Della più aristocratica delle ville esquiline resta soltanto la targa stradale
(Numero 12 – Bimestre mar-apr 2017 – Pagina 8)
Felice Peretti, nel 1576, ancora cardinale, volle come sua residenza una villa; ma eletto pontefice con il nome di Sisto V, nel 1585, volle estenderla a “tanta grandezza, dentro le mura di Roma, che occupò buona pezza addentro l’Esquilino”. Villa Peretti, infatti, con uno sviluppo perimetrale di sei chilometri, era talmente estesa che dalle Terme di Diocleziano giungeva sul lato meridionale alla basilica di Santa Maria Maggiore e su quello orientale alla Porta di San Lorenzo.
La presenza della villa pontificia portò ben presto alla riqualificazione del territorio e, grazie anche al ripristino dell’acquedotto e all’abbondanza di acqua conseguente, altre ville aristocratiche si insediarono riportando all’Esquilino, dopo più di un millennio, gli antichi splendori degli Horti dell’antica Roma.
Una trama di viali. L’impianto generale di villa Peretti, con la sua trama di viali racchiusi dentro solide mura di recinzione, che sei monumentali porte permettevano di attraversare in ogni direzione, si deve a Domenico Fontana. Il geniale architetto ticinese per il pontefice progettò anche il Casino nobile (1578-1581), in stretto rapporto con il giardino organizzato su tre viali divergenti ed il palazzo delle Terme (1586-1588), aperto anche all’esterno sulla piazza di Termini, articolato su più piani per il dislivello esistente tra i colli Esquilino e Viminale, con il piano terreno loggiato, il tetto spiovente e la torretta belvedere, in grande sintonia con la nuova concezione di città del pontefice piceno. Villa Peretti comportò infatti un deciso rinnovamento culturale delineando la nuova poetica del giardino pittoresco: in parte geometrico, diviso a comparti ed ornato da statue e fontane, in parte naturalistico che sembrava perdersi nell’agreste della campagna.
Dai Peretti ai Massimo. La villa ha avuto numerosi passaggi proprietari: ancora vivente Sisto V, per farne la residenza ufficiale della famiglia fu assegnata alla sorella Camilla. Passò poi al cardinal nepote Alessandro Peretti Montalto (1571-1623), mecenate e collezionista, che ne trasformò i giardini. Furono infatti in parte terrazzati e tagliati da viali prospettici, in parte alberati a cipressi e disseminati di manufatti minori, abbelliti con fontane e statue antiche, con una scenografica fontana-peschiera, ombreggiata da platani ed arricchita dai giochi d’acqua e da gruppi marmorei. La villa passò poi alla famiglia Savelli (nel 1655), al cardinale Giovan Francesco Negroni (nel 1696), al mercante Giuseppe Staderini (nel 1784) – che ne fece scempio, abbattendo gli alberi secolari dei boschi per farne legna da vendere insieme alle ricche decorazioni della villa – , al principe Camillo Massimo (nel 1789), che invece si prodigò per “conservare i viali e le spalliere e mantenerne gli edifici”, pur senza raggiungere gli antichi splendori di un tempo.
Agli inizi dell’Ottocento, comunque, villa Peretti-Montalto-Massimo, costituita “da vasti latifondi, parte tenuti a delizia e parte volti a speculative coltivazioni”, viene affittata a mercanti di campagna “per la piena coltivazione”. Il Casino Peretti viene adibito a succursale di una “fabbrica di pelli d’ogni colore ad uso di Francia e d’Inghilterra” mentre il palazzo delle Terme, degradato, viene utilizzato come “casa mobigliata”, affittata ai forestieri.
La stazione centrale. Quando Pio IX nell’ottobre 1860 decide di attestare la stazione ferroviaria centrale a Termini, nell’area della villa Peretti-Massimo, avviandone l’espropriazione di quasi 22 ettari, l’intera tenuta si trova fortemente compromessa dalla presenza delle due linee ferroviarie – la Roma-Frascati e la Roma-Civitavecchia – che unificate in un solo fascio di binari entrano dentro le Mura Aureliane nei pressi di Porta Maggiore, attestandosi poi a Termini, dove le antiche botteghe di Farfa, contigue al palazzo delle Terme, ristrutturate provvisoriamente, faranno ben presto posto ad una nuova stazione che verrà completata nel 1873-1874.
Il nuovo Esquilino. L’urbanizzazione del rione, a partire dal 1872, con la sua maglia di isolati regolari, aveva salvato come testimonianze della cinquecentesca tenuta, sia il Casino Peretti con parte del giardino rinascimentale, inserito nella lottizzazione ed incassato rispetto ai nuovi livelli stradali, che il palazzo delle Terme, in un lotto a sé stante, sulla piazza Termini. Ma poi, passato “agli eterni riposi” il principe Massimo, la figlia Francesca vende nel 1885 il Casino nobile ai costruttori, che demoliscono e ne lottizzano l’area fondiaria, mentre il figlio Massimiliano, della Compagnia di Gesù, destinato il palazzo delle Terme a istituto scolastico in sostituzione del Collegio Romano, è costretto a demolirlo per ricostruirlo in posizione più arretrata, per consentire la prosecuzione di via del Viminale sino alla piazza, così come stabiliva il nuovo piano regolatore.
Carmelo G. Severino