Una volta l’anno, piazza Vittorio si colora di arancione. ? il Nagar Kirtan, festa della comunità
(Numero 7 – Bimestre mag-giu 2016 – Pagina 3)
“Guadagnati da vivere lavorando sodo e in modo onesto”, “Ricorda Dio tutto il giorno”, “Condividi i tuoi guadagni con il prossimo”. Questi i comandamenti riportati al fianco del piccolo palco montato all’interno dei giardini di piazza Vittorio, perfetta sintesi di quanto i Sikh sono chiamati a praticare ogni giorno ed in particolar modo durante la loro principale festività religiosa: il Nagar Kirtan. Domenica 24 aprile, già dalle prime ore del mattino, le strade hanno cominciato a popolarsi di ragazzi con il turbante, donne in abiti tradizionali indiani e bambini vestiti a festa. Ormai nel rione ci siamo abituati da anni e quando li vediamo ci rendiamo subito conto che è il giorno della festa dei Sikh.
Il banchetto. Intorno alle 10, nella zona dei giardini di solito occupata dai ragazzi che giocano a basket, i preparativi sono in corso. Viene ripulita l’area, stesi i tappeti, preparato il palco, installati i bagni pubblici, visto che si attende la partecipazione di migliaia di persone. Come per incanto, in meno di un’oretta tutto è pronto e l’area comincia a popolarsi. Da un lato, facendo base in un grande gazebo, decine di ragazzi punjabi entrano ed escono per distribuire a tutti i presenti piatti tipici e bevande di ogni tipo. I piatti salati sono rigorosamente vegetariani, i dolci a base di riso, ceci, latte. Tra le bevande, tè caldo, succo di mango, di guava, di pera. Ciò che colpisce, oltre la varietà e l’abbondanza del banchetto, è il grande ordine in cui tutto avviene. Centinaia di persone sedute a terra (a questo i tappeti erano destinati) vengono servite a sazietà, chi arriva in ritardo non ha nulla da temere perché non correrà certo il rischio di restare senza cibo. Anche l’accoglienza non è comune, sono tanti gli italiani presenti, alcuni dei quali capitati lì per caso, altri venuti per fare foto o per curiosità. La tradizione vuole che alla festa si partecipi senza scarpe e con il capo coperto, questa la ragione per cui tutti gli uomini indossano bandana o turbante e le donne un velo colorato. Anche agli avventori impreparati viene offerto un copricapo, ma si tratta solo di rispetto, non vi sono obblighi.
Le preghiere. Dall’altro lato del piazzale, il palco che ospita il Guru GranthSahibJi, il libro sacro che contiene tutti i dettami della religione Sikh e che da oltre 300 anni è il loro unico riferimento spirituale. Da qui vengono innalzate le preghiere a Dio (Waheguru) e cantati gli inni sacri (Shabad). Di fronte al palco si forma una lunga fila, anche questa ordinata: I fedeli si susseguono ininterrottamente per oltre un’ora. Davanti al palco ciascuno ringrazia Dio lasciando la propria offerta e ricevendo in cambio un pugno di frutta secca. Poi si siedono a pregare su altri tappeti, gli uomini da un lato, le donne dall’altro. Gli unici che si attardano sotto il palco sono i bambini, felici e orgogliosi di mostrarsi buoni fedeli.
La processione. Nel frattempo, all’esterno dei giardini, viene allestito il carro che sarà protagonista della processione: fiori ovunque a nascondere un piccolo furgone da lavoro, che trasporterà il Guru Granth SahibJi. Il corteo percorre buona parte del rione, via Carlo Alberto, Santa Maria Maggiore, via Merulana, viale Manzoni, via Conte Verde e di nuovo piazza Vittorio. È parte di un rito che ogni volta si ripete. È preceduto dai Sewadar, un gruppo di fedeli scalzi, che, muniti di semplici scope, puliscono e preparano la strada al passaggio del libro sacro, cospargendola anche di petali e acqua profumata. Dietro di loro i Punj Pyare (i cinque amati), gli uomini più vicini al Guru che fanno da scorta al camioncino che lo trasporta. In quest’occasione sono rappresentati da cinque uomini vestiti di blu con turbante arancio, che portano la nishan sahib, la bandiera dei sikh, e da cinque vestiti di arancio con turbante blu, armati di kirpan, una sciabola ricurva. Tutta la comunità segue il camioncino, dove il libro non è visibile perché sempre coperto da una stoffa decorata. Le donne per prime, accompagnate dai bambini. Nel mezzo del corteo un gruppo di ragazzi si ferma di tanto in tanto per dare esibizioni di un’antica arte marziale, la Gatka, simulando lotte e maneggiando con abilità strumenti e armi di vario tipo. Il tutto mentre ai margini del corteo si rinnova il rituale di accoglienza e di abbondanza, con la distribuzione di mele, banane, acqua e succhi di frutta a chiunque si trovi nei paraggi.
La comunità. Gran parte dei Sikh presenti proviene dalla provincia di Latina, dove risiede la seconda comunità d’Italia per dimensioni. È lì che molti di loro hanno trovato lavoro come braccianti. Onesti lavoratori che non perseguono la ricchezza e che hanno rispetto del prossimo, perché è attraverso le buone azioni che si può raggiungere Dio. Ed è forse proprio per questo che spesso vengono sfruttati, con paghe che quasi mai raggiungono i 5 euro l’ora e con turni di lavoro insostenibili.
Riccardo Iacobucci