, buoni acquisto. La prima festa fu spettacolare, montammo un palco per la musica, c’era la tombola, e già allora parteciparono tante persone. L’anno successivo riuscimmo a coinvolgere anche la cooperativa del mercato di piazza Vittorio, il CoRiMe, e vennero qui con i carretti per offrire formaggi, salumi, frutta e tante altre cose”. Con gli anni la festa è cresciuta ad ogni edizione, lo scorso anno arrivarono 800 persone, quest’anno se ne aspettano anche di più. “La festa – continua Daniela – si autoproduce, noi appendiamo dieci locandine e poi la gente arriva, persone che in gran parte non conosciamo nemmeno, ma quella è la cosa più bella”. Un tempo l’appuntamento non era stabile, ma da qualche anno ormai la data è fissata: il terzo sabato di giugno.
Lo spirito della festa. Un’altra signora mi racconta un aneddoto dello scorso anno, quando qualcuno cercava dove poter acquistare una birra. All’interno della festa non girano soldi, nulla è a pagamento. Ognuno porta qualcosa, inclusi tavolo e sedie, poi si condivide. Camminando per la via incontro di tutto, sdraio e lettini da spiaggia, barbecue fumanti, ragazzi che giocano a ping pong, musiche e danze di ogni genere che si alternano tra un tavolo e l’altro. Uno di questi ha un cartello in bella evidenza, è la delegazione di un condominio di via di Porta Maggiore. Quest’anno a contribuire all’animazione c’è anche la Stradabanda, l’orchestra di strada nata dalla Scuola Popolare di Musica di Testaccio.
Il tavolo delle trans. Quando chiedo consigli su chi potrebbe raccontare qualcosa in più sulla festa, sono in diversi che mi suggeriscono di visitare il tavolo delle trans. Sono loro infatti che testimoniano, più di ogni altra cosa, l’evoluzione che c’è stata negli anni. “Un tempo – mi dice Raissa – qui c’era solo prostituzione, ma ora la situazione è cambiata completamente. La via è tra le più tranquille di Roma”. A vivere in via Balilla oggi sono solo in tre, tutte di origine colombiana, ma le trans qui presenti sono molte di più. La festa è infatti un momento di incontro di tutta la comunità, non a caso sventola qui ben visibile la bandiera della Colombia ed il tavolo è completamente ricoperto da piatti tipici del loro paese. Ogni persona che si avvicina non può andar via senza riceverne una porzione abbondante. Rita, che vive qui da oltre 30 anni, si occupa oggi di diritti e aiuta le altre ragazze della comunità quando queste si trovano costrette ad affrontare la burocrazia italiana.
Terminato il cibo, la festa va avanti ad oltranza, fino a tardi con discoteca e DJ set, ma il permesso del Comune impone il limite delle due di notte. Bisogna chiudere, anche se molti vorrebbero continuare fino a mattina. La festa per ora è finita, continuerà il prossimo anno.
Riccardo Iacobucci