Tra la fine del Settecento e inizio dell’Ottocento, le ormai perdute ville esquiline vengono potenziate come luoghi di produzione per il mercato ortofrutticolo romano
(Numero 28 – Bimestre nov-dic 2019 – Pagina 8)
Il territorio dell’Esquilino, a partire dalla fine del Cinquecento e sino al 1870, si è caratterizzato per la presenza di grandi ville appartenenti alla nobiltà romana: villa Peretti-Montalto alle Terme di Diocleziano, la più importante e più estesa, villa Palombara ai Trofei di Mario, villa Giustiniani al Laterano, villa Altieri e villa Astalli, per ricordarne alcune. Appartenendo a nobili famiglie aristocratiche romane che avevano già il palazzo di città in uno dei rioni centrali di Roma, sin dall’impianto vengono concepite come ville suburbane, con una pars urbana destinata “per uso di delizie”, con il Casino nobile circondato da giardini lussureggianti ed una pars rustica destinata ad uso agricolo. Inizialmente prevale la componente ‘di delizie’, con l’esaltazione intellettuale dei valori paesaggistici della natura, grazie alla sensibilità di committenti illuminati ed alla genialità degli artisti che vi lavorano, come Domenico Fontana (1543-1607), Carlo Lambardi (1554-1620) e Giovan Antonio De Rossi (1616-1695). Ma poi, tra la fine del Settecento e gli inizi del nuovo secolo XIX, con la crisi economica, vengono potenziate come luoghi di produzione per il mercato ortofrutticolo romano. Perdendo la caratteristica di ville nobiliari. La loro pars rustica infatti viene data in affitto ai mercanti di campagna che ne valorizzano la produzione agricola.
Le riforme di Pio IX. Dal 1847, per iniziativa del nuovo pontefice, l’organizzazione annonaria si è liberalizzata incoraggiando la produzione locale: il mercato ortofrutticolo si svolge ormai tutti i giorni a piazza Navona “per la vendita di frutta e ortaggi, castagne e patate” mentre il mercoledì si svolge il mercato dedicato ad “ogni specie di derrate, comprese uova, cereali e polli”.
Terreni fertili. La produzione ortofrutticola esquilina deriva soprattutto dai vigneti, dalle carciofaie e dai frutteti che si trovano in abbondanza nella pars rustica delle ville. I terreni su cui sorgono hanno una diffusa copertura vulcanica e sono formati principalmente da tufi stratificati con sovrapposti depositi alluvionali e terre di riporto spesse anche 10-15 metri. Sono quindi terreni estremamente fertili, adatti alla coltivazione della vite: il suolo viene lavorato con scassi, arature e concimazioni, ma sono le caratteristiche geologiche del terreno a influenzare il drenaggio, il sistema radicale e la capacità di assorbire le sostanze minerali. Alla struttura fisica del terreno si accompagna anche la situazione climatica, con estati fresche e ventilate, senza picchi di calore, ed inverni sufficientemente freddi che favoriscono l’eliminazione di spore e parassiti. Le precipitazioni, in inverno e primavera, assicurano il giusto grado di umidità per lo sviluppo della pianta e la sua maturazione. Le acque sorgive non mancano ma è l’Acqua Felice che assicura il giusto quantitativo di riserva idrica necessaria. All’interno delle ville il terreno è fortemente ondulato e l’altimetria mossa determina un più elevato impatto dei raggi solari con le piante, favorendone la funzione vegetativa. Ampie distese di vitigni, a villa Palombara, a villa Altieri, a villa Giustiniani, guardano a mezzogiorno dove è migliore l’esposizione. A villa Giustiniani, nel 1862, vi sono più di 5.000 viti, impiantate in oltre la metà dei tredici appezzamenti, a villa Palombara, nel 1840, ve ne sono quasi 11.000, concentrate nei Quarti del Cancello e del Fornetto.
Tra gli ortaggi prevalgono i carciofi. Da sempre presenti a Roma in tale quantità da avere selezionato la varietà tipica romanesca, i carciofi hanno trovato nell’area esquilina un ideale terreno di coltura, che ben s’adatta al suo particolare sviluppo. Legato ai periodi umidi e freschi dell’anno, necessita di un clima mite, abbastanza piovoso, non troppo caldo né troppo freddo, perché la pianta va in riposo vegetativo nei mesi estivi ed alle prime piogge autunnali produce le gemme, da cui prende forma la pianta con le sue grandi foglie grigiastre. La produzione avviene nell’arco di diversi anni, sempre nella stessa carciofaia, per poi rinnovarsi in altra posizione. La raccolta dei carciofi per il mercato inizia in autunno, quando la pianta comincia a produrre i suoi capolini. A villa Altieri, nel 1858, vi sono circa 7.000 piante di carciofo, mentre a villa Giustiniani, nel 1862, ve ne sono quasi 5.000 in carciofaie associate ai vigneti. A villa Palombara, nel 1840, vi sono oltre 6.000 piante di carciofo con il 70% concentrate nei Quarti del Noce e del Cocchio. Anche gli alberi da frutto si trovano in abbondanza nei diversi ‘pomari’ delle ville esquiline: vi prevalgono peschi, albicocchi e prugni, anche se non mancano mandorli e noci, fichi, melograni e giuggiole, i cui frutti maturano nel primo autunno. Pochi gli agrumi, soltanto aranci portogallo dolci ed amari del tipo ‘melangolo’ e qualche cedro, concentrati soprattutto a villa Altieri. Lo stesso a villa Giustiniani nei cui frutteti vi sono quasi 650 alberi, soprattutto peschi e prugni che rappresentano i due terzi del totale. Decisamente in numero maggiore invece, gli alberi fruttiferi di villa Palombara, quasi un migliaio, nel 1840, soprattutto peschi e albicocchi.
La costruzione della ‘nuova Roma’. Dopo il 1870, il nuovo quartiere residenziale sostituirà le ville suburbane con la fine anche delle aree di campagna produttiva. Scomparirà così un tratto di paesaggio rurale nell’ambiente urbano, che aveva connotato per così lungo tempo tutto il territorio esquilino.
Carmelo G. Severino